Ambiente 21/11/2012

Milioni di alberi cancellati da fiamme e cemento


Oggi, in occasione della Festa nazionale dell’Albero, agricoltori e ambientalisti insieme per coinvolgere cittadini, scuole ed enti pubblici nel re-incremento del nostro patrimonio forestale attraverso “adozioni” mirate nelle aziende agricole. Sono depositi d’ossigeno, depuratori dell’aria e “armi” contro il dissesto idrogeologico, eppure gli alberi continuano a scomparire: quest’anno 8 mila roghi hanno mandato in fumo 46 mila ettari di superficie boscata. E negli anni pezzi interi di campagna sono stati fagocitati dall’urbanizzazione selvaggia.

Un albero non è solo un albero. E’ un serbatoio di ossigeno, un “depuratore” d’aria e anche un’arma fondamentale contro il dissesto idrogeologico. Eppure ogni anno vanno in fumo migliaia di ettari di bosco, a causa degli incendi e dell’urbanizzazione selvaggia che cancella “pezzi” interi di campagna. Per questo oggi, in occasione della Festa nazionale dell’Albero, la Cia-Confederazione italiana agricoltori e l’associazione VAS-Verde Ambiente e Società lanciano la campagna “Ripiantiamoli”, che consiste nel ripiantare nuovi alberi in modo tale da invertire il trend negativo e contribuire a compensare il quantitativo di fusti andati distrutti da fiamme e cemento.

Con questa campagna, che si apre ufficialmente oggi -spiegano Cia e VAS- vogliamo dare la possibilità ai cittadini, al mondo della scuola, agli enti pubblici e alle aziende private di collaborare all’azione di compensazione del danno al patrimonio boschivo del Paese, “adottando” alberi nelle aziende agricole, negli agriturismi, nelle fattorie sociali e in quelle didattiche. In questo modo a prendersi cura degli alberi piantumati e “adottati” saranno proprio gli agricoltori, la cui opera di presidio, di custodia e di manutenzione diretta del verde sul territorio è vitale, a partire dalle aree marginali e di montagna.

In Italia il patrimonio boschivo -ricordano Cia e VAS- supera i 10 milioni di ettari di superficie, con 12 miliardi di alberi che ricoprono un terzo del territorio nazionale. Si tratta di un immenso “deposito” di ossigeno e biodiversità che va difeso a tutti i costi, prima di tutto dai roghi, che hanno un impatto devastante sull’ecosistema. Basti sapere che ogni anno in media gli incendi immettono nell’atmosfera una quantità di CO2 compresa tra 3 e 4 milioni di tonnellate e che, soltanto quest’anno, il numero di roghi è cresciuto del 30 per cento, spingendo ancora più in alto il livello di emissioni. Da gennaio a settembre 2012, infatti, sono stati più di 8mila gli incendi lungo lo Stivale: 97 mila gli ettari di superficie bruciata, di cui 46 mila ricoperta da boschi, con un incremento record del 130 per cento rispetto all’anno scorso.

E’ chiaro, dunque, che bisogna continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità dei danni ambientali associati agli incendi, che riducono progressivamente la superficie dei nostri “polmoni verdi” -sottolineano Cia e VAS- così come è necessario rilanciare l’importanza di lavorare sul serio a un’attività di rimboschimento delle campagne, prima di tutto nelle zone dove è passato il fuoco, e di valorizzazione e riqualificazione degli spazi verdi nelle aree urbane e periurbane. Coinvolgendo anche la società civile.

D’altra parte -osservano Cia e VAS- basta la chioma di un albero di 25 metri quadrati di superficie fogliare per produrre la quantità di ossigeno di cui un uomo ha bisogno ogni giorno, intercettando allo stesso tempo pulviscolo e altre sostanze dannose come l’anidride solforosa e il biossido di azoto. Ma soprattutto non si può dimenticare che le radici degli alberi stabilizzano e consolidano i versanti e trattengono le sponde dei fiumi, scongiurando frane e cedimenti del terreno. Vuol dire che i boschi giocano un ruolo essenziale nella prevenzione del dissesto idrogeologico, un problema amplificato dalla cementificazione che ha cancellato 5 milioni di ettari di ettari di campagna negli ultimi 40 anni e che oggi riguarda oltre l’80 per cento dei comuni italiani, ma che torna d’attualità soltanto a ogni nuova “emergenza maltempo”.

di C. S.