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Il consumatore di vino giapponese è inesperto ma informato, non abituale ed elitario

Il Giappone è sicuramente un mercato interessante per il nostro vino ma ha proprie specificità che vanno comprese, un consumatore molto attento ed esigente

12 aprile 2008 | Graziano Alderighi

Il vino in Giappone non è una bevanda quotidiana ma per occasioni speciali. Un dato confermato dal consumo pro capite molto basso (2,2 litri all’anno) che però quasi raddoppia nelle zone urbane e occidentalizzate. A Tokio e dintorni è consumata quasi la metà (47%) del vino dell’intero Giappone, elevando il consumo pro capite a più di 5 litri.

Il consumatore richiede vini speciali (premium wines, cult wines…) oppure il vino affidabile e familiare.
Ottime vendite hanno il Chianti e il Soave, così pure il Prosecco e il francese Champagne mentre incontra qualche difficoltà il Franciacorta.

Significativo per capire la mentalità del consumatore di vino giapponese medio è il clamoroso successo del Beaujolais Noveau. Nel 2006 sono stati importate quasi 11 milioni di bottiglie di novello francese, un numero impressionante se consideriamo che il secondo Paese importatore è la Germania con 3,2 milioni di bottiglie.
La chiave di questo successo è un attento e mirato lavoro di marketing, creando un “evento” annuale per questo vino.

Il successo del Beaujolais Noveau è anche dovuto alla facilità del consumatore nella scelta. Anche i vini australiani e americani stanno ampiamente crescendo proprio per questa ragione. La scelta di utilizzare anche screw cap e piccoli formati (bottiglie da 200, 250, 350, 375 ml e lattine da 250 ml) è certamente vincente, perché asseconda la tendenza del consumatore medio giapponese a bere poco, anche se di alta qualità. Non è un caso se anche grandi cru di Borgogna qui vendono screw cap.

Il Giappone si trova solo al dodicesimo posto nella graduatoria dei Paesi importatori per volume ma è al quarto posto per valore. Qui si trovano tutti i più importanti vini del mondo. La percentuale di premium wines, sul totale, è la più alta al mondo.
Nella mente del consumatore giapponese il vino è sempre un oggetto prezioso e costoso. Se la tipica bevanda che si consuma con gli amici è la birra, il vino è destinata ai fidanzati.

I giapponesi amano anche informarsi sul vino. Nonostante il consumo così basso, infatti, ci sono molte riviste specializzate.
Il consumatore è sensibile ai punteggi, soprattutto di Robert Parker, e alle classifiche.
Ama molto conoscere la storia, le persone e gli episodi che stanno dietro al vino. Per questo il consumatore è anche molto eurofilo. Ha grande voglia di studiare e quindi apprezza molto seminari e promozioni mirate.

Come detto, infine, il consumatore giapponese lega il consumo di vino a eventi, siano essi personali, stagionali, sportivi o altro.
Basti pensare, a questo proposito, che quando ci sono eventi importanti, tanto da essere citati da televisioni e carta stampata, il consumo aumenta. Ad esempio nell’anno dell’Italia, il 2001, il consumo di vino del nostro Paese è aumentato del 16% rispetto all’anno precedente. Anche le Olimpiadi invernali di Torino hanno fatto incrementare il consumo di vino italiano, e in particolare piemontese.

Dovendo quindi fornire alcuni consigli funzionali all’esportazione, è bene puntare al consolidamento dell’immagine di una denominazione d’origine o di una tipologia di vino prima di fare penetrazione in termini di brand aziendale, ma occorre poi mantenere alta l’attenzione del consumatore giapponese sul prodotto attraverso continui e costanti promozioni, eventi, seminari.

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