Mondo Enoico

Per un buon vino, l'importanza strategica della fotosintesi

L'obiettivo di ciascun vitivinicoltore è la qualità garantita a dispetto delle bizzarrie del meteo. Oggi è possibile individuare a quali nodi dei tralci della vite si ottengano risultati migliori in funzione della migrazione degli zuccheri verso i grappoli

19 gennaio 2008 | Monica Sommacampagna

Oggi come oggi nessun viticoltore è disposto ad accettare che i grappoli d’uva maturino per una sorta di legge della casualità. Si dà valore all’esperienza, esattamente come ieri, ma è un dato di fatto il significativo interesse dimostrato dai produttori moderni per i progressi della scienza viticola ed enologica. Così, la conoscenza tecnica acquisita in Italia e nel mondo da parte di numerosi vitivinicoltori ha raggiunto ottimi livelli. L’obiettivo di ciascuno, divenuto talmente imperioso e condiviso sul mercato da apparire quasi scontato, è la qualità, che va garantita a dispetto delle bizzarrie meteorologiche. E a partire proprio dalla competenza “sul campo”.

Sull’onda di questo “positivismo viticolo”, suscitato peraltro da dinamiche commerciali sempre più competitive, con i migliori auspici per l’anno appena iniziato, vi proponiamo gli esiti di un convegno sulla gestione in verde della chioma del vigneto promosso lo scorso dicembre a Sona (Verona) dal Consorzio Tutela Vino Bianco di Custoza.

“La qualità oggi non si improvvisa. Anzi, per coniugarla alla quantità occorre considerare tutte le unità funzionali della pianta e, cosa più importante, intervenire in modo mirato - ha sottolineato il prof. Cesare Intrieri, docente di viticoltura all’università di Bologna. - Attraverso la gestione della struttura e della geometria della chioma, ad esempio, si può condizionare sia il rapporto tra foglie e uva che i processi di maturazione”.
Se consideriamo che la foglia quanta più luce riceve tanta più capacità fotosintetica sviluppa – con benefici sulla concentrazione degli zuccheri – comprendiamo bene perché la forma di allevamento – più o meno libera - e i momenti in cui effettuare operazioni come potature o cimature dei germogli vadano accuratamente calibrati. Soprattutto se, come negli ultimi anni, la meteorologia ha riservato parecchie sorprese agli agricoltori.

Cesare Intrieri ha imperniato il suo intervento sull’importanza strategica della fotosintesi, oggi al centro di ricerche svolte con strumenti innovativi. In base a test effettuati con una particolare pinza applicata sulle foglie che riesce a rilevare, in base alla concentrazione di anidride carbonica, l’evoluzione di questo processo, si è riscontrato che a 30-35 giorni di età le lamine delle foglie si presentano particolarmente espanse e la fotosintesi è al culmine. Studi ancora più specifici hanno permesso di individuare a quali nodi dei tralci della vite si ottengono risultati migliori in funzione della migrazione degli zuccheri verso i grappoli, tenendo conto del periodo vegetativo e della forma di allevamento scelta.

Gli errori nelle pratiche colturali sono purtroppo dietro l’angolo. “Se, attraverso drastiche cimature, si asporta un terzo delle foglie più funzionali, ad esempio, si rallenta il processo di maturazione che, soprattutto per le varietà più tardive, può non arrivare a conclusione” ha spiegato Intrieri. E se una leggera cimatura pre-fioritura si va diffondendo allo scopo di mantenere l’assurgenza dei germogli e un buon livello di ricrescita delle femminelle per ringiovanire la chioma, per contro, una pratica troppo drastica può determinare un incremento di femminelle non positivo, con fenomeni di ombreggiamento che si determinano a livello dei grappoli.

La cimatura pre-vendemmia, invece, può essere utile quando la maturazione è già completa. Gli interventi di defogliazione devono arrivare fino a un massimo del 30-40% ed essere comunque tarati in modo da ottenere il giusto spazio per effettuare i trattamenti e per ottenere una buona esposizione dei grappoli.

Per monitorare lo sviluppo dell’attività di fotosintesi in base alle variazioni di luminosità alle quali è soggetta la superficie fogliare della vite sono state effettuate prove di ombreggiamento che hanno messo a confronto le performance di diverse forme di allevamento. Inserendo sensori di nuova generazione a livello delle chiome è risultato, ad esempio, che all’interno della vegetazione la capacità di assimilazione della luce è identica sia nel caso di un sistema a cordone speronato che di una chioma lasciata libera.

Tra le due alternative, tuttavia, il sistema a cordone libero è risultato il metodo più efficace per sfruttare al massimo i colpi di luce. Le chiome rese troppo strette da coppie di fili di acciaio vedono infatti limitata la funzionalità fogliare. “Il sistema a cordone libero ha inoltre evidenziato che, anche se si effettua una cimatura drastica, le foglie sono tutte funzionali e quindi la maturazione non si rallenta” ha concluso Intrieri.
Nulla, insomma, va lasciato al caso né alla facile imitazione di casi felici in paesi analoghi. Il clima e le peculiarità territoriali dove il vigneto è collocato costituiscono un imprescindibile punto di riferimento per valutare le soluzioni più adatte. In armonia con la natura e anche grazie ai progressi della scienza.

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