Mondo Enoico 02/10/2020

Ridurre i livelli di ftalati nel vino è possibile

Ridurre i livelli di ftalati nel vino è possibile

Alcuni metodi applicabili comunemente in cantina possono ridurre o addirittura eliminare le molecole di ftalato e bisfenolo A potenzialmente presenti nel vino, a tutela del consumatore della sua salute


Gli ftalati sono additivi comunemente usati nella produzione di materiali plastici per renderli flessibili. Il bisfenolo A è il componente principale delle resine epossidiche utilizzate per il rivestimento delle vasche di cemento o di acciaio utilizzate per la vinificazione. Si tratta di composti la cui presenza non è auspicabile nei vini, poiché sono classificati come sostanze tossiche di categoria 1B e sono sospettati di essere perturbatori endocrini.

Le possibili fonti di contaminazione durante la fase di vinificazione sono molteplici. L'IFV (Istituto Francese della Vite e del Vino) in collaborazione con diverse associazioni professionali ha creato un gruppo di lavoro per studiare la presenza di ftalati e bisfenolo A nei vini, valutare l'impatto dei diversi trattamenti enologici e identificare l'origine di queste molecole lungo la catena di produzione del vino.

La ricerca ha dimostrato la frequente presenza nei vini di ftalati: il dibutil ftalato (DBP) e il benzobutil ftalato (BBP) e il bisfenolo A (BPA). Serbatoi e tubi flessibili rivestiti con resina epossidica sono le due principali fonti di contaminazione identificate.

Il dimetilftalato (DMP) è stato trovato principalmente in vini affinati per diversi mesi in serbatoi di vetroresina. Il DBP è la molecola che si trova più frequentemente ma che non viene rilevata inizialmente nei mosti. Pertanto, è durante la fase di vinificazione che può verificarsi una contaminazione. I livelli sono variabili ma sono generalmente al di sotto del limite di migrazione specifica (LMS) di 0,3 mg/kg.

In generale, il DMP e il BPA sono i più difficili da eliminare, mentre il DBP può essere eliminato più o meno efficacemente.

I granuli di copolimeri di stirene e divinilbenzene permettono un'eccellente eliminazione di quasi tutti gli ftalati e del BPA. La riduzione ottenuta è almeno del 60% e vicina al 100% per il DBP.

I carboni permettono una rimozione del DBP dall'80 al 95%.

Le fibre vegetali hanno un'elevata capacità di assorbimento del DBP (> 60%), mentre l'impatto è minore rispetto al BPA e al terz-butilfenolo (riduzione media del 20%).

Le scorze di lievito permettono un'eliminazione media del DBP. D'altra parte, il suo effetto sugli altri ftalati e sul BPA è molto limitato o addirittura inesistente.

Gli altri prodotti studiati (farina fossile, cellulosa, mannoproteine, chitosano, gelatina, lisozima, albumina, bentonite, PVPP, caseina e pisello) hanno mostrato effetti parziali o addirittura nessun effetto sull'eliminazione delle molecole target.

In conclusione, è stato dimostrato che alcuni trattamenti possono eliminare in modo significativo il DBP, il principale ftalato presente nei vini. I trattamenti più efficaci sono stati i granuli di copolimero stirene e divinilbenzene, i due tipi di carbonio (decolorante e decontaminante) e le fibre vegetali selettive.

di T N