Mondo Enoico

La Francia non rinuncia al vino a tavola, l'Italia sì

Proprio mentre a Bruxelles il Ministro Martina e il Commissario Hogan decidevano della liberalizzazione dell'uso dei nomi dei vitigni, si apriva un altro caso diplomatico che ha avuto nel vino lo snodo centrale. Il diverso approccio culturale tra Italia e Francia di fronte alla visita del Presidente iraniano

29 gennaio 2016 | Graziano Alderighi

Il vino è stato sulla bocca di tutti nel corso della settimana, in Italia, in Francia e in Europa.

A inizio settimana il vertiche tra il nostro Ministro Martina e il Commissario europeo Hogan a proposito della liberalizzazione dell'uso dei nomi dei vitigni all'interno dell'Unione europea. Dopo le proteste da parte di tutto il mondo vitivinicolo, Martina ha dovuto fare la voce grossa con Bruxelles, ottenendone generiche rassicuazioni.

Al termine del'incontro, infatti, Hogan ha assicurato che ”non c’é alcuna intenzione di pervenire a modifiche che penalizzino l’attuale modello del sistema vitivinicolo italiano di qualità” e ha ribadito ”la necessità di non cambiare le attuali norme che regolano l’utilizzo delle denominazione dei vini”.

Interrogato dall’Ansa sull’incontro, il portavoce di Hogan, Daniel Rosario, ha indicato che il commissario “ha riconosciuto l’importanza della questione per i vini italiani e rassicurato il ministro che nell’attuale esercizio di modifiche tecniche, la Commissione europea non ha alcuna intenzione di andare contro la sensibilità del settore vitivinicolo italiano e che non ci sarebbero state conseguenze per le denominazioni già protette”.

Il vino italiano è salvo, insomma, ma non è una bandiera, almeno per il nostro governo, almeno non tanto quanto lo è per il governo francese.

Il governo italiano ha infatti accettato che ai pranzi e alle cene ufficiali, durante la visita del Presidente iraniano Rohani, non fossero serviti alcolici.

Viceversa, secondo il protocollo e il cerimoniale dell'Eliseo, vi è l'obbligo di servire vino francese durante le cene ufficiali di Stato. Hollande non ha ritenuto di fare uno strappo alla regola neanche per il Presidente iraniano. D'altronde vino fu servito anche durante le visite ufficiali del Re saudita e dell'Emiro del Quatar. I francesi, evidentemente, erano più preparati degli italiani alle richieste iraniane. Già lo scorso novembre, quando il leader iraniano era atteso a Roma e Parigi e poi cancellò la visita a causa degli attacchi terroristici nella capitale francese, la delegazione di Teheran aveva declinato la proposta di una prima colazione, al posto della cena durante la quale, appunto sarebbe stato servito vino. Allora la delegazione iraniana rifiutò: "livello troppo basso". Oggi ha accettato una merenda a base di té, croissant e succhi di frutta. Si è ripetuto, quindi, uno schema già visto nel 1999, allora fu Jacques Chirac a invitare Kathami a merenda. 

Rohani ha avuto la gentilezza di affermare che "gli italiani sono un popolo molto ospitale, cercano di fare di tutto per mettere l'ospite a suo agio" e ha concluso affari con noi. Saipem, Danieli, Condotte, Gavio, Fincantieri e Ferrovie dello Stato sono alcune delle società che beneficeranno degli investimenti iraniani.

Nonostante, gastronomicamente parlando, Rohani sia rimasto a stecchetto a Parigi, non sono mancati gli apprezzamenti: "l'Iran è pronto a voltar pagina nei rapporti con la Francia." Nel corso della visita di Stato vi è stata la firma di un super-contratto con Aibus per 114 aerei, oltre ad un ritorno della collaborazione di Peugeot con l’Iran.

Con o senza vino: business is business.

 

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