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I problemi dei tappi a vite per il vino e la soluzione peggiore del male

Al contrario del sughero e di altri materiali porosi i tappi a vite offrono una minore permeabilità all'ossigeno, favorendo la creazione di un'atmofera redox nel vino, con lo sviluppo di odori sgradevoli. L'utilizzo del rame, però, può essere controproducente

13 gennaio 2016 | R. T.

Il tappo a vite si sta consolidando come una realtà importante per la vitivinicoltura mondiale ma anche questa chiusura non è priva di criticità.

La caratteristica più significativa di questo tipo di tappo è la sua capacità di mantenere fuori l'ossigeno, ma questa caratteristica può avere degli effetti negativi poiché in questo ambiente assolutamente riduttore alcuni composti dello zolfo possono iniziare ad accumularsi nel tempo creando odori sgradevoli.

La soluzione più frequentemente adottata è quella di aggiungere rame, che lega i composti dello zolfo e li trasforma in una forma inodore.

Una recente ricerca effettuata presso il National Wine and Grape Industry Centre (NWIGC) della Charles Sturt University (CSU), in Australia dimostrerebbe, però, che la soluzione potrebbe essere peggiore del male.

La ricerca e la pratica hanno dimostrato che alcuni vini bianchi finiti presentano una maggiore concentrazione di rame ma anche di note di riduzione provocate dai composti che il rame avrebbe dovuto eliminare.

Le molecole che si creano a seguito della reazione tra sali di rame e composti solforati non sono nè neutre nè inoffensive. Il rame, sotto forma di solfuro, è reversibile e può ancora partecipare in altre reazioni indesiderate del vino.

Insomma, il rame, da soluzione, potrebbe divenire un problema esso stesso anche perchè il rame solforato non è eliminabile con una filtrazione, le particelle sono troppo piccole, ma solo, eventualmente, con una chiarifica tramite bentonite.

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