Mondo Enoico

Produrre vini biologici si può e non è solo questione di tecnica

Dal vigneto alla cantina. In campo le conoscenze e le tecniche per ottenere uve biologiche sono ben consolidate. In campo enologico si è ancora agli albori e oltre alla tecnica vi sono da tenere di conto anche la sensibilità del consumatore e questioni di marketing

26 giugno 2015 | Graziano Alderighi

Il mercato premia il biologico e da quando l'Unione europea ha consentito la produzione di vino biologico, con tanto di bollino da poter applicare in etichetta, l'attenzione verso questo segmento è cresciuta a dismisura.

Senza voler entrare in questioni commerciali, cerchiamo di comprendere cosa, come, quando e quanto si puù fare, soprattutto in cantina, grazie alle indicazioni fornite dall'enologa Dina Giglio in occasione di Enovitis in campo.

E' bene innanzitutto ricordare che in campo occorre seguire i dettami del regolamento 834/2007 per produrre uve biologiche. In cantina si può eseguire la vinificazione utilizzando solo i prodotti enologici e i processi autorizzati dal regolamento 203/2012 (elenco nell’allegato VIII bis), se ci si vuole avvantaggiare della definizione di vino biologico.

Non sempre, comunque, le scelte sono solo di tipo tecnico. Secondo Dina Giglio “allo scopo di promuoverne la domanda sul mercato è necessario dare la preferenza all’uso di additivi e di coadiuvanti ottenuti da materie prime provenienti dall’agricoltura biologica.” Le sostanze che devono essere costituite da materie prime biologiche, se disponibili, sono: gelatina, proteine da frumento o piselli, colla di pesce, ovoalbumina (per la chiarificazione), tannini, gomma di acacia (gomma arabica); e lieviti.

Oltre ai trattamenti chimici e microbiologici, anche nella cantina bio, sono ammessi procedimenti fisici come la concentrazione a freddo e l'elettrodialisi o l'utilizzo di scambiatori di cationi per garantire la stabilizzazione tartarica del vino. Per i trattamenti termici la temperatura non può superare i 70 °C e per la centrifugazione e la filtrazione la dimensione dei pori non può essere inferiore a 0,2 micrometri.

Nel vino biologico, il problema principale che si può riscontrare il cantina è la riduzione dell'uso di solfiti, considerando che il regolamento limita il tenore, con qualche eccezione, a 30 mg/l. Per raggiungere questo risultato occorre lavorare innanzitutto bene in campo. Bisogna evitare trattamenti a base di zolfo prima della raccolta e arrivare in cantina con uve sane, cercando di limitare al massimo i danni durante il trasporto e lo stoccaggio e creando le condizioni, per esempio con basse temperature, per evitare l'innesco di fenomeni fermentativi sgraditi. Massima igiene e attenzioni a contaminazioni in cantina. Occorrerà poi una corretta gestione della fermentazione alcolica, anche attraverso l'uso ragionato di coadiuvanti e l'utilizzo di lieviti senza solfiti.

Una delle tipologie di vino più difficile da realizzare in biologico, e senza solfiti, è lo spumante.

In questo caso è bene procedere con attenzione in tutte le seguenti fasi:
- Aggiunta di enzima pectolitico
- Sedimentazione statica a freddo
- Travaso ed inoculo di lievito selezionato
- Eventuale aggiunta di nutrienti
- Fermentazione alcolica
- Travaso
- Affinamento sur lies
- Decantazione e travaso
- Stabilizzazione proteica e tartarica
- Filtrazione
- Tiraggio con lieviti selezionati (15 g/hl), 24-25 g/L di zucchero e 0,15 g/L di nutrienti

Come ricordato infine da Dina Giglio: “la non aggiunta di solfiti rappresenta una delle principali attrattive di molti importatori e di commercianti che sono “a caccia” di vini di questo tipo di difficile reperimento e di difficile produzione in alcune zone viticole.”

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