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Il mondo del vino in Cina, tra passioni e fallimenti

Il vino è ancora un prodotto di lusso sulle tavole cinesi e da quando il Presidente Xi Jinping ha introdotto la campagna di austerità le importazioni sono diminuite. Anche le velleità produttive della Cina viaggiano in altalena, con cantine d'avanguardia ed epidemie che devastano migliaia di ettari vitati

06 febbraio 2015 | Graziano Alderighi

La Cina, con i suoi 1,3 miliardi di potenziali consumatori, rappresenta un mercato molto appetibile per molte aziende.

Il vino è però un prodotto prettamente esotico, occidentale, sebbene ormai presidi tutti gli scaffali dei supermercati, è presente in Cina solo da poco più di un secolo. Ieri come oggi fu Shanghai la porta d'accesso nel 1892 per il vino californiano. In pochi decenni però riscosse notevole successo tanto che Hu Die, la più famosa star cinematografica della Shanghai degli anni 1930 ne divenne la promoter.

Con la rivoluzione comunista e l'avvento di Mao cessarono anche molti scambi commerciali e anche le importazioni di vino che tornarono ad affacciarsi negli anni 1980.

Da allora la Cina è rientrata dalla porta principale nel settore del vino, non solo per i consumi in continua ascesa, ma anche per le velleità produttive.

Non tutti sanno, infatti, che in Cina si produce vino. Un'espansione senza freni fin dalla fine degli anni 1990, tanto che nel 2008 i vigneti cinesi hanno raggiunto la stessa espansione di quelli di Australia e Stati Uniti messi insieme, cioè del quarto e del quinto produttore di vino al mondo.

Un trend che però si è fermato nella campagna 2012-2013, annata nella quale la produzione è calata del 14,7%. La stessa associazione cinese dei produttori di bevande alcoliche ritiene che il calo di produzione sia strettamente legato alla diminuzione delle vendite, che, cadute del 8,5% nello stesso periodo. Questo calo probabilmente è da mettere in relazione al picco della campagna per l'austerità del Presidente Xi Jinping, che ha bandito eccessi e sprechi dalle tavole dei funzionari governativi.

Sta di fatto che il calo dei consumi avrebbe spinto alcuni produttori a prendere misure drastiche, come l’estirpazione di vigneti, anche quelli più giovani.

A una congiuntura economica difficile si è agggiunta l'epidemia. Nel 2014, infatti, un virus ha devastato molti vigneti cinesi, tanto da evocare lo spettro della fillossera che colpì l'Europa. A essere maggiormente colpita è la regione Helan Mountain East, considerata il territorio più vocato per la viticoltura, riconosciuta dal governo come regione del vino nel marzo 2013. Il virus compromette la produzione della pianta, riducendola del 20 al 50%. L'attacco del virus è anche il costo che la Cina sta pagando per non avere controllato la qualità delle vigne importate nell'ultimo decennio, molte delle quali sono risultate affette da virosi, ha affermato Li Demei, enologo, docente all'Università di agraria a Beijing.

Cosa accadrà dunque?

E' probabile che, non appena sarà finita la congiuntura economica negativa, riprenderanno anche le piantumazioni dei nuovi vigneti.

Nel frattempo le realtà più grandi si rafforzano. Il gigante cinese del vino Changyu, la più antica e grande cantina cinese operante a Yantai, nella provincia di Shandong, ha visto crescere le sue vendite del 38% nel 2013 e alcune cantine del Ningxia, del Liaoning e dello Xinjiang hanno già cominciato ad esportare in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

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