Mondo Enoico

La contraffazione nel settore vitivinicolo, fenomeno in crescita ma senza statistiche

La denuncia viene da Oltralpe con un corposo rapporto redatto da Eric Przyswa. Il vero tallone d'Achille per il futuro è rappresentato dalla Cina dove oggi risultano falsificate il 25% delle bottiglie d'alta gamma europee

12 settembre 2014 | Graziano Alderighi

Il fenomeno della contraffazione non colpisce solo l'Italia e in Franca sono preoccupati per l'immagine dei loro vini che viene seriamente intaccata dal fenomeno della contraffazione.

Per Eric Przyswa, autore del rapporto “La contrefacon sur le marche des vin et spirituex”, è difficilmente quantificabile il vero giro d'affari del malaffare anche perchè non esistono dati ufficiali e le banche dati esistenti, ancorchè protette e accessibili solo da funzionari pubblici, sono soltanto nazionali.

Ma le stime parlano di un fenomeno in crescita. Già oggi un vino europeo su quattro di alta gamma è contraffatto in Cina. Un dato preoccupante se si pensa che, in qualche anno, proprio il paese asiatico potrebbe divenire il maggiore consumatore mondiale di vino. Nel 2013 sarebbero 60 mila i cinesi in carcere accusati o condannati per adulterazione, contraffazione o sofisticazione alimentare.

Si sbaglia se però si crede che il fenomeno della contraffazione di bevande alcoliche riguardi solo la Cina. Secondo un sondaggio PWC, nel 2013 il 18% degli intervistati inglesi ha ammesso di aver acquistato delle bottiglie di liquore con marchi contraffatti. La percentuale sale al 28% se ci riferiamo alla fascia di età 18-34 anni.

Un capitolo del rapporto Eric Przyswa lo dedica anche all'Italia stimando una perdita di fatturato dovuta alla contraffazione di vini per 2 miliardi di euro all'anno. Il volume d'affari complessivo del nostro settore vitivinicolo è di 13,5 miliardi di euro. Di questi due miliardi di euro persi, 830 milioni sarebbero causati da illeciti in Usa, 400 milioni di euro in Asia e la restante parte nel resto del mondo.

Il problema non sarebbe solo di natura economica, pur grave. Avrebbe anche ripercussioni sulla salute pubblica se si pensa che 12 mila persone sarebbero morte in Russia per aver bevuto dell'alcol di bottiglie contraffatte.

Naturalmente, in particolare i marchi più importanti, hanno cominciato ad utilizzare strumenti anticontraffazione, dagli ologrammi ai codici tracking, al Rfid (radio frequency identification). La loro utilità ed efficacia è tuttavia dubbia.

Alla fine il problema principale è quello di avere norme internazionali adeguate a combattere la contraffazione. Già esiste una regola, la ISO 12931, che definisce gli standard anticontraffazione, ma non è certo abbastanza.

Un percorso molto in salita e proprio per questa ragione il centro studi McKinsey ha già stimato che i principali marchi mondiali, non solo agroalimentari, investiranno sempre di più in tecnologie anticontraffazione. Si passerà dagli attuali 57 miliardi di dollari all'anno ai 142 miliardi di dollari del 2020.

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