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NON C’È PACE PER IL SETTORE VITIVINICOLO. SI TORNA A PARLARE DI REVISIONE DELL’OCM

Fino a qualche tempo fa la revisione di medio termine sembrava piuttosto lontana. Recenti dichiarazioni del commissario Fischer Boel hanno però riacceso il dibattito. I tempi appaiono di conseguenza decisamente più vicini. Sono a rischio intanto le distillazioni previste in caso di crisi

21 maggio 2005 | Graziano Alderighi

Nel mercato vitivinicolo mondiale tutto sta cambiando molto velocemente.
La UE ha diminuito le superfici vitate negli ultimi 10 anni di quasi il 15%, gli Stati Uniti e il Cile le hanno aumentate di quasi il 30%.
L’Australia ha più che raddoppiato in dieci anni la sua superficie vitata. Quattro aziende fanno il 70% dell’imbottigliato.
La concorrenza estera si è attrezzata, negli anni 1990, per competere sul fronte sia dei prezzi sia della qualità col Vecchio Continente.
Nel frattempo l’Europa, questa l’accusa dei vitivinicoltori, è rimasta alla finestra a guardare.
La riconversione degli impianti viticoli procede molto lentamente, ingolfata nella burocrazia, ma soprattutto da sovvenzioni troppo limitate. Proprio il budget messo a disposizione dell’Unione europea per sostegno del settore, stimato in poco più di 1.200 milioni di Euro, è largamente inferiore al sostegno delle produzioni comunitarie Nord europee. Il carico burocratico, che, stante le dichiarazioni, doveva ridursi, è invece andato sempre più ad aumentare tanto che oggi arriva ad incidere fino a venti centesimi di euro a bottiglia.
Un fallimento su tutta la linea o quasi per l’organizzazione comune di mercato varata nel 1999 (Reg. CE 1493/99), tanto più se consideriamo che, come per tutti gli altri prodotti, i dazi doganali sono stati ridotti a seguito dei negoziati dell' Uruguay Round. Secondo gli accordi di Marrakech, le esportazioni con restituzione di vini da tavola sono soggette a restrizioni sia in termini quantitativi che finanziari.
Il problema principale negli scambi con i Paesi terzi, comunque, è quello del riconoscimento reciproco dei marchi e delle denominazione di origine.

Il previsto strumento di gestione del mercato è la distillazione, che consente di eliminare le eventuali eccedenze produttive.
La distillazione obbligatoria, che veniva attivato su decisione dalla Commissione, è stato abolita con la ultima riforma dell' Ocm. Rimane in vigore la distillazione volontaria, e l' obbligo di distillare i sottoprodotti per evitare sovrapressione delle uve.
È inoltre facoltà degli Stati membri chiedere l' attivazione misure di distillazione di crisi, per far fronte a casi eccezionali, come accaduto recentemente per Francia e Spagna e, forse, a breve, anche per l’Italia. È anche previsto l' aiuto all' ammasso privato di vino da tavola e di taluni mosti.
Anche questo utile sistema di regolazione e moderazione dei flussi e delle oscillazioni del mercato sembra però destinato a scomparire presto stante le dichiarazioni del Commissario Fischer Boel al “Financial Times”: “non è ancora stato deciso se la riforma prevederà la completa eliminazione della distillazione di se vogliamo che i consumatori abbiano una immagine più positiva della nostra politica agricola comune, non possiamo permettere che questo tipo di distillazione vada avanti”.
Dichiarazioni dure quelle della Commissaria all’agricoltura che il noto quotidiano economico inglese non ha potuto che commentare ironicamente: “un lago di vino che la Commissione vuole prosciugare”.
Tra l’altro le affermazioni della Fischer Boel fanno intendere che la riforma di medio termine non è poi così lontana, anzi risulterebbe “imminente”.
Prepariamoci dunque ci aspetta una stagione di polemiche e veleni.
Un periodo cruciale per il settore vitivinicolo del nostro Paese alle prese con la riforma della 164, in dirittura d’arrivo, e con l’apertura della discussione sull’organizzazione comune di mercato.

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