Mondo Enoico
Vino e resveratrolo. I vantaggi sulla salute sono pura invenzione?
Dipak Das, dell’Università del Connecticut, avrebbe falsificato i suoi studi. Nel vino, oltretutto, il resveratrolo è presente solo in tracce. Sull’influenza di tale molecola sulla salute si sa ben poco. A oggi, anno 2012, non sono state provate attività biologiche interessanti. Ne parliamo con lo scienziato Francesco Visioli, il quale svela questioni che devono far riflettere
28 gennaio 2012 | Luigi Caricato
La notizia è giunta alla ribalta qualche settimana fa, ma è passata sotto silenzio. Noi non possiamo lasciare passare tutto sotto silenzio. Occorre accertare la verità, soprattutto per non subire ripercussioni e per evitare situazioni spiacevoli. Il fatto è che su temi delicati come il rapporto tra cibo e salute spesso e volentieri si tende a esagerare, lasciando da parte quanto meno quella saggia pridenza prima di sbandierare al mondo proprietà salutistiche non del tutto chiarite. Ebbene, il tema di questa settimana è la questione del resveratrolo e delle ricerche che pare sia state falsificate. Ne parliamo con il professor Francesco Visioli, impegnato in prima linea sul fronte della ricerca presso l’Imdea, l’Istituto madrileno di studi avanzati dell’Università autonoma di Madrid. 
Molti mezzi di comunicazione hanno riportato la notizia, pubblicata da “Nature” che il Dr Dipak Das, dell’Università del Connecticut, autore di molti studi sul resveratrolo, si sia inventato tutto. E’ vero?
Sì. Dipak Das è stato riconosciuto ”colpevole” di aver falsificato dati in almeno 23 pubblicazioni scientifiche da lui firmate nel corso degli anni. Negli USA esiste un organismo chiamato ORI, Office for Scientific Integrity, che ha indagato e scoperto molte incongruenze nelle pubblicazioni di Das e dei suoi collaboratori.
Quindi tutto ciò che è emerso intorno al resveratrolo crolla tutto?
Beh, no. Dipak Das è solo uno dei tanti che ha lavorato sul resveratrolo. Ma questa è l’occasione buona per chiarire molti aspetti di questa molecola.
Quali per esempio?
Il primo punto che i lettori devono aver ben chiaro è che di resveratrolo e salute si sa ben poco. A oggi, anno 2012, non sono state provate attività biologiche interessanti. In breve, non si sa che cosa faccia - se fa qualcosa - il resveratrolo ingerito tramite integratori.
Perché parli d’integratori e non di vino?
Nel vino di resveratrolo ce ne sono tracce. Invito i lettori a dirmi quanto resveratrolo c’e’ in media. Pochissimo. E, se ne trovate, personalmente consiglio di buttare via la bottiglia. Il resveratrolo è prodotto dall’uva come risposta all’attacco dei funghi. Se lavorate bene in vigna di resveratrolo, per fortuna, ne trovate poco in bottiglia.
Se leggete le etichette degli integratori, vedrete che il resveratrolo è estratto da Polygonum cuspidatum, un tubero cinese, il quale però fa meno scena del vino rosso.
Vi sono altri punti da chiarire?
Uno, importante. E’ che il resveratrolo non entra in circolo, nel sangue, dopo che lo si è introdotto nel corpo per via alimentare. È degradato nell’intestino e nel fegato e nel sangue, e quindi alle cellule, ne arriva veramente pochissimo.
La maggior parte degli studi che poi finiscono sui giornali o in tivvù sono da buttare via, perché fatti su cellule coltivate usando concentrazioni di resveratrolo che non esistono, fino a prova contraria, nell’uomo.
Altra cosa da rilevare è che c’e’ differenza tra le specie. Quello che si è visto nel topo non si vede nella scimmia. Nell’uomo, poi, lo ripeto, non si è ancora visto niente dopo vent’anni che si lavora in tal senso. Il che fa sospettare che gli studi siano stati fatti, ma non abbiano dato risultati.
E perché gli studi negativi non si pubblicano?
Bella domanda. Si chiama “publication bias”. Gli studi negativi non interessano a nessuno. Hai mai visto un titolo di giornale che dice che il composto x non fa niente? Inoltre, intorno al resveratrolo ci sono interessi economici enormi. Basta pensare al dottor David Sinclair (che ha lavorato molto sul resveratrolo e che adesso prende le distanze da Dipak Das), il quale ha venduto la sua ditta alla GSK per 720 milioni di dollari. Salvo pubblicare poco dopo che la rapamicina, ma non il resveratrolo, allunga la vita ai topi.
Con tutta sincerità, cosa pensi del resveratrolo?
Penso che se ne sappia così poco che non possiamo dire se fa bene o no. Penso anche che la sua popolarità sia legata al fatto che ci piace sentirci dire che il vino rosso fa bene. Sarà anche vero, ma di sicuro non per il resveratrolo, come ti ho già precisato. Per quel poco che ne sappiamo il resveratrolo non ha attività biologiche degne di rilevo, ma la ricerca fa progressi e forse ne verranno di scoperte.
Anche la storia che attivava le sirtuine, le molecole della longevità, si è recentemente rivelata un artefatto. A confronto, ne sappiamo di più sull’idrossitirosolo, peraltro approvato dall’EFSA.
Il tanto decantato idrossitirosolo che si trova nell’olio ricavato dalle olive…
Sì, l’idrossitirosolo che si trova nell’olio d’oliva extra vergine, grasso alimentare che si usa quasi solo nei paesi del Mediterraneo.
E come mai è così poco polare l’idrossitirosolo?
Perché i paesi che comandano in termini di ricerca scientifica sono gli USA, l’UK e il Giappone. Paesi, dunque, che non usano l’olio extra vergine di oliva o che comunque lo vedono come prodotto esotico. Per questo l’idrossitirosolo gode di meno popolarità e di minori finanziamenti, al contrario del vino rosso che gode un po’ anche del fascino del peccato.
E da scienziato cosa ne pensi di Dipak Das?
Penso che purtroppo non sia l’unico. Adesso prendono tutti le distanze da lui, ma pensa tuttavia che è stato calcolato che ci siano ottanta mila persone in trattamento oncologico con farmaci sviluppati sulla base di dati inventati.
Non so se è vero, ma fosse anche una sarebbe immorale. I ricercatori, tra cui molti tuoi lettori, fanno un mestiere difficile, perché devono convivere con un senso costante di frustrazione. Ci si deve fare l’abitudine e continuare a essere integerrimi anche quando le cose non vanno nel senso voluto. La natura non la comandiamo, cerchiamo di svelarne i misteri, ma non forziamone le componenti.
Potrebbero accusarti di essere negativo e forse anche iconoclasta. Adesso te la prendi anche tu comn il resveratrolo…
No, che non me la prendo. Se ne sa pochissimo, e fino a quando non se ne saprà di più è meglio andare cauti nel rilasciare dichiarazioni. Sul resveratrolo, ma anche su tante altri aspetti che troviamo nel piatto. Si tratta di ricerche difficilissime, che rischiano di confondere nutrizione con farmacologia e di dare false speranze alla gente.
Una cosa che trovo immorale è leggere titoli come “Il resveratrolo è anti-cancro”. Fosse vero, perché gli oncologi non lo usano? Vallo a dire ai pazienti appena operati.
Dunque, il messaggio finale che possiamo dare al lettore?
Cerchiamo di leggere con spirito critico quanto viene pubblicato, sapendo sempre di non sapere.

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Accedi o Registratieugenio muzzillo
15 febbraio 2012 ore 13:22Taglio e incollo dal sito dell'Oral Cancer Foundation, istituzione indipendente che difficilmente può essere accusata di compiacenza nei confronti dei produttori di bevande alcoliche. Malgrado il rapporto dell'INCA del 2007 (forse a causa dei recenti sviluppi negli studi sull'eziologia del cancro orale)la Fondazione americana non sembra preoccuparsi troppo delle proprietà oncogenetiche del vino tanto che nel novembre del 2011 pubblica l'intervento seguente. Invito a leggerlo con la massima attenzione. Non traduco per evitare fraintendimenti o errori interpretativi.
Dal sito dell'Oral Cancer Foundation
Source: www.aurorasentinel.com
Author: Sara Castellanos
There’s a reason Robert Sclafani always chooses red wine over white wine, and it’s not just because he thinks it tastes better.
Sclafani, a professor of biochemistry and molecular genetics at the University of Colorado’s School of Medicine, prefers the darker of the two wines because of its health benefits.
Red wine contains much more of a compound called resveratrol, found in the skin of grapes and also in peanuts and leeks.
Sclafani and his colleagues are currently testing the effects of resveratrol on mice, and this month he received encouraging news from overseas that resveratrol can have health benefits for obese humans.
“There are a number of studies in animals where you can take an animal like a mouse and give it cancer by treating it with carcinogens or manipulating the genes in mice so they’ll get cancer,” Sclafani said. “If you treat the animal with resveratrol, it blunts the effect; they either get less cancers, cancers never develop or they never go anywhere.”
Here’s how it works: resveratrol causes damage to the DNA in cancer cells, he said.
“We think that’s the Achilles heel,” he said.
The compound has been known to have positive effects for more than a decade, but on Nov. 2, a group of scientists in the Netherlands showed for the first time that it can have health benefits in obese humans.
Eleven obese but healthy men had taken a relatively low dose of the compound daily for a month, which lowered their metabolic rate, cut the accumulation of fat in the liver, reduced blood sugar, blood pressure, triglycerides and inflammation, and boosted the efficiency of muscles, according to the Washington Post.
That news solidified Sclafani’s research on resveratrol.
“We’ve shown in our studies that moderate amounts of resveratrol, much lower than they’re using in these individuals, can have anti-cancer effects in mice and cell-culture studies,” he said.
The researchers in the Netherlands did say, however, that a person would have to drink at least 2 gallons of red wine a day to get the equivalent amount of resveratrol as the dosage used in the study, according to the Post.
But their research and Sclafani’s could help explain the “French paradox.”
Sclafani said French people eat fatty diets (foie gras, steak and fries) and drink a lot of red wine but have much less cancer and heart disease than one would expect.
“It’s still not understood, but that’s always been the idea, that there must be something in red wine that allows them to have this unhealthy diet and still have reduced disease,” he said.
Sclafani and, Rajesh Agarwal, a professor in the Department of Pharmaceutical Studies at the School of Medicine, also found recently that resveratrol is successful in preventing a specific type of cancer in mice.
“As recently as last month, we are in the position that we can have more convincing data in the mice showing that … resveratrol is extremely effective in preventing the appearance of oral cancer,” he said.
In a couple of years, they hope to test the effects of resveratrol in humans with oral cancer, which is a common affliction among people in countries like India. Agarwal said high quantities of concentrated resveratrol could be given to patients with oral cancer in the form of a mouth wash or a gel.
And the best part, he said, is there are no known side effects to resveratrol.
But just because the compound is found in red wine doesn’t mean that Agarwal encourages people to drink as much as they want, as often as they want, in hopes of living a cancer-free life.
“Anything in excess is not good,” he said. “People will say, ‘OK, so resveratrol is good, and it’s in the red wine’ so they’ll start drinking more red wine. But before they die of cancer, they’ll die of liver failure. It’s kind of a fine balance, and that needs to be taken into account.”
But consuming moderate amounts of foods that contain resveratrol certainly can’t hurt, he said.
“As my good friend Bob Sclafani says, he eats a lot of Thai food and drinks red wine so he can be healthier for a longer time,” Agarwal said.
eugenio muzzillo
14 febbraio 2012 ore 11:37Dottor Ghiselli a volte lei dà l'impressione di essere illuminato da verità di fede, manco fosse un prete all'altare o che so, il mullah Omar. "Il resveratrolo è una farsa" annuncia. E passi; avrà le sue buone ragioni per dirlo. Ma vuole spiegarci cosa la spinge a dire che i nostri nonni bevevano vino per motivi energetici? Mi sembra una congettura storico-antropologica tutte da verificare. E se invece lo bevevano perché gli piaceva? O perché volevano ubriacarsi dopo una giornata di lavoro? O perché i problemi passavano in secondo piano e il sesso gli veniva fuori meglio? O perché come a Noè nella Bibbia gli appariva l'angelo del signore? E chi lo sa, chi potrà mai dirlo...
Ma può dirci anche quali "evidenze" (ma eviti i discorsi ipotetici, per carità, suoi o di altri o altre)la spingono a dire che "se l'etanolo gioca un ruolo nel rischio cancro anche a basse dosi è proprio perché la vita è così lunga che piccole quantità di etanolo tutti i giorni, dopo 60 anni cominciano a essere una bella quantità di etanolo consumato". Qui siamo all'inferenza "alla terza", peraltro smentita dalle raccomandazioni e dalle linee guida delle principali organizzazioni internazionali. Si attenga ai dati.
N.B. Le differenze tra bevande alcoliche e rischio cancro le segnala il rapporto del World Cancer Research fund: "Epidemiological studies commonly identify the type of alcoholic
drink consumed. Some of the evidence reviewed in chapter
4.8.5 does appear to show that some types of drink seem to
have different effects. For example, for cancers of the mouth,
pharynx, and larynx, the evidence is stronger for consumption
of beer and spirits than for wine." (Part 2; Capitolo 4 - Foods and drinks; evidence and judgement; pag 159. Le evidenze (come le chiamano loro) sono chiaramente elencate. (Poi non si sa bene perché, i ricercatori si lanciano in ardite ipotesi causali per giustificare il dato che sembra non piacergli.)
andrea ghiselli
13 febbraio 2012 ore 16:24Un ultimo commento solo per un paio di puntualizzazioni. La mia ansia di modificare le linee guida dipende dal fatto che le più recenti indicazioni stanno sempre più abbassando le quantità limite. Ciò che si considerava moderato 20 anni fa non è più moderato oggi e le varie linee guida internazionali sono già assestate sulle due unità alcoliche per l'uomo e una per la donna, quindi dovremo quanto meno adeguarci, se non fare di meglio. Non c'è ansia, né ci provo gusto, né sono proibizionista. Se va a vedere quello che dicevo del vino 10 anni fa è completamente differente da quello che dico oggi, perché 10 anni fa non erano emergenti i dati che abbiamo oggi. Sulla superiorià del vino in quanto tale non c'è alcuna evidenza, ma proprio nessuna e anzi c'è generale accordo nel mondo scientifico sul fatto che sia l'alcol a recitare il ruolo di protezione quando c'è o di rischio quando c'è, indipendentemente dal tipo di bevanda. Il resveratrolo insomma è una farsa.
Ai tempi di Ancel Keys non solo il vino era parte integrante della dieta mediterranea, ma senza vino molto probabilmente i nostri nonni sarebbero morti di fame, poiché il vino costituiva una parte importante della loro energia.
Il ruolo nel rischio di tumori viene fuori proprio oggi, quando la vita media delle persone si sta allungando. Se l'etanolo gioca un ruolo nella rischio di cancro anche a basse dosi è proprio perché la vita è così lunga che piccole quantità di etanolo tutti i giorni, dopo 60 anni cominciano ad essere una bella quantità di etanolo consumato.
Ci sono paesi che hanno un'aspettativa di vita superiore alla nostra, che hanno un numero di morti per malattie cardiovascolari e neoplastiche di poco più della metà rispetto alle nostre, che hanno gli stessi fattori di rischio (stesso alcol e stesso fumo)eppure non sanno nemmeno cosa sia il vino.
eugenio muzzillo
13 febbraio 2012 ore 13:30Non voglio confrontarmi su temi tecnici con lei che sull'argomento ne sa sicuramente più di me. Capisco inoltre che nessun medico, considerati i rischi che il consumo di alcol comporta, possa consigliare o suggerire di bere vino ai pasti (anche in quantità moderate).
Capisco meno l'ansia di modificare linee guide anche internazionali che considerano compatibile (non ottimale) con una condotta di vita tutto sommato salutista l'assunzione di una quantità variabile da 10 a 30g di etanolo/die (meglio se di vino stando a certi risultati). Mi sembra un compromesso ragionevole che tiene conto di diversi punti di vista (anche e non solo di studi di laboratorio su animali o di esperimenti in provetta che almeno il dato dell'osservabilità e dell'evidenza ce l'hanno davvero) e di stili di vita radicati in determinate aree geografiche. D'altra parte quando la dieta mediterranea fu osservata da Ancel Keys e messa in relazione a una minore incidenza delle malattie cardiovascolari il consumo vino ne era parte integrante (e non certo in quantità moderate). Ciò non significa che magari in assenza di vino le cose sarebbero potute andare meglio ma, come dire, la vita è sempre una questione di mediazioni e adattamenti rispetto a un ideale spesso teorico.
Per quanto riguarda le sue osservazioni sugli studi epidemiologici, apprezzo la sua ironia perché conferma il mio radicato scetticismo (che però io tendo ad estendere e lei a restringere).
Un discorso a parte meriterebbe il rapporto tra registrazioni dei dati e ipotesi di plasusibilità biologica ma non è questa la sede. La mia impressione è che spesso, non sempre, le ipotesi causali somigliano a espedienti narrativi.
Un'ultima osservazione sugli studi tra consumo di alcol e attesa di vita. Sarà che è vero tutto e anche il suo contrario ma dia un'occhiata qua:
Di Castelnuovo et al, Alcohol dosing and total mortality in men and woman: an updated meta-analysis of 34 prospective studies. Arch.Intern. Med. 2006.
In questo metastudio su un totale di 1.0015.835 uomini e donne e (con 94.535 morti) la più bassa mortalità si è registrata tra coloro che consumavano 6 g di alcol al giorno (fino a 4 unità alcoliche per gli uomini e fino a 2 nelle donne) e non nel gruppo degli astemi.
In generale però il suo ultimo intervento mi sembra più sfumato rispetto ad altri che ho letto e per larghi parti condivisibile.
andrea ghiselli
12 febbraio 2012 ore 18:06Cercherò di fare il punto della situazione, per quanto posso. Dico per quanto posso perché il mio mestiere è cercare di salvare più salute possibile, non quello di dimostrare per forza l’una o l’altra tesi. E come le dissi tempo addietro, anche ammesso (ma non lo ammetto) che ci siano ragionevoli dubbi egualmente ripartiti sulla pericolosità o sulla salubrità di un certo alimento io, per il principio di precauzione, preferisco il risparmio di qualche vita alla vendita di qualche salame (e uso salame per non parlare di vino e perché col vino condividono la pericolosità, visto che anche le carni conservate sono correlate al rischio di cancro senza quantità soglia, fino ovviamente a prova contraria. In assenza di prova contraria è preferibile salvare la salute di qualche consumatore piuttosto che la cassa di qualche “salumiere”, anche se, nel cuore, mi piacerebbe ovviamente che consumatori e salumieri campassero entrambi pieni di salute e di soldi.
1. La plausibilità biologica è fondamentale. Come dicevo nel post precedente (ormai mi confondo se qui o altrove, data la lunga diatriba) in assenza di plausibili meccanismi potremmo attribuire a qualsiasi associazione un’evidenza scientifica. Come le dicevo, se si diverte a cercare su internet il delta di aumento di consumo di acque minerali con il delta di aumento di obesità troverà una correlazione assolutamente lineare, così come quella tra migrazioni di cicogne e natalità trovata da Sies nel 1988. Ma trovata l’associazione serve poi la spiegazione, altrimenti si tratta di associazione casuale e non è causale.
2. Alcol e infiammazione: nel testo di Orlandi che lei ha citato ci sono alcune cose corrette, altre meno e altre ancora omesse.
L'alcol in certi casi agisce da antiinfiammatorio è vero, ma mica sempre, provi a metterselo su una ferita per esempio. Nei casi in cui agisce da antiifiammatorio lo fa per inibizione degli enzimi che "sparano" citochine, come cicloossigenasi ecc. e fin qui siamo d’accordo. Ma certamente nel corso del suo metabolismo genera specie reattive dell'ossigeno, contrariamente a ciò che dice il testo di Orlandi. Il quale dice: "Fumo ed obesità aumentano il rischio di cancro anche per questa via ed ogni azione di contrasto all’infiammazione può potenzialmente ostacolare lo sviluppo del tumore (Aggarwal et al., 2009b)". Tuttavia nello scrivere deve aver perso qualcosa, perché il lavoro di Agarwal dice: "Chronic infections, obesity, alcohol, tobacco, radiation, environmental pollutants, and high-calorie diet have been recognized as major risk factors for the most common types of cancer". E l’alcol ce lo ha messo. Comunque, a prescindere dalle omissioni, bisogna anche fare attenzione a come si effettuano gli esperimenti: è risaputo che l'etanolo in provetta sia un ottimo "scavenger" di radicali liberi e viene anche usato per il suo effetto scavenging. Ma al contrario quando non siamo in una provetta ma in un organismo vivente come quello umano è un po' diverso, perché l’alcol quando viene metabolizzato i radicali liberi li genera e in quantità. Questo per quanto riguarda l'alcol.
3. Poi ci sono i fenoli e l'angiogenesi. Orlandi cita un lavoro di Fiore, che è facilmente reperibile, quindi può leggerlo lei stesso. Il lavoro dice: “Ethanol per se elevated HGF in liver and cortex, potentiatied liver VEGF, reduced GDNF in the liver and decreased NGF content in hippocampus and cortex in the offspring. We did not find changes in HGF or NGF due to red wine exposure. However, we revealed elevation in VEGF levels in liver and reduced GDNF in the cortex of animals exposed to red wine but the VEGF liver increase was more marked in animals exposed to ethanol only compared to the red wine group.” Riassunto: l’alcol aumenta i fattori angiogenetici, i fenoli li riducono un pochino, ma comunque se non bevi è meglio perché non si alzano nemmeno un po’. In effetti risultati del genere, nel nostro piccolo, non sull’angiogenesi in particolare, ma sullo stres ossidativo li avevamo visti anche noi qualche anno fa (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9635627) quando dicevamo che il consumo moderato di birra, rispetto ad una dose simile di alcol aveva effetti migliori, ma l’acqua era di molto meglio. Il mondo vegetale è pieno, stracolmo di polifenoli e non c’è bisogno di andare a prendere quelli sotto spirito. Basta mangiare frutta e verdura per avere una quantità di fenoli enormemente superiore a quelli che potrebbero essere ottenuti dal vino senza rischio, oppure come le ribadisco, si può comprare il resveratrolo in compresse.
Concludendo sì, è così improbabile. O meglio, lei sa che la scienza si basa su probabilità, le certezze non sono di questo mondo. E’ più probabile che l’alcol si comporti da proossidante e da induttore di cancro che invece funga da anticancro anche a basse quantità. La differenza tra le basse e le grandi quantità risiede solo nel fatto che le difese dell’organismo possono riuscire a contrastare i danni se in piccola quantità, mentre poi non ce la fanno più con dosi superiori. Ma il fatto che l’organismo riesca a metterci ciò che in gergo si può definire “una pezza” non è una buona ragione per continuare un comportamento potenzialmente dannoso che in alcuni, vuoi perché queste difese funzionano geneticamente male, vuoi perché le abitudini alimentari non sono delle migliori e di conseguenza anche le difese non sono così pronte, vuoi perché si accumulano altri fattori di rischio ambientali, vuoi per il fattore “C” potrebbe fare sviluppare un cancro.
4. Infine, ma torniamo all’inizio, è ovvio che i ricercatori si chiedano, quando osservano un fenomeno a cosa possa essere dovuto. Non pubblicherebbero nemmeno il lavoro senza un tentativo (e nemmeno troppo vago) di spiegazione, altrimenti, ripeto, saremmo davanti a cicogne e natalità. Quando si va a correggere il dato grezzo, l’osservazione nuda e cruda come lei la definisce per tutte le variabili note e/o possibili (dieta, sesso, abitudini, tradizioni, fumo, attività fisica ecc ecc.) ci si avvicina sempre di più alla verità. Verità che ovviamente non è immutabile, ma che è quanto di più possibilmente vicino alla realtà possa esistere.
5. 30 grammi sono appunto “tollerabili”, non consigliati. Vale a dire è quella quantità che secondo loro (ma non è vero) può essere correlata alla minore mortalità. Non è vero perché White ha recentemente dimostrato che tale quantità è zero sia per maschi che per femmine fino a 25-35 anni. Poi sale un pochino, ma mica tanto, per i maschi fino ad arrivare ad un massimo di 8 bicchieri a settimana per i maschi e circa 3 per le femmine a 65 anni di età (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12142306).
Anche a proposito del sale sulle Linee Guida diciamo: “Studi recenti hanno confermato che un consumo medio di sale al di sotto di 6 g al giorno, corrispondente ad una assunzione di circa 2,4 g di sodio, rappresenta un buon compromesso tra il soddisfacimento del gusto e la prevenzione dei rischi legati al sodio. Va da sé che sarebbe meglio non consumarne affatto.
Concludo ribadendo che non voglio irridere nessuno e spero di averla convinta; ho un profondo rispetto per le persone, in particolare per coloro che hanno recitato una parte importantissima nel mondo della ricerca scientifica. Se uso alcune figure retoriche nel mio argomentare, che potrebbero sembrare irriguardose, è solo per mettere in luce cosa non mi convince di una determinata tesi, quali i punti di debolezza.
Dovremo arrivare prima o poi a smetterla di parlare in termini entusiastici del “buon” bicchiere di vino perché ci sono più che ragionevoli dubbi che possa far male.
eugenio muzzillo
11 febbraio 2012 ore 18:27Il discorso quindi si fa ipotetico.
Pensavo ci si limitasse al dato registrato senza risalire a ipotesi causali magari verosimili ma chissà se vere (secondo un modello di medicina "basata sulle prove" se prove possono essere considerate correlazioni statistiche).
Ma voglio seguire il suo discorso. Sarebbero i radicali liberi e la formaldeide gli agenti oncogenetici del consumo di alcol. E allora perchè ritenere così improbabile che un consumo moderato di vino rosso (tale da produrre basse quantità di acedeldaide e radicali liberi) possa avere contemporaneamente anche funzioni protettive e di contrasto? Almeno sotto un duplice aspetto.
Il primo riguarda l’infiammazione associata localmente alla neoplasia, un’infiammazione “sregolata”, con produzione anomala di composti proinfiammatori(citochine, chemochine, cicloossigenasi COX2, prostaglandine, ROS reactive oxygen species, microRNA specifici) e con la nascita di un microambiente che favorisce nascita e sviluppo del tumore. Fumo e obesità aumenterebbero il rischio di cancro anche per questa via ed ogni azione di contrasto all’infiammazione poterebbe potenzialmente ostacolare lo sviluppo del tumore. Ciò richiama l’effetto antiinfiammatorio dell’alcol a basse concentrazioni e dei fenoli del vino nell’aterosclerosi. D'altra parte alcol e fenoli contrastano in modo combinato le ROS, i radicali liberi e la COX2, lo stress ossidativo postprandiale, l’adesione dei leucociti alla parete dell’endotelio vascolare e la sua permeabilità, la migrazione delle cellule muscolari lisce per la formazione della placca,l’attivazione di citochine e chemochine pro-infiammatorie ed altri momenti del processo flogistico cronico. Infiammazione e cancro evocano altresì l’azione di contrasto, da parte sia del succo d’uva sia del vino, all’infezione gastrica da Helicobacter pylori, microorganismo cancerogeno che si sviluppa nella mucosa dello stomaco ed induce nell’uomo una gastrite cronica associata a linfomi MALT.
Il secondo aspetto è la formazione di nuovi vasi (angiogenesi), fenomeno cruciale per
l’afflusso dei nutrienti alle cellule tumorali in rapida moltiplicazione. L’angiogenesi riceve pertanto una crescente attenzione della ricerca per la prevenzione e per la stessa terapia del cancro (Fujita et al., 2008; Kerbel, 2008). È da tempo noto che uva e resveratrolo inibiscono l’angiogenesi tumorale, con un meccanismo sempre meglio dettagliato (Belleri et al., 2008). È stata anche osservata l’inibizione, da parte dell’alcol e del vino, del fattore di accrescimento dell’endotelio vascolare, punto chiave dell’angiogenesi (Fiore et al.,2009).
I fenoli alimentari sono considerati micronutrienti di grande interesse nella prevenzione
del cancro anche per i loro effetti sull’apoptosi cellulare, aspetto importante della
cancerogenesi (Thomasset et al., 2007; D’Archivio et al., 2008; Galluzzo et al., 2009).
E' davvero tutto così improbabile? Ma se è così improbabile quale meccanismo rende invece probabile che 5 porzioni al giorno di frutta e verdura ci proteggono dal cancro?
Un'ultima considerazione sulle ipotesi causali.
Il rapporto del World Cancer Resarch Institute del 2007 (particamente il testo fondamentale per tutti coloro che condannano anche l'uso moderato di vino) afferma nel capitlolo 4 a proposito dell'alcol: "some of the evidence appear to show that some types of drink seem to
have different effects. For example, for cancers of the mouth,
pharynx, and larynx, the evidence is stronger for consumption
of beer and spirits than for wine. Here is the possibility of residual
confounding: wine drinkers in many countries tend to have
healthier ways of life than beer or spirit drinkers."
Invece di fermarsi al dato registrato nudo e crudo e di registare l'"evidenza" (se di evidenza si tratta) i ricercatori "inferiscono" che la minore oncogenicità del vino rispetto a birra e supealcolici potrebbe dipendendere dal fatto che i bevitori di vino sono generalmente più inclini a seguire uno stile di vita salutista rispetto al altri bevitori. Ergo...
Praticamente un'inferenza al quadrato, altro che evidenza.
(Parrebbe tra l'altro che gli studi presi in considerazione dal rapporto americano non abbiano troppo approfondito gli stili di vita nei gruppi caso - controllo).Ah, pur non consigliando l'assunzione di bevande alcoliche (nemmeno il vino) i ricercatori americani ipotizzano che sino a 30 di etanolo/die per gli uomini e 20 per le donne il consumo di alcol sia tollerabile.
andrea ghiselli
11 febbraio 2012 ore 14:04Non sto schernendo nessuno e ci mancherebbe altro, ma penso di poter e dovere esprimere, anche usando "paradosi" divergenze, quando stridono con la realtà scientifica.
Ci sono associazioni per le quali esistono meccanismi plausibili, ad esempio la protezione cardiovascolare dell'alcol. L'alcol aumenta l'HDL colesterolo, aumenta la fibrinolisi, diminuisce l'aggregabilità delle piastrine e migliora il controllo glicemico. E' un meccanismo che può essere messo in moto con maggiore sicurezza usando altri mezzi che non siano alcolici, ma è un meccanismo. Anche l'associazione tra alcol e rischio di cancro ha un meccanismo plausibile: il metabolismo dell'alcol aumenta la prouzione di specie reattive dell'ossigeno e produce come metabolita formaldeide. Associazioni tra cicogne e bambini o acqua minerale e obesità invece anche se esistenti non hanno meccanismi causali convincenti. Tutto qui, senza scherni e ripeto non ce ne sarebbe motivo. Uno scienziato discute cn altri scienziati, non usa scherni di sorta
eugenio muzzillo
11 febbraio 2012 ore 13:41Non capisco perchè gli studi epidemiologogici che trovano un'associazione tra consumo di alcol e aumento del rischio cancro sono "evidenze" e quelle che trovano un'associazione tra consumo di alcol e diminuzione dello stesso rischio cancro sono fesserie da liquidare con una battuttina.
Mi sfugge il criterio logico con cui il dott Ghiselli opera la scelta. In entrambi i casi si tratta di mere associazioni e sempre le conclusioni sono (spesso discutibili) inferenze.
P.s: Noto che la credibilità scientifica di Veronesi, come quella di David Khayat, per il dott Ghiselli sia ormai passibile di scherno. Approfondirò
andrea ghiselli
10 febbraio 2012 ore 20:18Di associazioni se ne possono fare tante: è nota l'associazione tra natalità e migrazioni delle cicogne, ma possiamo anche notare un'associazione fortissima, con una r prossima a 1 se mettiamo in croce due dati su aumento di consumo di acque minerali e aumento di obesità. La stessa cosa si può fare paragonando nel tempo il numero delle carie con il numero dei dentisti e così via.
Non ho invece mai sentito di uno studio che dica che un consumo di vino di 125 ml per le donne e di 250 ml per l'uomo sia preventivo nei confronti dei tumori. Dovremmo iniziare una profilassi fin dalla nascita a questo punto. Bisognerebbe chiedere a Veronesi se intende cominciarla prima dello svezzamento, magari in aggiunta al latte materno, o dopo i sei mesi di vita
Enrico Finotti
10 febbraio 2012 ore 12:01Bravo Andrea!!!!!
Enrico Finotti
eugenio muzzillo
09 febbraio 2012 ore 20:49Non sono Veronesi,
e sul resveratrolo in micromole per litro non so niente. Sui presunti effetti positivi del bere moderato segnalo qualche elemento bibliografico (naturalemnte esistono anche studi che associano rischio di tumori a bere moderato e studi che non segnalano alcun effetto).
Vi è crescente evidenza di una diminuzione nel rischio di cancro del rene (a cellule
renali) in associazione con il consumo moderato di bevande alcoliche. È un rischio che
diminuisce anche con l’attività fisica e che aumenta nettamente con il fumo (Chow, Devesa,
2008). Una meta-analisi di 12 studi prospettici ha stimato nel 2007 una diminuzione del
rischio nei bevitori moderati (RR 0,72 rispetto ad 1,0 negli astemi), ed un netto incremento
nei bevitori pesanti (Lee et al., 2007). I dati del registro del cancro canadese hanno
confermato queste stime (Hu et al., 2008).
Una netta riduzione del rischio di cancro della tiroide (RR 0,57) in associazione con il
consumo moderato di bevande alcoliche è emersa nel Diet and Health Study statunitense
274(Meinhold et al., 2009). Anche il Million Women Study, che utilizza il sistema sanitario del Regno Unito, ha rilevato un decremento del 25 % nel rischio per il cancro tiroideo nelle
bevitrici moderate. In questa popolazione femminile sono emerse diminuzioni per il rischio
di cancro del rene (-12 %), dello stomaco (-7 %) e per il linfoma non-Hodgkin (-13 %)
associate all’uso moderato di bevande alcoliche (Allen et al., 2009).
L’uso moderato di bevande alcoliche è associato ad una riduzione (RR 0,73) del rischio
di alcuni tipi di leucemia (Gorini et al., 2007), e ad una migliore sopravvivenza dei
leucemici (Han et al., 2009).
Il rischio di cancro del polmone è risultato inferiore nei bevitori moderati seguiti in
alcuni studi di coorte. In California, è stata osservata una riduzione del 60 % associata
all’uso moderato ed abituale di vino rosso (Chao et al., 2008). Anche nel quadro dello
studio EPIC è stata rilevata una diminuzione del rischio, accompagnata da un incremento al
di sopra di 60 g di alcol al dì (Rohrmann et al., 2006). Uno studio di coorte giapponese ha
mostrato una riduzione del rischio associato al consumo fino a 50 g di alcol al dì (Nishino
et al., 2006).
Una riduzione nel rischio di cancro del colon è stata evidente nei bevitori moderati (RR
0,8), ed in particolare nei bevitori abituali di uno o due bicchieri di vino al dì (RR 0,6), in uno studio di coorte danese (Park et al., 2009). In un altro studio danese è emerso un minor rischio di cancro dell’esofago e stomaco in associazione all’uso moderato di vino
(Grønbaek et al. 1998).
Un “effetto J” dell’alcol, cioè la riduzione del rischio di malattia per consumi modesti
ed un incremento sopra i 40 grammi al dì, è stato osservato per il carcinoma della testa e del collo nello studio americano Diet and Health, specie nelle donne (Freedman et al., 2007).
L’effetto J è emerso anche in uno studio caso-controllo nel Sud della Francia per il rischio
di cancro della mammella, con una riduzione del 40 % nelle bevitrici abituali di un
bicchiere di vino al dì contro un aumento a dosi superiori (Bessaoud et al., 2008).
Le osservazioni sul cancro del naso e della faringe sono contraddittorie: una riduzione
del rischio associata al consumo moderato di bevande alcoliche è stata osservata in 6 di 14
studi di coorte (Chen et al., 2009).
andrea ghiselli
09 febbraio 2012 ore 19:14Sia Gasparino Marino che Umberto Veronesi quando riportano dimostrazioni scientifiche che altri potrebbero non conoscere, io per esempio, sarebbe bene che ne dessero riferimento bibliografico, come si usa fare per mettere anche gli altri in condizioni di parlarne.
Io non sono a conoscenza dei lavori che dimostrano che una micromole per litro di polifenoli (suppongo nel plasma perché altrove non è rilevante) inibisce del 48% l'ossidazione delle LDL, così come non sono a conoscenza che uno o due bicchieri di vino da 125 ml per gli uomini e un bicchiere per le donne ogni giorno sono una quantità sufficiente a prevenire la comparsa di alcuni tumori e delle malattie coronariche.
Dove posso leggerlo?
Gasparino Marino
09 febbraio 2012 ore 14:10E' stato dimostrato che una micromole per litro in catechina di polifenoli, compreso il resveratrolo, inibisce del 48% l'ossidazione delle LDL (colesterolo cattivo), mentre cinque micromoli per litro raggiungono livelli di inibizione del 96%, livelli di gran lunga superiori a quelli raggiungibili con la vitamina E. Dunque concordo con Umberto Veronesi quando afferma che gli antiossidanti agiscono in dosi "omeopatiche", facilmente raggiungibili con un buon bicchiere di vino.
eugenio muzzillo
09 febbraio 2012 ore 10:43"... è stato osservato in molti studi scientifici che il resveratrolo è una sostanza in grado di contrastare la crescita di alcuni tumori, poiché interferisce direttamente con le cellule tumorali ed è in grado di perturbare molti processi essenziali allo sviluppo e alla progressione della malattia. Si tratta di un ormone vegetale, prodotto dalla vite per proteggersi ambiente esterno, che effettivamente è presente in alte concentrazioni in particolare nel vino rosso. Questo perché il lungo processo di macerazione della buccia degli acini nel vino permette di estrarne grandi quantità; inoltre l’assenza di ossigeno nella bottiglia previene l’ossidazione delle molecole di resveratrolo e l'alcol contribuisce ad aumentarne la concentrazione.
Nei modelli di tumori animali il resveratrolo si è dimostrato efficace per prevenire lo sviluppo del cancro alla mammella, al colon e all'esofago. In alcuni di questi studi, viene somministrato a piccole dosi per via orale e la sua concentrazione nel sangue varia tra 0,1 e 2 micromoli per litro, una quantità che può essere raggiunta tramite un consumo moderato di vino rosso. D'altra parte, come dicevo, vari studi epidemiologici hanno dimostrato che il consumo moderato di vino, oltre a ridurre il rischio di morte per malattie cardiovascolari (secondo un recente studio danese la riduzione è del 40%), riduce anche la mortalità associata al cancro (secondo lo studio citato, del 22%). Non so dove lei abbia tratto l'informazione dei 4 litri di vino al giorno; ciò che dicono gli studi è che uno o due bicchieri di vino da 125 ml per gli uomini e un bicchiere per le donne ogni giorno sono una quantità sufficiente a prevenire la comparsa di alcuni tumori e delle malattie coronariche."
Umberto Veronesi in risposta a una domanda di un lettore sul resveratrolo sul forum "sportello cancro" del corriere.it
Nulla vieta che quanto dice Veronesi sia una baggianata. Se lo è però è detta con grande sicurezza.
alessandro sbarbada
01 febbraio 2012 ore 17:55Avendo difficoltà ad aprire il link, vi riporto il testo dell'articolo di cui ho scritto.
LA STAMPA del 23 maggio 1954, pagina 5
Le sigarette favoriscano il cancro polmonare?
Medici e chirurghi discutono sulle conseguenze del tabacco
Il parere di alcuni studiosi: "Mezzo I pacchetto al giorno non può nuocere
Il Monopolio in un anno ha incassato 357 miliardi
(Dal nostro inviato speciale)
Montecatini, 22 maggio.
Parlare del fumo e della nefasta azione che esercita sul nostro organismo, è ormai diventato di moda, e ciò è ovvio. E' un problema che interessa tutta l'umanità, perchè oggi sono ben pochi coloro che non fumano. Se si pensa che nell'esercizio 1953-54, il Monopolio tabacchi italiano ha incassato 357 miliardi di lire circa, quasi un miliardo al giorno, si comprende quale importanza abbia anche per l'Italia, che è poi il paese dove si fuma di meno, qualsiasi discussione sul tabacco. A Montecatini gli studiosi non diranno parole definitive su quest'argomento. Intanto questo non è un congresso; è stato infatti chiamato Symposium sul tabacco alla maniera americana. Sarà uno scambio di vedute che medici e chirurghi si faranno sui risultati a cui sono giunti con i loro studi sull'azione del tabacco nell'organismo umano. E' stata scelta Montecatini per questo primo Symposium, perchè le acque di queste Terme, con le loro qualità disintossicanti, possono dare apprezzabili risultati anche nella disintossicazione da tabagismo. Il programma è vasto: i convenuti, infatti, allargheranno il loro esame a tutti gli organi più vitali del corpo umano e parleranno dell'azione che il fumo di tabacco ha sulla vista, sul sistema nervoso, sull'apparato digerente e circolatorio, ina soprattutto sul polmone. Gli effetti che il tabacco ha sui polmoni è forse l'argomento che interessa maggiormente il pubblico. Che sotto l'azione del fumo la vista si indebolisca e sì irritino le vie respiratorie, è una conseguenza che i fumatori hanno scontato da tempo. Si atterriscono invece al pensiero che le sigarette possano provocare quel cancro del polmone di cui si discute con tanta frequenza da qualche tempo. Sul cancro del polmone e sulle sue probabili origini, molti studiosi hanno già detto la loro autorevole parola. Dopo quelle parole, però, si può dire che siamo al punto di prima: infatti, mentre alcuni indicano senza esitazione il fumo di tabacco come la causa principale nella formazione del tumore polmonare, altri invece l'escludono con la stessa sicurezza. Nell'incertezza il fumatore, anche per pigrizia, continua nella sottile voluttà del fumo. Anche alcuni dei molti medici convenuti al Symposium e giunti a Montecatini già questa sera, pur essendo d'accordo nell'affermare che, in linea generale, il fumo fa male, fumano però tranquillamente persino le tanto deprecate sigarette americane che, si dice, fra le nocive sono le nocìvissime. Anche su questo punto, però, dicevano alcuni medici, non bisogna generalizzare nè esagerare. Il fumo incomincia a far male quando si consumano le venti o trenta sigarette al giorno. Se non si supera il limite di dieci o quindici, si può stare tranquilli, il fumo non è più nocivo del caffè o del vino, se bevuti con misura. E non è mai venuto in mente a nessun medico di vietare qualche bicchiere di vino o tre chicchere di caffè al giorno. Il prof. Michele Micheli, noto per le sue applicazioni terapeutiche dell'aerosol, che domani tratterà appunto il tema < Tabacco e polmone >, ha palesato il suo scetticismo sulle categoriche affermazioni di alcuni noti studiosi, secondo i quali tuttt i mali polmonari derivano dall'uso del tabacco. < Non è nemmeno chiaramente dimostrato — ha detto — che il fumo compia un'azione dannosa nell'alveo respiratorio. Uno degli effetti più evidenti dell'inalazione del fumo consiste in un bronco-spasmo, cioè in una diminuzione dei finissimi bronchi. < E' questo bronco-spasmo che provoca spesso un affanno, un senso di oppressione al torace al fumatore inveterato e che talvolta viene interpretato come un disturbo cardiaco e che, in molti casi può condurre all'enfisema polmonare. Anche qui però non bisogna generalizzare. Si verificano casi di enfisemi polmonari anche in persone che non fumano; dare perciò totalmente la colpa al tabacco è per lo meno avventato. « Il polmone assorbe rapidissimamente, specie attraverso i capillari polmonari e i vasi linfatici, il fumo di tabacco che entra nell'organismo con una velocità paragonabile a quella che si potrebbe ottenere con una iniezione endo-arteriosa. Questo fatto induce molti medici alla convinzione che, appunto per quest'enorme possibilità di assorbire il fumo e i suoi elementi dannosi, il polmone sia l'organo che più risente dell'azione del tabacco >. Sulle cause che determinano l'insorgere del cancro del polmone, il prof. Micheli è stato estremamente cauto. In sostanza egli concorda con le opinioni già espresse dal prof. Dogliotti su queste colonne: non è da escludere che il fumo possa facilitare l'insorgenza del cancro del polmone, ma non si può nemmeno affermarlo con assoluta certezza. E' vero che i casi di cancro del polmone si riscontrano in alta percentuale tra i fumatori inveterati, ma è altrettanto vero che se ne riscontrano anche tra persone che non hanno mai fumato, persino tra bambini. < I danni provocati dal fumo sul polmone e sull'organismo devono essere valutati con estrema prudenza e obiettività — ha detto il prof. Micheli. — Le grandi città industriali, gli ambienti in cui si svolge la vita e il lavoro attuale degli uomini sono saturi di fumo, nebbie, polveri della più diversa natura. Dovrebbe vedere i polmoni di gente che non fuma In quali condizioni sono ridotti dalla continua inalazione di quest'atmosfera così grave di polvere e di nebbie.
Francesco Rosso
alessandro sbarbada
01 febbraio 2012 ore 17:13Restando sul parallelo con le sigarette di cui accennava Ghiselli, sarebbe bello fare un esperimento.
Vediamo cosa diceva la letteratura scientifica internazionale a proposito del rapporto tra vino e salute 100 anni fa, poi vediamo cosa diceva 60 anni fa, 30 anni fa, e cosa dice oggi.
Vediamo poi cosa diceva la letteratura scientifica internazionale a proposito del rapporto tra fumo di sigaretta e salute 100 anni fa, poi vediamo cosa diceva 60 anni fa, 30 anni fa, e cosa dice oggi.
A questo proposito vi suggerisco una utile, interessantissima lettura al seguente link
http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,page/id,0053_01_1954_0122_0005_15470419&s=46876e2057f05f7ef2d1797b559a438b
Avete letto? Vi ricordano niente queste discussioni?
Io penso che una analisi storica evidenzierebbe molte analogie tra l’evoluzione del pensiero scientifico sul fumo e quella sul vino: la direzione, con il passare dei decenni, è indubbiamente la medesima, solo che con il vino… siamo ancora indietro di almeno trent’anni.
E’ in questo senso, gentile Gasparino Marino, che sono d’accordo con lei quando scrive che nei miei interventi su vino e salute io sto facendo il passo più lungo della gamba.
Nel 2040 finalmente sapremo chi avrà avuto ragione.
andrea ghiselli
01 febbraio 2012 ore 15:31Sa qual è la differenza tra scienza e chiacchiere Gasparino? Che la scienza osserva imparziale le evidenze disponibili, al contrario delle chiacchiere. Se come dice lei, non ci sono prove sugli effetti salutistici del vino è perché gli effetti salutistici del vino non esistono. Per ora. Quando poi ci saranno prove degli effetti salutyistici del vino, allora esisterà un effetto salutistico del vino. Piacerebbe anche a me, in qualità di bevitore, trarne non solo piacere ma anche salute. Ma so che non è così. Bevo sapendo che un mio piccolo vizio potrebbe espormi a serie conseguenze. Ma come lo so io, è bene che lo sappiano tutti i consumatori che invece sono frastornati dalle continue balle che sentono. Darebbe ora di smetterla e di rendere più responsabile la popolazione, come si fa con le sigarette. Il fumatore sa che quel vizio può costargli caro ed è giusto che sia informato.
Gasparino Marino
01 febbraio 2012 ore 13:09Lo dico con rispetto, ma la mia sensazione, spero sbagliata è che la differenza tra Francesco Visioli e gli altri due che partecipano a questo dibattito è che il primo non fa il passo più lungo della gamba, si attiene ai dati della letteratura scientifica,anzi gli sarei grato se mi indicasse i links per ottenerla,sospende il giudizio sulle attività antiossidanti dei flavani...forse sì, forse no...vedremo. Invece gli altri due, utilizzando le scarse prove sugli effetti salutistici del vino, le enfatizzano per arrivare alle conclusioni desiderate; dei Dipak Das al contrario, per intenderci.
andrea ghiselli
31 gennaio 2012 ore 17:42Gasparino, faccia pace con se stesso. Da una parte le piacerebbe avere gli effetti antiossidanti di catechine e tannini per farci cosa se le specie reattive dell'ossigeno non sono importanti perché continuamente prodotte nei citocromi? Allora si decida: le specie reattive dell'ossigeno, pur sapendo che è lo scotto inevitabile da pagare alò metabolismo, sono responsabili di invecchiamento e patologie cardiovascolari e tumorali e quindi è bene evitarne la formazione il più possibile di tsali composti. Uno dei modi per farlo è non bere alcolici, oltre ad altre azioni quotidiane legate allo stile di vita. Se invece prende un "buon" e anche "sacro" bicchiere di vino per prendere antiossidanti sappia che sono più gli ossidanti
alessandro sbarbada
31 gennaio 2012 ore 16:49Francesco Visioli scrive: "non ci deve essere niente a favore o contro il consumo di vino responsabile e moderato".
Il guaio è che "responsabile" e "moderato" sono termini poco scientifici.
Mi occupo di problemi alcolcorrelati da oltre 20 anni, e ho imparato sul campo che "bere responsabile e moderato" significa in sostanza "quello che ciascuno fa".
Infatti ciascuno pensa che il bere sbagliato, rischioso, problematico sia sempre... quello altrui.
Soprattutto non dipende, e non può dipendere, solo dalla quantità.
Ho visto donne incinte considerare responsabile e moderato il loro bere, malati di fegato, tossicodipendenti, malati psichici in cura con psicofarmaci, considerare responsabile e moderato il "buon" bicchiere di vino al pasto, bambini considerare responsabile e moderato il vino o lo spumante che gli versava papà, camionisti considerare responsabile e moderato il loro bere prima di mettersi al volante, chirurghi considerare responsabile e moderato il bicchiere bevuto prima di entrare in sala operatoria, capitani della nave considerare responsabile e moderato il vino bevuto prima di fare un "inchino"...
3 bicchieri a settimana (meno di mezzo bicchiere di vino al giorno) aumentano fino al 15 per cento il rischio ammalarsi di cancro al seno, una pari quantità aumenta del trenta per cento il rischio di recidiva in chi già il tumore al seno lo ha avuto.
Di quale moderazione stiamo parlando?
Lavoriamo ad una informazione corretta, per favorire scelte (di bere o di non bere) finalmente consapevoli.
Dipak Das non era il solo: lui lo hanno beccato, altri spero ne beccheranno, qualcuno non lo troveranno mai.
Ma io credo che nel 2012 la letteratura scientifica ci consenta di fare un salto di qualità, e prendere finalmente una posizione chiara rispetto ai rischi del consumo di vino, così come è stato fatto qualche decennio fa per il fumo di sigaretta.
Gasparino Marino
31 gennaio 2012 ore 16:01Si parla di resveratrolo, ma se ne approfitta subito per tirare in ballo l'alcol etilico e le sue proprietà "mefistofeliche". Adesso il vino, non solo non avrebbe alcuna proprietà antiossidante, ma addirittura sarebbe generatore di radicali liberi, nella forma di "specie reattive dell'ossigeno pericolosissime"! Bisogna aggiungere però che le forme parziali ridotte dell'ossigeno molecolare sono comunque presenti nei sistemi biologici, a prescindere dal vino. Cosa ci starebbero a fare nelle cellule i perossisomi, se non per sbarazzarsi di una di queste specie reattive, il perossido di idrogeno o acqua ossigenata? Nel ciclo di Krebs, l'ossigeno molecolare, come accettore finale di elettroni, diventa acqua in un sol colpo o passa attraverso le forme parziali e gradatamente più ridotte? In sostanza i radicali liberi, di cui fanno parte alcune delle specie reattive dell'ossigeno,sono prodotti da svariati metabolismi e anche dall'aria che respiriamo. A me risulta però una via metabolica di produzione dell'acetaldeide a partire dall'alcol etilico che neutralizza le specie reattive dell'ossigeno. Questa via è utilizzata in enologia per produrre acetaldeide e promuovere la formazione di complessi antociani-acetaldeide-tannini per la stabilizzazione del colore dei vini rossi. Naturalmente, come ha sottolineato Francesco Visioli, sono consapevole che reazioni biochimiche in provetta o in una vasca di fermentazione non possono essere trasferite tout court in un sistema biologico e mi stupisce che docenti universitari di chiara fama lo abbiano fatto.
Francesco Visioli
31 gennaio 2012 ore 15:36Credo ci sia un po' di confusione sul "dove" gli antiossidanti agiscono da antiossidanti. Dal punto di vista enologico (e anche nell'olio, negli insaccati, nelle carni lavorate) gli antiossidanti fungono da antiossidanti. Nel corpo umano non si sa, ma e' poco probabile. Una della ragioni e' - come dice il Prof. Ghiselli - che gli antiossidanti fenolici sono assorbiti in minima quantita' una volta ingeriti. I tannini sono antiossidanti a livello enologico, ma quando li beviamo vengono distrutti da intestino e fegato. Per quello si stanno cercando altri antiossidanti che possano arrivare alle cellule, dove gia' ne abbiamo in abbondanza (anche se la loro efficacia scema con l'eta'). Credo anche io che un ulteriore apporto sia positivo, ma non ci sono studi che lo dimostrino (tutti gli studi umani con antiossidanti sono stati dei fiaschi, anzi molti hanno suggerito effetti nocivi). Quindi: antiossidanti negli alimenti si', antiossidanti nel corpo umano forse.
Gasparino Marino
31 gennaio 2012 ore 15:01Beh, che i tannini abbiano un'attività antiossidante è, dal punto di vista enologico, un fatto del tutto accertato. Tant'è vero che vi sono delle tecniche di vinificazione, come l'estrazione differita degli antociani, che sfruttano proprio questa loro proprietà. Forse bisognerebbe mettersi d'accordo in che cosa consista l'attività antiossidante. Di certo l'attività del glutatione, il più potente antiossidante dei sistemi biologici, si esplica in maniera diversa da quella dell'acido ascorbico o dell'anidride solforosa che, purtroppo, anche per questa proprietà viene utilizzata in enologia. Le sostanze polifenoliche, in effetti, sono antiossidanti nel senso che si "sacrificherebbero" interponendosi tra i substrati biologici e i radicali liberi, cioè sono ossidati al posto dei substrati vitali. In vinificazione si comportano in questo modo, proteggendo gli antociani. Naturalmente la protezione degli antiossidanti biologici, non è del tutto efficiente, tant'è vero che la degradazione delle cellule, il loro invecchiamento si evolve nel tempo e, a partire dai trentanni in poi, si verificano nel corpo delle modificazioni che preparano e precedono la morte. Almeno così scriveva il Chiarugi in uno dei più famosi trattati di anatomia umana normale circolati in Italia; ma avete dubbi in proposito? Ecco perché anch'io credo che un ulteriore apporto di antiossidanti sia positivo.
Francesco Visioli
31 gennaio 2012 ore 11:24Vedo che la discussione prende piede e mi fa molto piacere chiarire ulteriormente alcuni punti. NON ci deve essere nessuna campagna a favore o contro il vino. Semplicemente cerchiamo di vedere le cose come stanno, con giudizio neutro.
Il resveratrolo, le catechine ecc NON hanno attivita' antiossidante dimostrata ad oggi 31/12/2012 (lo pensavamo 10 anni fa, ma la ricerca ha fatto progressi). Ce l'hanno in una provetta, ma - una volta ingerite queste sostanze - l'attivita' antiossidante e' ancora da dimostrare. Svolgono altre attivita', ma quella antiossidante e' veramente minore. Aggiungo: e anche se ce l'avessero? Non ci sono ad oggi studi clinici che dimostrino che gli antiossidanti facciano bene (credo che lo facciano, ma e' una mia credenza non ancora sostenuta da dati scientifici). Le nostre cellule contengono antiossidanti in grandi quantita': sperare di aggiungerne altri efficaci bevendo un bicchiere di vino e' illusorio.
Ripeto, non ci deve essere niente a favore o contro il consumo di vino responsabile e moderato. Studiamo bene la letteratura e sospendiamo il giudizio finche' non ne sapremo di piu'.
Francesco Visioli
andrea ghiselli
30 gennaio 2012 ore 15:59Gasparino, per la verità è dubitabilissimo, come ha ben detto Visioli il resveratrolo è contenuno nel vino in quantità di micropuzze, queste micropuzze vengono distrutte appena si avvicinano alle cellule intestinali e nell'organismo non gira una molecola di resveratrolo che sia una. Non solo il vino rosso NON esercita una notevole attività antiossidante, ma nemmeno blanda. E' invece noto che durante il metabolismo dell'alcol (e il vino ne contiene 10 grammi su cento) si generano pericolosissime specie reattive dell'ossigeno, dall'anione superossido all'acqua ossigenata che mettono in serio pericolo la cellula epatica e le varie cellule deputate al metabolismo.
Andrea Ghiselli
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Gasparino Marino
30 gennaio 2012 ore 15:44Si è scatenata in questi ultimi anni una campagna anti-vino, perché si è voluto riporre in questa bevanda troppe aspettative. Non basta che il vino sia storia, tradizione, convivialità, depositario di simbolismi religiosi, per es. il primo miracolo di Gesù fu tramutare l'acqua in vino alle nozze di Cana e nel rito eucaristico il vino si transustanzia addirittura nel sangue del Dio fatto uomo, no non basta, il vino non può essere considerato semplicemente una sostanza edonistica, quasi come il fumo di sigaretta, ma deve possedere mirabolanti proprietà salutistiche che, tra parentesi, non è detto che non vi siano. In questa forsennata ricerca dell'effetto salutistico, può capitare anche che il Dipak Das di turno, falsifichi le sue ricerche i cui risultati non corrispondono a quelli desiderati da lui e dalle lobbies che rappresenta! Detto questo, forse è vero che il resveratrolo, questo cis e trans-triidrossistilbene, non possieda gli effetti terapeutici che gli sono stati attribuiti, è senz'altro vero che è una fitoalessina, cioè una sostanza che le piante producono per difendersi dagli agenti patogeni e traumatici esterni e che si trova in concentrazioni molto basse, ma è indubitabile che il resveratrolo insieme alle altre sostanze polifenoliche dei vini rossi come catechine, epicatechine, gallocatechine, epigallocatechine, proantocianidine oligomere e polimere, flavonoli, flavanonoli, flavoni, flavanoni, antociani ecc, che nel vino rosso non sono pochi, svolge una notevole attività antiossidante.
andrea ghiselli
29 gennaio 2012 ore 14:18Con Francesco Visioli ci conosciamo ormai da ormai da tanto e da sempre corre tra noi stima spero reciproca.
Finalmente un'intervista veramente ben fatta e ponderata.
Complimenti
Andrea Ghiselli
Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione
Enrico Finotti
28 gennaio 2012 ore 20:23Bravo Francesco!!!!
Enrico Finotti (INRAN)
alessandro sbarbada
28 gennaio 2012 ore 10:00Vi ringrazio e mi complimento con Teatro Naturale per avere avuto il coraggio di pubblicare questo articolo esemplare, una tra le rarissime mosche bianche in un panorama di manipolazione diffusa dell'informazione scientifica a proposito di vino e salute.
Io e il dottor Enrico Baraldi, in tempi non sospetti (ben prima che Dipak Das venisse beccato) abbiamo pubblicato questi stessi concetti, nel nostro "Vino e bufale" prima e nel recentissimo "La casta del vino" poi, denunciando anche quali persone e quali interessi stiano dietro a questa colossale panzana del vino rosso che protegge perchè contiene resveratrolo.
Per questo motivo, nel corso di presentazioni pubbliche dei nostri lavori siamo stati attaccati, ci siamo presi dei "proibizionisti" e dei "talebani" da gente che evidentemente non aveva letto i libri e soprattutto non aveva minimamente capito lo spirito con cui li abbiamo scritti: fornire un'informazione corretta su vino e salute, così da rendere le scelte sul bere o non bere più consapevoli, e quindi più libere.
Se interessa approfondire, si veda anche http://www.youtube.com/watch?v=BbxA8TmVptQ e http://www.youtube.com/watch?v=vdBx3S2m9nY&feature=related .
Alessandro Sbarbada
Gasparino Marino
24 aprile 2021 ore 14:30Ritorno a distanza di anni su questo interessante articolo per una precisazione: sembra che Andrea Ghiselli affermi implicitamente, ma non tanto, che l'etanolo si accumuli, come se fosse un metallo pesante.
Invece l'etanolo è una molecola altamente biodegradabile, tant'è vero che l'alcol deidrogenasi epatica lo converte in acetaldeide e poi in altri intermedi metabolici che vengono utilizzati in patways anabolici o escreti attraverso gli organi emuntori.
Dunque l'alcol etilico non si accumula, ma grandi quantità assunte nell'unità di tempo possono portare a gravi patologie del fegato o di altri organi corporei!
Detto questo, la diatriba tra chi sostiene che il vino fa bene o fa male, non potrà essere risolta, perché ognuno rimane nella propria convinzione.
Nell'articolo Visioli sostiene che nell'uva non dovrebbe esserci resveratrolo, perché è un indice di malattia viticola; vero, tecnicamente il resveratrolo è una fitoalessina, ma non per questo l'uva perde le sue caratteristiche tecnologiche che la rendono idonea alla vinificazione!