Mondo Enoico

Sempre più vicino il ripristino dei diritti di reimpianto

Il pressing su Bruxelles è ogni giorno più forte. Posizione comune dei rappresentanti delle Doc europee e anche il parlamento Ue dà una spallata

28 maggio 2011 | Ernesto Vania

Dopo la lettera inviata ad aprile da otto Ministri dell'agricoltura al Commissario Ue all’agricoltura per ribadire la contrarietà alla prevista soppressione dei diritti di impianto, il coro di chi vuole che questi strumenti non vengano abrogati si infittisce.

I diritti di impianto hanno sempre rappresentato nella regolamentazione comunitaria di settore lo strumento essenziale di controllo e gestione delle produzioni, contribuendo a mantenere gli equilibri tra domanda ed offerta e minimizzando crisi altrimenti ingestibili. La OCM vino del 2008 ha rivoluzionato il sistema di gestione dei vigneti, prevedendo la liberalizzazione degli impianti a fine 2015 e creando, di fatto, le premesse per una crescita indiscriminata delle produzioni, anche delle DOC.

Gli effetti potrebbero essere devastanti, con probabili aumenti delle superfici vitate che potrebbero arrivare, per citare alcuni esempi, da 61.000 ettari a 120.000 per la DOC Cotes-du-Rhone, da 60.000 ettari a 350.000 per la Rioja, da 17.000 ettari a 35.000 per il Chianti.

La denuncia è avvenuta dalla relazione di Riccardo Ricci Curbastro, Presidente di EFOW – Federazione Europea dei Vini di Origine nonché di Federdoc – Federazione italiana dei Consorzi di tutela dei vini a DO, che ha voluto ribadire le preoccupazioni e le richieste dei produttori europei di vino a DO nel corso di un convegno presso l'Accademia dei Georgofili. “Dover rinunciare ad un sistema sperimentato di gestione e controllo delle produzioni con il fine di una presunta maggiore competitività è pura illusione – ha sottolineato Ricci Curbastro – specie nel momento attuale di forte crisi dei Paesi terzi produttori che maggiormente applicano la liberalizzazione. Occorre ancora di più e meglio sensibilizzare il Parlamento europeo e convincere altri Paesi affinché decidano, nell’ambito del Consiglio, per la contrarietà alla liberalizzazione e spingano la Commissione per il ripristino dei diritti di impianto”.

Fernando Prieto Ruiz, Presidente della CECRV – Federazione Spagnola dei Consorzi di tutela dei vini e vice Presidente di EFOW, ha dichiarato: “Temiamo che la liberalizzazione totale dei diritti di impianto dal 2016 possa avere conseguenze drammatiche sul settore dei vini di qualità. Avremmo sovrapproduzioni anche nelle DO con conseguenti crolli dei prezzi, delocalizzazioni dei vigneti in zone più facili e depauperamento del territorio con relatvi problemi socio-economici, industrializzazione del prodotto e perdita della qualità; già l’abbassamento del valore patrimoniale dei vigneti è in atto”.

Pascal Ferat, membro di CNAOC – Confederazione Francese dei vini a Denominazione di Origine e Presidente del “Syndicat Général des Vignerons de la Champagne”, forte di un sistema collaudato di gestione dei vigneti e delle produzioni della Champagne basato sui diritti di impianto, ha precisato: “Mantenere il regime attuale dei diritti di impianto per tutti i vini è fondamentale. La sua applicazione alle sole AOC significherebbe consentire la crescita nelle zone delimitate o anche ai margini delle stesse e quindi in zone non vocate di altri vini mousseux, senza alcun controllo, e questo significherebbe mettere in pericolo l’immagine delle AOC ora fortemente riconoscibili in ambito internazionale”.

Anche il parlamento europeo, nel frattempo, si è mosso. Ne ha dato comunicazione il Ministro Romano: “Mi congratulo con i deputati della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo , ed in particolare con i parlamentari italiani, per l’invito rivolto alla Commissione europea perché riconsideri la decisione di sopprimere i diritti di impianto nel settore vitivinicolo. Si tratta di un voto importante del quale l’UE dovrà tener conto. La questione per noi e per altri Paesi di prima grandezza è strategica per la tutela e la valorizzazione di uno dei prodotti più nobili delle nostre agricolture ”.

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