Legislazione 25/11/2016

Le piccole-medie imprese esentate dalla dichiarazione nutrizionale in etichetta

Le piccole-medie imprese esentate dalla dichiarazione nutrizionale in etichetta

Una circolare del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero della salute chiarisce in quali casi, ai sensi del punto 19 dell'allegato V del regolamento Ue 1169/11, il produttore possa essere esentato dalla dichiarazione nutrizionale. Apparentemente quasi tutte le imprese artigiane rientrano nei paletti imposti ma così semplice non è


Tra pochi giorni diverrà obbligatorio inserire la dichiarazione nutrizionale sulle etichette dei prodotti alimentari preimballati, con le modalità che abbiamo di recente illustrato. Meglio tardi che mai, una circolare dei Ministeri dello Sviluppo Economico e della Salute ha provato a chiarire le esenzioni a favore delle imprese artigiane e PMI.

Il punto di partenza è l’Allegato V del regolamento UE 1169/11, “Alimenti ai quali non si applica l’obbligo della tabella nutrizionale“, che al punto 19 indica “gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale” (1).

La circolare ministeriale 16.11.16 qui allegata fornisce la seguente interpretazione della deroga in esame, che si applica alle sole micro-imprese (2), vale a dire quelle con “meno di 10 dipendenti e un fatturato (la quantità di denaro ricavato in un periodo specifico) o bilancio (un prospetto delle attività e delle passività di una società) annuo inferiore ai 2 milioni di euro“. Di conseguenza, “le piccole quantità di prodotti” esentate dall’obbligo di dichiarazione nutrizionale possono di fatto coincidere con l’intera produzione di tali imprese, a condizione che la vendita abbia luogo mediante:

– fornitura diretta ai consumatori, anche mediante spacci aziendali, mercati locali (es. Campagna Amica) e bancarelle, sagre “e ogni forma di somministrazione“, senza intermediazione di operatori diversi dal produttore, ovvero

– fornitura a strutture locali di vendita al dettaglio. Laddove,

– “il ‘livello locale’ viene a essere identificato nel territorio della Provincia ove insiste l’azienda e nel territorio delle Province contermini“, escludendo “il trasporto sulle lunghe distanze e quindi non può in alcun modo essere inteso come ambito nazionale“(3),

– la “vendita al dettaglio” va riferita sia a “l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale“(4), sia alle c.d. “collettività”, cioè “qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale“(5).

Ad abundantiam, viene precisato che gli alimenti di imprese artigiane sono esclusi dalla tabella nutrizionale obbligatoria, quand’anche non siano preimballati (una puntualizzazione non necessaria, atteso che il regolamento impone la dichiarazione nutrizionale sui soli prodotti preconfezionati, ndr).

Come interpretare la circolare? L’obiettivo del legislatore europeo è quello di contemperare l’interesse dei consumatori a ricevere informazioni sul ruolo degli alimenti nella dieta con quello delle PMI a sopravvivere alla già gravosa mole di oneri burocratici. Tenuto conto di ciò, si prova a decodificare il linguaggio ministeriale in termini operativi:

A) il criterio-guida per applicare la deroga è costituito dalle dimensioni dell’OSA, meno di 10 dipendenti (senza contare lavoratori stagionali, collaboratori esterni, partite IVA e voucher) e fatturato o bilancio inferiore a €2mio (6). L’esenzione può venire applicata anche a prodotti distribuiti per il tramite di centrali d’acquisto o piattaforme distributive, a condizione che

B) l’estensione territoriale della vendita al dettaglio dev’essere ragionevolmente contenuta. A livello convenzionale, l’Italia viene divisa in quattro aree geografiche e di mercato pressoché omogenee, le c.d. aree Nielsen (7):

– Area 1: Piemonte, Val d’Aosta, Liguria, Lombardia,

– Area 2: Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna,

– Area 3: Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Sardegna,

– Area 4: Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia.

Poiché oggi le PMI devono riferirsi ai canali della distribuzione moderna, il “livello locale” potrebbe venire ragionevolmente inteso coincidere, in linea di massima, con le suddette aree.

C) le micro-imprese come sopra definite dovrebbero venire altresì esentate dalla dichiarazione nutrizionale in relazione ad alimenti forniti direttamente ai consumatori tramite ecommerce e/o consegne e/o vendite a distanza. In una logica di sostenibilità improntata, tra l’altro, alla riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti (un furgoncino può risparmiare l’impiego di un centinaio di auto da parte di altrettante famiglie) e al servizio a favore di categorie di soggetti non in grado di provvedere autonomamente (come gli anziani, quota consistente della popolazione italiana).

FARE - Food and Agricolture Requirement

di Dario Dongo

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