Legislazione 25/08/2016

E' frode in commercio anche se non c'è illecito profitto

Storica sentenza della Corte di Cassazione che sancisce che il reato di frode in commercio si applica indipendentemente dal prezzo di vendita del bene: è sufficiente infatti vendere una cosa diversa da quella dichiarata, a prescindere dal costo


La mancanza di un illecito profitto non sgrava dal reato di frode in commercio.

E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 35387/2016.

Il caso contemplato dai supremi giudici ha riguardato la vendita di arance biologiche che in realtà erano coltivate secondo il metodo tradizionale. I commercianti, accusati di frode in commercio e condannati in via definitiva, si sono difesi asserendo che il prezzo di vendita delle arance, dichiarate falsamente biologiche, era lo stesso di arance convenzionali. Ovvero la mendace dichiarazione non aveva prodotto un illecito profitto.

In particolare, nel caso in questione, i commercianti acquistavano le arance da una ditta, procedendo poi al confezionamento in proprio. L'etichetta apposta indicava le arance come biologiche anche se non vi era traccia, nè sulla stessa etichetta nè sulla documentazione, della certificazione bio.

Dai controlli effettuati, anzi, si scopriva che l'impresa fornitrice indicava le arance come coltivate secondo l'agricoltura convenzionale.

Secondo i giudici il mancato illecito profitto, ovvero il fatto che le suddette arance fossero vendute a un prezzo pari a quelle convenzionali, non è una sgravante.

Perchè si contempli il reato di frode in commercio basta che si venda e consegni un bene diverso da quello dichiarato o pattuito, indipendentemente dal costo.

I giudici della terza sezione penale precisano quindi che il finto biologico integra il reato anche se al compratore è stata consegnata una merce che ha un costo di produzione pari o addirittura superiore rispetto a quella dichiarata, né conta che il cibo, come nel caso esaminato, abbia lo stesso valore nutritivo.

di R. T.