Legislazione
I superpoteri dell'Inps. Quando sono gli ispettori a decidere sui requisiti di coltivatore diretto
Torniamo sulla vicenda di Giorgio Tonti per comprenderne l'evoluzione in base agli accertamenti svolti. Un lavoratore dipendente può esercitare l'attività agricola in via prevalente?
04 aprile 2014 | Alberto Grimelli
La vicenda è stata già descritta nel dettaglio su Teatro Naturale: I familiari possono aiutare nella raccolta delle olive senza il rischio di multe esorbitanti?
Rispetto alla situazione descritta vi è stata un'evoluzione interessante, anche se non per Giorgio Tonti.
Gli ispettori dell'Inps hanno deciso che Giorgio Tonti, in quando svolge un'attività di operaio a tempo pieno e indeterminato, ancorchè a turni, non può essere considerato coltivatore diretto ma deve essere qualificato come capo nucleo “non attivo”, imputando però alla madre (parente entro il quarto grado) un'attività dipendente all'azienda sulla base della semplice dichiarazione della stessa che lo spaccio aziendale è “sempre aperto” e che lei vi abita sopra.
Insomma la madre presiederebbe al negozio aziendale di Giorgio Tonti, con carattere di abitualità sebbene, a quanto ci risulta, non vi sia affisso alcun orario di apertura né venga garantita dalla madre il presidio del punto vendita durante la giornata. Lei vive nell'appartamento sovrastante, dedicandosi, quando possibile e disponibile, alla vendita saltuaria di qualche bottiglia d'olio al consumatore di passaggio che suona.
Ancor più singolare la scelta di indicare Giorgio Tonti come coltivatore diretto non attivo sulla base della sua attività di operaio.
Gli ispettori Inps hanno verificato l'esistenza dei requisiti oggettivi previsti dalla legge: fabbisogno di lavoro dell'azienda agricola non inferiore a 104 giornate annue; capacità lavorativa del nucleo familiare CD non inferiore ad un terzo del fabbisogno di lavoro occorrente all'azienda.
Hanno però ritenuto, a mio avviso erroneamente, il non possesso dei requisiti soggettivi, ovvero che l'attività agricola sia svolta in modo prevalente per maggior impegno di lavoro e maggior reddito.
I soggetti, e cioè le persone, in capo alle quali è possibile considerare la sussistenza dei requisiti soggettivi, sono il titolare dell’azienda, il suo coniuge (che non è citato dalla legge, ma tacitamente ammesso per prassi consolidata), ed i suoi parenti ed affini entro il 4° grado del titolare medesimo (art. 3, comma 2, Legge 9/1963).
In base alle nostre verifiche gli accertamenti svolti dagli ispettori Inps sono stati effettuati in capo esclusivamente a Giorgio Tonti (tra l'altro senza alcuna indicazione sui redditi ma solo sul tempo lavoro), eliminando, anzi, con un atto d'imperio, il contributo della madre di Giorgio che, a tutti gli effetti, è parente entro il 4° grado del titolare.
Mi pare proprio che il risultato dell'accertamento e del verbale ispettivo sia un esercizio di equilibrismo. Da una parte si sgrava Giorgio Tonti dall'obbligo previdenziale, ma dall'altra si obbliga all'iscrizione la madre come dipendente dell'azienda.
Non solo gli ispettori non hanno tenuto sufficientemente conto del dettato normativo ma neanche dello spirito della norma, ovvero della differenza sostanziale esistente tra imprenditore agricolo professionale e coltivatore diretto. Queste due figure che, per diritti e doveri, sono spesso affini sono state tuttavia ancora tenute separate dal legislatore. Una ragione c'è e risiede nella famiglia.
Mentre l'imprenditore agricolo professionale deve possedere in sé i requisiti oggettivi e soggettivi, il coltivatore diretto li deve possedere all'interno del nucleo famigliare. Viene dunque riconosciuta dal legislatore l'esistenza della famiglia contadina, dove domina il mutuo soccorso, che è pilastro non solo sociale ma anche dell'attività d'impresa.
In bocca al lupo allora a Giorgio Tonti nella speranza che il ricorso, assolutamente fondato, venga positivamente accolto.
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