Legislazione

Etichette da rifare, anche per l'olio d'oliva. Di nuovo

L'origine del prodotto deve essere ben in evidenza. Non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale è tuttavia già stato firmato dal Ministro Romano. Vi anticipiamo alcune novità

04 giugno 2011 | Ernesto Vania

Avranno una dimensione maggiore e un posizionamento più centrale per l'indicazione di origine degli alimenti: sono queste le due principali novità contenute nel decreto ministeriale in materia di etichettatura d'origine degli alimenti, presentato dal ministro delle Politiche agricole,e che dovrebbe essere pubblicato a giorni sulla Gazzetta Ufficiale.

In particolare il decreto indica nel dettaglio le dimensioni dei caratteri (proporzionali al volume della confezione) e il posizionamento della dicitura (nello stesso campo visivo e in prossimità della denominazione di vendita). La missione del decreto, relativo ai prodotti per i quali è già prevista l'indicazione obbligatoria dell'origine in etichetta (olio d'oliva, carni bovine, milele, latte fresco, passata di pomodoro, carne di pollame solo per le importazioni da Paesi terzi) è di offrire al consumatore la possibilità di leggere immediatamente e senza difficoltà, la provenienza del prodotto; tutelare e valorizzare il lavoro dei produttori italiani e del made in Italy.

"Troppo spesso accade che i consumatori non riescano a leggere quanto riportato in etichetta a causa delle scritte troppo piccole. Con questo provvedimento vogliamo rendere ancora più leggibile e comprensibile quanto già previsto dalla legge. I prodotti interessati infatti sono tutti già sottoposti all'indicazione obbligatoria d'origine, però, purtroppo capita sempre più di frequente che le informazioni non arrivino al consumatore, perché nascoste da caratteri troppo piccoli e da posizionamenti strategicamente poco visibili. Per questo si è resa necessaria questa norma che stabilisce le dimensioni dei caratteri da utilizzare e il posizionamento delle informazioni per i consumatori". Così il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Saverio Romano.

Per il ministro ci saranno vantaggi anche per i produttori, "perchè l'italianità del prodotto rafforzerà il marchio". Il provvedimento, ha detto a tal proposito il ministro, verrà inoltre accompagnato da una campagna di promozione del made in Italy nei mercati più importanti per il nostro export agroalimentare.

Sulle possibili difficoltà in sede europea, il ministro ha affermato che "la chiarezza è una sfida non solo per l'Italia, ma per l'Europa intera". Anche se ci sono alcuni Paesi europei che non approvano questa logica, "perchè sono principalmente trasformatori". Per il ministro è necessario «convincere tutti i Paesi che la tracciabilità è indispensabile per competere sul mercato globale».

 

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massimo occhinegro

11 giugno 2011 ore 20:55

Sig. Galeone mi spiace dirlo ma siamo agli antipodi. Visto che lei farebbe parte del CEQ , vorra'dire che ci incontreremo a Roma ; non ho mai saputo di questo "appuntamento ad Aprile 2012, se ci fosse ben venga.Tuttavia , mi deve spiegare cosa significa da olive non italiane? Lei forse ritiene che dall'Italia si importino olive straniere? A parte che cio' e' pressocche' impossibile, ma lo sa che in questo caso l'olio sarebbe italiano?Secondo lei e' legittimo o non e' legittimo operare in TPA? Mi scusi, ma chi ha usato il termine " non correttezza operativa, similmente fraudolente", io o Lei? L' esempio che lei riporta dell' olio greco e' un'altra storia. Firse non immagina quanto "sounds Italian" c' e' nel mondo fatto da operatori di Paesi esteri. Secondo lei e' vietato , lo ripeto vendere olio, dichiarato UE, dall' Italia?

massimo occhinegro

11 giugno 2011 ore 20:27

Sig. Galeone mi spiace dirlo ma siamo agli antipodi. Visto che lei farebbe parte del CEQ , vorra'dire che ci incontreremo a Roma ; non ho mai saputo di questo "appuntamento ad Aprile 2012, se ci fosse ben venga.Tuttavia , mi deve spiegare cosa significa da olive non italiane? Lei forse ritiene che dall'Italia si importino olive straniere? A parte che cio' e' pressocche' impossibile, ma lo sa che in questo caso l'olio sarebbe italiano?Secondo lei e' legittimo o non e' legittimo operare in TPA? Mi scusi, ma chi ha usato il termine " non correttezza operativa, similmente fraudolente", io o Lei? L' esempio che lei riporta dell' olio greco e' un'altra storia. Firse non immagina quanto "sounds Italian" c' e' nel mondo fatto da operatori di Paesi esteri. Secondo lei e' vietato , lo ripeto vendere olio, dichiarato UE, dall' Italia?

massimo occhinegro

10 giugno 2011 ore 16:24

Gent.mo Sig. Galeone, leggo con estrema amarezza e rimango basito di fronte alle sue parole. Mi domando, molto onestamente di cosa si occupa nel settore oleario. Ho infatti l'impressione che lei non abbia una visione a 360° e che ragioni solo esclusivamente concentrando la sua attenzione sulla produzione italiana, senza considerare l'export dell'Italia ed il suo peso sul Prodotto Interno Lordo. Non so se ha letto l'articolo centrale di Teatro Naturale, se lo avesse letto probabilmente non le sarebbe sfuggito nè il titolo, ne' il contenuto. Lei sentenzia che i confezionatori (compresi quindi i noti marchi Bertolli, Carapelli, Sasso (in mano straniera) ma anche Monini, Farchioni ecc. operino nei mercati fraudolentemente. Ma dico, come si permette di asserire una cosa del genere? Almeno questa è la mia chiave di lettura. Se le aziende confezionatrici italiane vendono un prodotto, comunitario con la scritta Imported from Italy, significa essere banditi? Me lo dica, cortesemente. La TPA esiste, quando esiste, perchè non c'è prodotto italiano, l'ITALIA è importatore netto. Lo sa o fa finta di non saperlo? Se ho "dimenticato i "frantoiani" me ne scuso, ovviamente non era mio interesse tralasciare un'importante e fondamentale figura. Ma le ripeto se l'export fosse solo quello dei frantoiani o delle aziende agricole, l'Italia sarebbe l'ultima nazione sportatrice al mondo. L'Italia è regina dell'export del caffè ma non lo prodce, è maestra della torrefazione. L'Italia è altresì leader nell'export della pasta, ma molta materia prima arrivadal Canada e non dall'Italia. Se i frantoiani o le aziende agricole o anche i confezionatori meno conosciuti (che poi i confezionatori hanno il know how del blend)non avessero potuto contare sul successo dei grandi nomi , mi creda che oggi non esporterebbero quel poco che esportano. Rifletta su questo. I dati COI (che le invito a verificare) parlano chiaro: vado a memoria, la produzione mondiale è di 2,9 milioni di tonnellate mentre quella dell'Italia è quella (glielo ribadisco) di 216.000 tonnellate nll'ultima campagna. Solo ultimamente ci sono numeri più rispondenti al reale, semplicemente perchè gli aiuti alla produzione sono stati già decisi sulla base delle medie passate (molto alte). In questo modo, se il prezzo dell'olio è alto, l'olivicoltore raccoglie, se invece il prezzo è basso, all'olivicoltore non conviene raccogliere giacchè può contare su una piccola grossa che sia , rendita. Se si vuole affrontare un dibattito occorre considerare tutte le questioni in campo e non essere miopi. La mia impressione è che lei sia miope giacchè trascura la globalità delle questioni in gioco. Probabilmente , però lei si sarà lamentato per il fatto che grandi nomi del MADE IN ITALY siano finite in mano agli spagnoli e mi riferisco ovviamente a Sasso, Carapelli e Bertolli, dimenticando però che queste aziende , ovviamente non potevano vendere tutto olio italiano. Oggi vendono solo ed esclusivamente olio spagnolo, o per gli ottimi rapporti commerciali con la Tunisia anche il tunisino. Quindi signor Galeone, prima di parlare di "azione fraudolenta" starei molto attento. Prima comprenda come stanno le cose e poi parli. La ringrazio e la saluto.

massimo occhinegro

09 giugno 2011 ore 20:02

Carissimo Galeone, la valorizzazione del prodotto italiano 100% è essenziale. Finora il vero prodotto 100% italiano, indipendentemente da qualsivoglia requisito analitico-chimico è esistito e continua ad esistere, negli scaffali dela GDO. Il Patrimonio italiano dovrebbe essere rappresentato dalle DOP. Tuttavia, vuoi per le campagne promozionali ministeriali poco felici, fatte solo per farle, senza alcun criterio di marketing professionale, vuoi per l'alto prezzo, non sono molto vendute. In più occorre aggiungere che non dobbiamo pensare, e sarebbe un grave errore, ritenere che "tutto" l'olio italiano sia di qualità, ossia fatto da olive sane , dal fruttato buono e dalle caratteristiche nutrizionali eccellenti. Le posso assicurare che nel mondo essistono degli oli che sono altrettanto eccellenti , che hanno ad esempio alti livelli di polifenoli, ma che sono fatti in altri Paesi, tradizionali produttori e non. Certamente è importante, al fine della valorizzazione, puntare sui nostri punti di forza, ossia, ad esempio sulla peculiarità tutta italiana di poter contare su oltre 300 cultivar, oppure puntare sullo stretto legame al territorio: Ogni olio ha la sua storia antica e moderna, fatta dal sudore e dai sacrifici di chi coltiva gli oliveti; condizioni, queste, assolutamente necessarie ma non sufficienti. Il mettere in evidenza la provenienza sulle bottiglie, non scandalizzerà i consumatori i quali, come anche lei mi pare abbia compreso, continueranno a spendere per quel che guadagnano. Magari si accolleranno un 'ennesima rata di un prestito per comprare l'ultimo smartphone ma non aumenteranno di un solo centesimo il budget da loro destinato all'acquisto dei generi alimentari. Purtroppo manca l'educazione del consumatore, il grande sforzo che deve essere fatto è quello di portare avanti la conoscenza. Lei conosce le proprietà salutistiche dei tocoferoli, ma l'85% dei consumatori, e sono buono, ritiene che il pizzicore causato proprio da queste sostanze sia indice di acidità. Proprio l'acidità è stato l'errore madre, per certi versi. Inculcare nel consumatore che l'olio deve avere una bassa acidità altrimenti non è buono, è stato un madornale errore, che ha comportato l'introduzione da parte di persone , diciamo poco serie, del famoso olio deodorato. Oggi si è intervenuti per limitarne l'uso ed è una buona cosa. L'altra considerazione è legata alla scarsa produzione italiana rispetto ad un mercato mondiale dove, ancora oggi, ma non sappiamo per quanto ancora, l'Italia è leader. Ma attenzione, perchè è leader? Sicuramente non lo sarebbe anche se vendesse tutta la produzione italiana (non basta per i consumi interni, figuriamoci) ma perchè si compra l'olio da Spagna in primis, ma anche dalla Grecia ecc. Quindi il Made in Italy , tanto decantato quando si tirano le somme e si propagandano i numeri,(in primis UNAPROL e COLDIRETTI) sono del complesso, ossia dell'olio italiano e degli oli comprati in prevalenza dalla Spagna, tagliati in Italia con altri olii ad esempio della Grecia, e venduti nel mondo. Questa è la realtà. Pertanto, l'UNAPROL o la COLDIRETTI, associazioni, poco democratiche, a mio modesto parere, quando fa loro comodo, comunicano i numeri complessivi, mentre , quando a loro non fa comodo, parlano male dell'industria italiana. Ecco perchè è necessaria una ampia riflessione seria sul comparto che inquadri la questione sotto tutti i punti di vista, sostenendo assolutamente la fonte primaria dell'olio, ossia l'agricoltura, che troppo spesso ha campato degli aiuti comunitari e quindi ciò ha causato una scarsa se non assoluta mancanza di imprenditorialità, ma sostenendo anche i confezionatori che vendono nei diversi Paesi del mondo. Senza questo l'Italia dell'olio, intendendo in questo caso gli olivicoltori, crolleranno. Le altre aziende continueranno a comprare gli oli dalla Spagna o dalla Greca o dalla Tunisia, ecc. Sono poche le persone in Italia che tengono a cuore le sorti dell'agricoltura italiana, ma mi creda tra queste , secondo me, i primi a non tenerci sono le associazioni di categoria, diversamente sarebbero i primi ad aprire un dibattito serio con gli altri importanti interlocutori. Anche l'Assitol è completamente assente, mentre ad esempio la Federolio si è mossa e si sta muovendo nella giusta direzione del dialogo anche partecipando fattivamente ad esempio in seno al Consorzio di Garanzia dell'olio Extra Vergine di qualità.

massimo occhinegro

04 giugno 2011 ore 12:50

La spinta delle maggiori organizzazioni oleicole (UNAPROL in testa) ad introdurre prima ed a perfezionare , dopo, l'etichettatura origine non risolve i problemi. La produzione Italiana è stata , nella campagna 2010/2011 di 216.000 tonnellate di prodotto, mentre ne consumiamo 700.000 a livello nazionale. Il consumatore medio, sceglierà sempre il prodotto che costa meno, ossia il blend UE, anche se lo metti al posto della denominazione del prodotto stesso. Ossia al posto di Olio Extra Vergine di Oliva. Il prodotto Italiano 100% è una nicchia signori. Fatevene una ragione. Solo con l'unione di tutti si può cercare di aumentare quantità e qualità, ma non si possono fare miracoli. Questa è la realtà. Si vuole vendere di più prodotto Italiano? Andiamo per target di consumatori. E' impensabile proporre alla massa di persone un olio italiano che non solo non c'è ma costa molto ed i redditi medi non be consentono l'acquisto. E' la stessa diferrenza che c'è tra il possedere un'utilitaria quando si vorrebbe invece possedere una mercedes. Solo che nell'olio l'usato non c'è.