Legislazione

L’UNIONE EUROPEA BACCHETTA L’ITALIA. IRREGOLARE L’OBBLIGO DELL’ORIGINE IN ETICHETTA

E' stata notificata al governo italiano una lettera di pre-infrazione per l’incompatibilità del decreto legge 157 con la normativa comunitaria. Viene così dissipato ogni dubbio ed incertezza per gli olivicoltori. La soddisfazione di Federalimentare.

04 dicembre 2004 | R. T.

In data 26 ottobre la Commissione della Direzione generale Agricoltura Cee ha notificato, alle autorità Italiane competenti, una lettera di pre-infrazione in cui evidenzia l'incompatibilita' di certe leggi con il diritto Comunitario.

Le indicazioni della Commissione sono rigorose, senza consentire spazi di manovra diversi da quelli prescritti.

Circa l'iter di formazione della legge, la Direzione Generale Agricoltura rileva che il disegno normativo doveva venire notificato alla Commissione nella sua fase progettuale, secondo quanto prescritto dalla direttiva 98/34/CE. Si tratta infatti di norme tecniche relative ai prodotti. Tali norme, in difetto di preventiva notifica alla Comunità, sono inopponibili a terzi. Vale a dire: le autorità non possono imporre l'applicazione di tali norme, e i giudici nazionali hanno obbligo di disapplicarle d'ufficio.
Nel merito, la Commissione chiarisce che la legge 3 agosto 2004, n. 204, contiene disposizioni in contraddizione con il diritto comunitario, e dovranno perciò venire modificate:

Indicazione obbligatoria dell'origine di tutti i prodotti alimentari: la norma è in contrasto sia con l'articolo 28 del Trattato che istituisce la Comunità Europea, sia con la direttiva 2000/13/CE (recepita in Italia con d.lgs. 181/03).

Inoltre, con specifico riferimento al settore degli oli d'oliva, la Commissione ribadisce che il regolamento (CE) n. 1019/02 prevede l'indicazione facoltativa – e non obbligatoria – dell'origine degli oli vergini. L'articolo 1-bis deve pertanto venire abrogato.

Vitello, definizione: poiché non sono definiti, a livello comunitario, i criteri armonizzati cui un animale deve rispondere per essere commercializzato come “vitello”, la norma italiana può venire applicata esclusivamente alla produzione nazionale. A pena di violazione dell'articolo 28 del Trattato. La disposizione deve quindi venire corretta, mediante introduzione di una clausola espressa di mutuo riconoscimento. In base a tale clausola, gli animali e i prodotti da questi derivati, che provengano da altri Paesi membri, dovranno poter essere venduti come “vitelli” - anche in Italia - quando soddisfino i criteri per tale categoria stabiliti nei Paesi di origine.

Latte fresco pastorizzato, data di scadenza: la legge 204/04 riprende norme già presenti nell'ordinamento nazionale (da ultimo, nel decreto interministeriale 24 luglio 2003), che fissano la data di scadenza del “latte fresco pastorizzato”, e del “latte fresco pastorizzato di alta qualità”, nei sei giorni successivi a quello in cui è avvenuto il trattamento termico. Tale norma può generare ostacoli ingiustificati agli scambi intercomunitari, e non può venire applicata al latte proveniente da altri Paesi membri. Dovrà perciò venire precisata la clausola di mutuo riconoscimento.

Passata di pomodoro, denominazione di vendita: la denominazione di passata di pomodoro viene riservata esclusivamente, dalla legge 204/04, al solo prodotto realizzato mediante spremitura di pomodoro fresco. E' così vietata la commercializzazione in Italia, con la denominazione “passata di pomodoro”, di prodotto realizzato mediante diluizione di concentrato. La Commissione non obietta al merito della norma, ma sottolinea ancora il principio del mutuo riconoscimento, che dovrà venire espressamente chiarito: i prodotti di altri Paesi membri, anche se realizzati a partire da concentrato, potranno utilizzare la denominazione di vendita “passata di pomodoro”, quando consentita nei rispettivi Paesi.

In conclusione, la Commissione, preso atto delle indicazioni offerte dal Ministero delle Attività Produttive e dell'intenzione manifestata dalle Autorità italiane di diffondere un comunicato che precisi il carattere non operativo della suddetta legge, evidenzia che la diffusione di un comunicato non è sufficiente a risolvere il problema dell'incompatibilità della legge italiana con il diritto comunitario.
Chiede quindi di procedere all'abrogazione dell'art. 1-bis, e all'introduzione di clausole esplicite di mutuo riconoscimento per gli altri prodotti oggetto di normazione specifica. Riservando, in difetto, di portare avanti la procedura d'infrazione.
Nel caso in cui la legge non verrà modificata secondo i dettami della Commissione - la Corte di Giustizia delle Comunità Europee potrà sospendere la sua efficacia con un provvedimento d'urgenza. E condannare la Repubblica italiana non soltanto alle spese del giudizio, ma anche al pagamento di una penale, commisurata al ritardo nell'adeguamento alle prescrizioni della Commissione.

Fonte: Federalimentare, Flash News

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