L'arca olearia

Made in Italy: piace alla politica, meno al mercato internazionale

Dopo le perdite del 2009, il comparto rialza la testa ma dice stop alla burocrazia. Male, però, alcuni oli premium tra cui il biologico (-65%) e il 100% italiano (-14,5%). Bene le Dop/Igp

12 giugno 2010 | Duccio Morozzo della Rocca

Non si può morire di burocrazia. Questa è stata la voce che si è alzata forte ieri a Roma durate il consueto convegno annuale sul monitoraggio degli oli di oliva e di sansa organizzato da Assitol.
Ci aveva già pensato la crisi economica mondiale a complicare le cose influenzando gli acquisti dei consumatori a vantaggio dei prodotti a prezzi più bassi. Ma l’Italia, si sa, ha il vizio di volersi sempre distinguere: l’autopunizione è una specialità tutta italiana che gli altri paesi osservano con stupore senza capirne bene la motivazione. Come del resto spesso anche noi.
E i risultati del monitoraggio mostrano chiaramente come l’origine, il tanto sbandierato "Made in Italy", si sia rivelata una conquista ideale senza un vero risvolto economico: a distanza di quasi un anno dall'entrata in vigore del Regolamento 182 non è mai arrivato quel valore aggiunto auspicato dai promotori dell’iniziativa. Ma non basta. Con il decreto ministeriale del 10 novembre 2009, emanato nonostante l'immediata applicabilità del Regolamento UE, sono stati introdotti una serie di obblighi burocratici sui libri di carico e scarico e sulla trasmissione telematica dei dati, che hanno reso più onerosa l'attività delle imprese.
Tutto il contrario dei confezionatori spagnoli e di quelli dei nuovi paesi emergenti come Cile, Australia e Tunisia, che hanno visto crescere i volumi delle proprie esportazioni puntando su politiche di promozione e su prezzi concorrenziali, senza il peso della burocrazia e di "guerre" di filiera.
Cosa che viene dimostrata dai successi della Spagna che nei primi mesi del 2010 ha visto crescere il settore del confezionamento del 6%, con l'export in aumento del 18% rispetto allo scorso anno contro un nostro timido 0,3%.

Ma vediamo nel dettaglio i dati presentati da Assitol
Nel 2009 le vendite di olio confezionato dalle imprese associate sul mercato interno hanno registrato un calo del 10,6%. Dato influenzato negativamente dall’uscita di una azienda associata dal panel di quelle monitorate ma che comunque conferma i rilievi effettuati dagli altri enti: a diminuire non è solo l'olio d'oliva ma anche per l’extra vergine il 2009 si chiude in perdita.
Gli unici a registrare un segno positivo in ambito nazionale sono i cosiddetti prodotti di nicchia: gli oli biologici (che segnano +10 per cento) e l'olio '100% made in Italy' che insieme non arrivano però al 7% delle vendite complessive. Assitol evidenzia però come Dop, l'Igp, il biologico e il “tutto italiano” perdano quota all'interno della grande distribuzione organizzata –canale di vendita principale- per ben il -6%.
Sul mercato italiano l’extra vergine resta il segmento privilegiato, soprattutto se convenzionale, scelto nel 93,5% dei casi mentre DOP/IGP e biologico rappresentano rispettivamente lo 0,4% e lo 0,8% delle vendite complessive.
Anche per l’export le cose non sono andate bene e il 2009 si è rivelato un anno da dimenticare con un calo complessivo del 9% su tutte le varietà, soprattutto per l’olio di oliva che ha perso il 14% del suo mercato. Un dato particolarmente negativo soprattutto se si pensa all’importanza dell’export per le aziende italiane: oltre il 60% delle aziende monitorate esporta volumi decisamente maggiori rispetto a quelli commercializzati sul mercato interno.

2010: l’onda lunga della crisi continua a persistere
Nonostante i timidi segnali positivi è ancora presto per parlare di ripresa. Ad aprile, l’intero comparto (extra, oliva, sansa) ha visto un aumento del mercato nazionale dello 0,7% (+8,2 nella GDO). In particolare l’extra vergine convenzionale è cresciuto quasi del 7%. L’olio di oliva continua invece la sua discesa con un -18,9% come anche l’olio di sansa con -21%.
Per quanto riguarda l’export, il comparto guadagna uno 0,3%. Qui a perdere sono l’oliva (-8%), il biologico (-65%) e il 100% italiano (-14,5%). A guadagnare è invece il convenzionale (quasi il 9%) e le Dop/Igp.
Note positive che però si affievoliscono se si confrontano questi dati con quelli dell’inizio della campagna dell’anno precedente: -8,3 per il mercato interno e -9,3 per l’export.

Più che la crisi economica mondiale, a preoccupare gli associati Assitol sono gli ostacoli burocratici a cui vanno a sommarsi anche gli ultimi decreti italiani. La maggior parte delle aziende sembra infatti aver preso le giuste contromisure per salvaguardare il proprio business in questa difficile congiuntura economica e poche o nulle sono state le lamentele a riguardo. Certo è che lo spettro della delocalizzazione a causa principalmente della troppa burocrazia è dietro l’angolo.
Assitol ha dunque denunciato la progressiva perdita di competitività nei confronti di una concorrenza straniera sempre più determinata e strutturata: puntare sull'appeal del "Made in Italy", come mostrano i risultati del Monitoraggio, non si è rivelata una scelta vincente.

Una ulteriore riflessione è stata sollevata dal direttore generale Assitol Claudio Ranzani, a riguardo delle importazioni di olio negli Stati Uniti che, finora, avevano visto la netta preponderanza italiana. Nel periodo 2003-2009, secondo i dati di Bruxelles, l'import statunitense ha superato le 250mila tonnellate, grazie all'apporto non soltanto di Italia e Spagna, ma dei Paesi emergenti. Bene, la quota di mercato italiana che negli Usa nel 2003 era del 63% è scesa nel 2009 al 56%, mentre la Tunisia ha conquistato il 16%, con una crescita nel 2009 pari a 35mila tonnellate di prodotto esportato in America. Un vero e proprio boom, che sorprende ancor di più se si pensa che l'industria tunisina non può contare sulla rete di distribuzione e sui rapporti commerciali che soprattutto le aziende italiane hanno costruito in decenni di lavoro sul campo.

Infine, durate l’assemblea interna, è stato eletto come nuovo presidente di Assitol Mario Ambrosi che prenderà il posto di Leonardo Colavita.

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