L'arca olearia

Una foto del mondo dell'olio d'oliva italiano scattata dall'Istat

La struttura e la consistenza del settore, l'apporto e la potenzialità degli oli extra vergini di oliva a denominazione d'origine. Dati utili per comprendere la realtà produttiva del nostro Paese. L'analisi di Mario Adua

15 maggio 2010 | Mario Adua

Introduzione

Il presente lavoro analizza la realtà olivicola italiana con particolare attenzione all’evoluzione della filiera degli oli extravergini di oliva riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea (UE) con l’attribuzione della DOP (Denominazione di origine protetta) o della IGP (Indicazione geografica protetta).
Lo studio viene condotto sulla base dei dati statistici ufficiali rilevati e pubblicati dall’ISTAT (Istituto nazionale di statistica) nell’ambito delle seguenti indagini: Rilevazione delle coltivazioni, Indagine sulla struttura delle aziende agricole (SPA), Rilevazione sui prodotti agroalimentari di qualità DOP, IGP e STG, Commercio estero, Contabilità nazionale.
Vengono inoltre considerati i risultati delle indagini e delle elaborazioni svolte dal COI (Consiglio oleicolo internazionale), da ISMEA (Istituto per lo studio dei mercati agricoli) e da Qualivita (Fondazione Qualivita).
L’analisi dei dati, riferiti agli anni 2004-2009, consente di evidenziare sia la struttura e la consistenza complessiva del settore, sia l’apporto e la potenzialità degli oli extravergini di oliva DOP e IGP.

Lo scenario di riferimento

La struttura dell’olivicoltura italiana negli ultimi anni risulta alquanto stabile.
La superficie, riferita al 2009, investita a olivo da olio è pari a 1,16 milioni di ettari; tale area comprende anche la superficie ancora non in produzione (perché recentemente impiantata) che è di appena 20 mila ettari. Anche la produzione, sia raccolta sia totale, dopo il picco del 2004, risulta pur nella variabilità degli attacchi patogeni e nell’alternanza produttiva delle diverse aree, alquanto stabile e pari, nel 2009, a 3,7 milioni di tonnellate, di cui appena 100 mila non raccolte.
Le olive da olio rappresentano mediamente il 98% della produzione complessiva dell’olivo, e conseguono una resa di trasformazione in olio di pressione appena inferiore al 18%.
Come quella delle olive, anche la produzione di olio relativa al periodo 2005-2008 è stabile e pari per il 2008 a 0,61 milioni di tonnellate. Va ricordato che l’olio italiano rappresenta circa un quarto (esattamente il 23,5%) di quello mondiale prodotto nel 2008 secondo i dati del COI.
L’analisi territoriale dei dati relativi al 2008 è molto interessante; si evidenzia infatti una forte concentrazione della superficie olivicola nel Mezzogiorno (78,8% del totale nazionale) a fronte di una discreta presenza nel Centro (18,8%) e di talune nicchie olivicole nel Nord (2,4%).
Nel Mezzogiorno le principali regioni olivicole sono Puglia, Calabria e Sicilia, rispettivamente con 377, 192 e 159 mila ettari investiti a olivo; nel Centro primeggiano Toscana e Lazio, rispettivamente con 97 e 88 mila ettari. Nel Nord l’unica presenza consistente riguarda la Liguria con 17 mila ettari.
Per il 2008 è la Calabria che realizza sia la più elevata produzione media (5,5 tonnellate per ettaro) sia la più consistente resa in olio (19,3%).
L’indagine sulla struttura delle aziende agricole (SPA) che riguarda oltre 53 mila aziende, è la principale rilevazione agricola svolta in modo uniforme in tutti i Paesi dell’Unione Europea; si tratta di una rilevazione campionaria svolta per intervista diretta che da risultati a livello regionale. Talvolta i risultati regionali divergono parzialmente da quelli conseguiti dalla Rilevazione sulle coltivazioni che è una indagine estimativa molto dettagliata che fornisce dati a livello provinciale.
La SPA consente di analizzare la numerosità e le caratteristiche sia delle aziende sia dei loro conduttori e capi azienda.
L’ultima edizione della SPA è relativa al 2007 e determina ben 853 mila aziende olivicole di cui il 75,8% è localizzato nel Mezzogiorno, il 63,3% si trova in collina e il 14,8% in montagna.
La superficie olivicola rappresenta circa un quinto (18,7%) della SAT e un quarto (24,1%) della SAU. Un terzo dei conduttori è formato da donne (33,7%). I conduttori presentano un’età media elevata; infatti ben il 45,7% di essi ha almeno 65 anni mentre solo il 5,9% ha meno di 40 anni. Relativamente al titolo di studio, i capi azienda con licenza media o elementare costituiscono il 71,7% del totale.

Il commercio estero

L’Italia è contemporaneamente un Paese sia esportatore sia importatore di prodotti olivicoli. La quantità delle olive, sia da tavola che da olio, interessate allo scambio con l’estero è alquanto limitata; il saldo commerciale permane negativo e pari, per il 2008, a 13,3 milioni di euro per le olive da tavola e a 1,5 milioni di euro per quelle da olio.
Il commercio estero dell’olio è più consistente. Nel 2008 si sono importate 517,3 mila tonnellate pari a un valore di 1,3 miliardi di euro a fronte di una esportazione di 336,21 mila tonnellate e 1,2 miliardi di euro.
Va però sottolineato che mediamente il prezzo dell’olio italiano, pari per il 2008 a 3,5 mila euro a tonnellata è superiore di ben 1,0 mila euro rispetto a quello degli oli esteri importati. Tale dato la dice lunga sul differente valore qualitativo, e di conseguenza commerciale, dell’olio nostrano rispetto a quello estero.

Il valore dei prodotti olivicoli

La contabilità nazionale determina, per il 2008, in 1,77 miliardi di euro il valore dell’olio prodotto e contabilizzato nella branca agricoltura che insieme al valore delle olive in complesso (comprese le sanse), pari a 0,23 miliardi, da un valore corrente complessivo ai prezzi di base pari a 2,0 miliardi di euro.
Il valore dell’olio, prodotto nel 2008, risulta in aumento rispetto al 2007; ciò si deve all’incremento della quantità che ha compensato il calo del valore unitario.
Il dato più significativo è comunque il calo, persistente e continuo nel periodo 2004-2008 del valore unitario dell’olio sceso da 3,63 a 3,16 mila euro per tonnellata, con una contrazione di 470 euro per tonnellata (-13,05%).
La quantità complessiva di olive intere (che comprende olive da olio oleificate nell’industria, olive da tavola e sanse inviate all’industria olearia) è in calo da 0,48 a 0,32 milioni di tonnellate negli anni 2004-2008; viceversa il valore unitario è aumentato, da 0,52 a 0,72 mila euro per tonnellata, consentendo al valore totale di risultare pressoché costante.
In conclusione il valore dei prodotti dell’olivicoltura registrata per il 2008 è in aumento sul 2007 (+5,26%) ma in calo sul 2004 (-30,07%).

Gli oli extravergini di qualità

Gli oli riconosciuti e tutelati dall’UE sono attualmente 38, di cui 37 DOP e 1 (Olio Toscano) IGP. Si tratta di prodotti tutti attivi per i quali vengono effettuati i controlli sulla coltivazione e certificata la produzione di olive e la trasformazione di olio extravergine.
Risultano in attività anche altre 5 DOP che operano, sempre in base alla legislazione vigente, in protezione temporanea nell’attesa di ricevere il riconoscimento europeo.
Altri 10 oli, non ancora in attività come DOP, sono in corso di riconoscimento.
Si tratta complessivamente di 53 prodotti a cui vanno aggiunti altri 38 oli compresi nell’elenco dei prodotti tradizionali garantiti; tale elenco compilato dalle Regioni e approvato dal Mi.P.A.A.F. (Ministero delle politiche agricole, alimenti e forestali), costituisce spesso l’anticamera per il successivo passaggio a DOP e IGP.
Complessivamente l’Italia dispone di 91 oli extravergini di grande e riconosciuta qualità che costituiscono un rilevante patrimonio colturale e culturale di grande valore sia economico sia sociale.
Va sottolineato che tali prodotti sono il frutto di un secolare legame esistente fra il lavoro, le tradizioni e la storia dell’uomo e l’evoluzione del paesaggio agrario in determinati territori ove l’olivo rappresenta una vera e propria pianta di civiltà che ha consentito il mantenimento e lo sviluppo della popolazione in molteplici areali.
L’olio extravergine italiano, rappresenta anche un formidabile volano del “made in Italy” sia nelle esportazioni agroalimentari sia nel circuito culturale, turistico e enogastronomico nazionale.

La filiera degli oli DOP e IGP

La specifica rilevazione censuaria e annuale, svolta dall’ISTAT in collaborazione con il MiPAAF sui prodotti agroalimentari di qualità DOP, IGP e STG consente di evidenziare la struttura produttiva e l’evoluzione del comparto degli oli extravergini.
Nel 2004 (prima edizione della rilevazione ISTAT) 29 oli attivi (su 35 riconosciuti dall’UE) risultano il frutto congiunto di 20,9 mila agricoltori, che coltivano l’olivo su 86,9 mila ettari, e di 1,8 mila trasformatori, fra molitori e/o imbottigliatori..
In seguito a un riordino avvenuto nella certificazione dello specifico olio Umbria nel corso del 2005, per un più corretto confronto con gli anni successivi, appare più conveniente utilizzare i dati 2005-2008.
Nel 2005 il comparto comprende 17,4 mila agricoltori, con 78,1 mila ettari investiti a olivo da olio e 1,6 mila trasformatori. Nel 2008 gli olivicoltori salgono a 18,2 mila (+0,8 mila produttori, pari a +4,7%), la superficie olivicola raggiunge gli 88,8 mila ettari (+10,7 mila ettari, pari a +13,8%) mentre i trasformatori permangono stabili e pari a 1,6 mila unità e dispongono di 2,4 mila impianti di trasformazione.
La distribuzione territoriale degli operatori della filiera degli oli DOP e IGP risulta molto diversa da quella relativa all’olivicoltura italiana nel suo complesso.. Infatti, per gli oli di qualità, la maggior parte delle aziende agricole olivicole (11,1 mila aziende, pari al 61,2% del totale), della superficie interessata (56,3 mila ettari, pari al 63,4%) e dei trasformatori (0,7 mila, pari al 42,2%) sono concentrati in Toscana.
Va sottolineato che in Toscana sono attivi ben 3 oli, 2 DOP (Terre di Siena e Chianti classico) e un IGP (Toscano); in particolare l’olio Toscano costituisce il “gigante” del settore con circa 11 mila olivicoltori, 52 mila ettari e 0,5 mila trasformatori.
Sempre nel confronto fra le diverse ripartizioni territoriali, sorprendentemente il Mezzogiorno pesa poco più del Nord, con un numero di aziende pari, rispettivamente, a 2,7 e 2,2 mila unità; la superficie delle regioni meridionali (19,8 mila ettari) è meno di un terzo di quella delle regioni del Centro.
Rispetto alla zona altimetrica, la maggior concentrazione della filiera si riscontra nelle aree collinari ove è concentrato ben l’81,7% degli olivicoltori; il 79,7% della superficie, l’80,1 dei trasformatori e il 77,1% degli impianti di trasformazione.
Considerando il genere dei conduttori delle aziende, le donne gestiscono il 32,4% delle unità, a fronte del 67,8% condotto dagli uomini.
Lo sviluppo considerevole della filiera viene confermato anche dal fatto che nel 2008 risultano attivi 38 oli su 38 riconosciuti, mentre nel 2005 erano solo 32 su 37.
Le rilevazioni e le elaborazioni svolte dall’ISMEA consentono di quantificare sia la produzione certificata sia il valore alla produzione e al consumo sul mercato nazionale.
Nel periodo 2004-2008 la produzione certificata è salita da 5,0 a 8,5 mila tonnellate (+3,5 mila tonnellate, pari a +69,2%); contemporaneamente il valore totale alla produzione si incrementa meno passando da 50,2 a 59,8 milioni di euro (+9,6 milioni di euro, pari a +19,1%). Tale andamento è la risultante del costante incremento della produzione olearia DOP e IGP e del contemporaneo calo del prezzo che scende da 9,96 a 7,01 mila euro per tonnellata (-2,95 euro per tonnellata, pari a -29,6%).
Diversamente dal valore alla produzione, il valore al consumo degli oli immessi sul mercato nazionale (per il quale l’ISMEA non dispone del quantitativo) risulta in significativo aumento, passando da 44,8 a 72,5 milioni di euro (+27,6 milioni di euro, pari a +61,7%).
Per il 2008, in base alle elaborazioni svolte sui dati censuari degli Organismi di controllo e sulle indicazioni dei Consorzi di tutela, l’ISMEA valuta che il 26,0% della produzione degli oli DOP e IGP, pari a 2.217,4 tonnellate, viene commercializzato sui mercati esteri conseguendo un fatturato all’export (riferito ai soli prodotti per cui dall’indagine è risultato disponibile l’export in valore) di 26,3 milioni di euro; pertanto, il prezzo medio unitario all’esportazione è pari a 11,86 mila euro per tonnellata.
Sommando il valore al consumo sul mercato nazionale (72,46 milioni di euro) con quello del fatturato all’export (26,3 milioni) si ottiene un valore complessivo che sfiora i 100 milioni di euro (esattamente 98,76 milioni).
Appare evidente come il valore unitario al consumo in complesso consegue un incremento del 65,2% rispetto a quello realizzato alla produzione; pertanto, il valore unitario alla produzione (sempre espresso in valore corrente ai prezzi di base e in migliaia di euro per tonnellata di oli DOP e IGP) pari a 7,01 mila euro sale a 11,58 mila euro.
Secondo la Fondazione Qualivita, il 65% degli oli risulta esportato in Paesi UE e il restante 35% in Paesi extra UE. Relativamente al mercato italiano, Qualivita attribuisce per le piccole produzioni di oli la prevalenza della vendita diretta; viceversa per le grandi produzioni prevale la vendita nella grande distribuzione, che assorbe ben l’80% dell’olio Toscano commercializzato.

Conclusione e previsione

Le strutture produttive dell’olivicoltura italiana appaiono alquanto stabili nel corso degli ultimi anni. L’invecchiamento degli olivicoltori desta preoccupazioni per il futuro del settore. Il basso tasso di capi azienda con diploma o laurea non facilita l’evoluzione delle aziende.
La forte concentrazione collinare degli impianti costituisce una caratteristica determinante del paesaggio agrario.
Le condizioni ambientali influenzano sia lo sviluppo dei patogeni sia la quantità e la qualità della produzione.
I costi dei mezzi di produzione e della manodopera incidono sul valore alla produzione e al consumo.
Gli oli extravergine DOP e IGP rappresentano una piccola nicchia nel complesso dell’olivicoltura italiana.
Le produzioni DOP IGP presentano buone possibilità di sviluppo e conseguono prezzi alla produzione e al consumo considerevolmente più elevati degli oli non riconosciuti e tutelati dall’UE.
Gli oli di qualità costituiscono un formidabile volano del “made in Italy” sia nel commercio internazionale sia nell’ambito del circuito turistico e enogastronomico nazionale. In conclusione le produzioni DOP e IGP rappresentano, anche in periodo di congiuntura economica, la migliore opportunità per la ripresa del settore agroalimentare.

Bibliografia

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Adua M. – L’evoluzione dei prodotti agroalimentari di qualità DOP, IGP e STG dal 2004 al 2009. Conferenza-evento, 21° Salone Internazionale del Naturale (Sana 2009, Bologna). Istat 12/09/2009, 18 pp.

Adua M. – Olive da tavola in Italia: strutture produttive, valore e qualità. Convegno “Alla scoperta delle olive da tavola: tipi di olive e preparazioni commerciali, tecnologie, produzioni, usi e costumi”. 4° Salone “Olio capitale”. Trieste, 6 marzo 2010, 9 pp.

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