L'arca olearia

Origine obbligatoria olio d’oliva: cresce l’attesa per il decreto applicativo

In vigore dal 1 luglio il regolamento 182/09, olivicoltori,. frantoiani e confezionatori aspettano di capire come verrà reso operativo in Italia. Il dibattito è ancora aperto e acceso. La promulgazione avverrà, di nuovo, alla vigilia della campagna olearia?

04 luglio 2009 | Alberto Grimelli, Duccio Morozzo della Rocca

Con l’entrata in vigore del Reg. Ce 182 termina l’estenuante discussione sull’origine dell’olio in etichetta, ma se ne avvia subito un’altra.
Come l’Italia darà attuazione al regolamento comunitario?

La domanda appare strana allo stesso responsabile del settore olio d’oliva a Bruxelles: Fabien Santini.
“L’origine obbligatoria – precisa Santini - è un regolamento non una direttiva europea”.
Questo significa che vale per tutti i Paesi comunitari dal 1 luglio così come è stato scritto, senza bisogno di alcuna aggiunta, modifica o nota integrativa.
La Comunità Europea, ha lasciato molta libertà per ciò che riguarda la comunicazione dell’origine. L’importante è che venga riportata in maniera chiara per il consumatore e soprattutto non sia ingannevole. Le nuove etichette ci diranno quindi se l’olio è Made in Italy, Made in EU oppure se è una miscela di oli europei ed extra europei.

Apparentemente semplice, solo che in Italia abbiamo avvertito la necessità, assolutamente non presente in altre Nazioni comunitarie, di dare operatività al regolamento con un decreto.
Tale decreto ministeriale doveva essere promulgato prima dell’entrata in vigore del 182/09, avvenuta qualche giorno fa, e invece si è ancora in attesa.

Essendo ormai entrato in vigore il 182/09, ovvio che olivicoltori, frantoiani e confezionatori siano in fibrillazione per capire a quali obblighi andranno soggetti, cosa dovrà essere indicato in etichetta, quali le procedure.

A fornire qualche anticipazione è Roberto Ciancio, funzionario dell’ICQ.
La prima apparente anomalia è che, secondo l’ICQ, fintanto che non verrà emanato il nuovo decreto resterà in vigore il DM 29/4/2004 che fa riferimento ad articoli del Reg. 1019/02 che sono stati profondamente modificati dal 182/09. Come si fa a rispettare articoli di legge che non esistono più?
Veniamo però alle possibili e presumibili novità.
Per le imprese confezionatrici sparisce il codice alfanumerico mentre diventa obbligatoria la registrazione al Sian (Sistema Informativo Agricolo Nazionale) per entrare a far parte della banca dati Agea.
Tra le altre novità scompaiono i riepiloghi semestrali sostituiti dal sistema informatico mentre i registri, che erano solo per i confezionatori, verranno resi obbligatori anche per i frantoi e per i commercianti di olio sfuso.
Restano esclusi da questi registri gli olivicoltori che utilizzano esclusivamente le proprie olive.

In attesa di capire come andrà a finire questa ennesima telenovela abbiamo interpellato alcuni attori della filiera a tutt’oggi impegnati al tavolo delle trattative del Ministero.

Unaprol, doverosamente interpellata, si è resa uccel di bosco.

Il silenzio da via Rocca di Papa è stato però rotto da Piero Gonnelli, presidente Aifo che ci ha ribadito come l’Associazione frantoiani oleari ha “caldeggiato” un decreto. “Occorre rifondare il mondo dell’olio e se per farlo servono tracciabilità, registri e controlli ben vengano ma devono essere per tutti. Non vogliamo ritrovarci, come è già accaduto in passato, con i frantoiani che diventiao il capro espiatorio su cui far pesare tutto il carico burocratico della macchina. Oggi vediamo il rischio si crei una brutta copia dei modelli F. Sarebbe inaccettabile. Tutti, dagli olivicoltori ai commercianti, devono fare la propria parte anche per avere la tanto sospirata trasparenza del mercato. Non è possibile che, ancora oggi, ciascun ente statistico offra i propri numeri sull’olio prodotto, confezionato e commercializzato in Italia. Sono ottimista, il Ministro Zaia è attivo e di solito mantiene le promesse. Mi auguro quindi che il decreto venga promulgato ben prima dell’inizio della campagna olearia.”

Secondo Assitol, invece, il decreto italiano rischia di aggiungere ulteriore burocrazia al sistema in un momento in cui si parla di semplificazione.
“La domanda che si pongono gli industriali – afferma il direttore Ranzani - è a cosa serve questo aggravio di costi dal momento in cui viene fatto un prodotto la cui etichettatura già riporta essere composto da oli comunitari e oli non comunitari. Dovendo già avere tutte le registrazioni contabili, fiscali e di tracciabilità come richiesto dalle leggi, gli industriali si trovano nelle condizioni di dover mettere in piedi un nuovo complesso sistema per dimostrare una cosa che non richiede di essere dimostrata.”
Un’ulteriore stoccata polemica viene lanciata a proposito del fascicolo Sian. Se si vuole aprire una posizione, due sole sono le soluzioni: la prima è quella di rivolgersi direttamente all’Agea di Roma, che non ha però sportelli sul territorio; la seconda è quella di rivolgersi ai Centri di assistenza agricola, i Caa, con i relativi costi.