L'arca olearia

Che brutta figura! L’Università di Siena affonda nell’olio

Una delusione terribile. Il gruppo di lavoro coordinato da Barbara Aquilani si avventura in malo modo sul tema della comunicazione dell’olio in Italia. Se ne ricava un libro mediocre, in cui, tra grossolane dimenticanze, si riferisce il nulla in 208 noiosissime pagine

17 gennaio 2009 | Luigi Caricato



Che brutta storia. Non è mai bello scrivere utilizzando toni duri e severi. Alle volte però diventa necessario farlo. Come in questo caso, quando si è di fronte a questioni delicate su cui non si può in alcun modo tacere.
La stupefacente mediocrità di una ricerca condotta da un gruppo di lavoro dell’Università di Siena è stata tale da farmi superare ogni indugio.

Uno spreco di intelligenze. E così, al fine di giungere alla realizzazione di un noiosissimo libro in cui è confluito lo “studio sulle attività di comunicazione e promozione realizzate nel settore olivicolo presso il sistema dei mass-media nazionali”, la coordinatrice del gruppo di lavoro, Barbara Aquilani, si è perfino avvalsa della collaborazione di Elisa Giomi, Marzia Casasanta, Agnese Peruzzi e Gaetano Torrisi. Uno spreco di intelligenze per produrre un mattone di 208 pagine in cui, di fatto, viene riportato il nulla, o comunque, quando va bene, il già conosciuto, tralasciando invece i veri contenuti di cui si avrebbe tanta necessità. E tralasciando anche chi, in tutti questi anni, ha per davvero fatto la comunicazione dell’olio in Italia, a partire dallo stesso settimanale “Teatro Naturale”, e non solo: ci sono altre forme del comunicare (come per esempio i libri, le guide agli extra vergini di qualità, e altro ancora) che non sono state minimamente prese in considerazione.

Peccato, tanto danaro sprecato per trasmettere alla fine il nulla!
Io lo immagino molto bene, lo scorrere a fiumi di tanto danaro pubblico.
Si tratta di iniziative che nascono solo quando c’è una copertura economica alle spalle, senza che vi sia dunque una stringente necessità e una voglia di realizzare qualcosa di buono. Eppure, nel testo, non compare nessun accenno al più che probabile finanziamento ricevuto, che invece c’è stato. Eh sì, che c’è stato.

Troppe anomalie. A osservare il libro nella sua veste esterna, a parte la bella copertina, si può concludere che pur manifestandosi in una forma ben visibile (con carta lucida e grammatura piuttosto robusta, giacché non si bada a spese) il libro come tale non esiste. Non esistendo il colophon, il volume non è catalogabile.
Non c’è per esempio l’indicazione dell’editore, o comunque del committente dell’opera: si evince, è vero, ma non viene indicato.
Non c’è il doveroso riferimento a una tipografia, come pure non c’è una indicazione, che sia una, della data in cui il volume è stato stampato. Riferimenti, questi e altri, che invece la legge impone. E’ un libro che di certo ha solo un titolo - La comunicazione dell’olio in Italia - e nulla più. Insomma, è un qualcosa che si vede ma che non c’è. A parte i due simboli in quarta di copertina, minuscoli, dell’associazione delle Città dell’Olio e dell’Università di Siena. E il loro indirizzo? E il prezzo di copertina?

L’unico merito va all’autore della copertina, tutto il resto fa schifo: sì, schifo, perché è tutta aria fritta.
E’ un libro senza contenuti, seppure – intendiamoci – vi compaiano per 208 lunghe pagine parole su parole, tante vane parole, e poi schemi e tabelle, e note e grafici, e perfino documenti, tanti, in appendice.
Già solo da questi scarni elementi si comprende come tale pubblicazione costituisca di per sé un chiaro esempio di pessima comunicazione – a parte la copertina, s’intende.

Passiamo ai presunti contenuti. I contenuti? In realtà questi non esistono. Infatti, se qualcuno per pigrizia volesse evitare di leggere il libro non ci perderebbe nulla. E per chi volesse invece avere una vaga idea di cosa sia emerso a conclusione dell’indagine condotta dai magnifici cinque dell’Università di Siena, è sufficiente leggere il comunicato stampa diffuso dall’agenzia Freelance, sul finire di ottobre, riportando la cronaca di un convegno in cui si dava conto dello studio. Comunicato che noi abbiamo gentilmente riportato su TN: link esterno

La sintesi dell’indagine condotta dal gruppo di Barbara Aquilani (ch’è docente all’Università degli Studi di Siena, presso il Dipartimento di Scienze della Comunicazione) è la seguente: aumentano le attenzioni sul prodotto olio extra vergine di oliva, ma la qualità dell’informazione rimane ancora debole e piuttosto frammentaria. Ed esattamente, per utilizzare le parole della stessa Aquilani, si può dire che “la trattazione che si fa dell’olio è, oltre che quantitativamente scarsa, anche qualitativamente poco approfondita”.
Già, la scoperta dell’acqua calda. Si dice così, no?

Un’overdose di numeri e di informazioni generali. Sì, gli autori – se tali vogliamo chiamarli - ne fanno più una questione di numeri che non di sostanza. Per loro la comunicazione consiste solo nel riempire un vuoto, e non piuttosto nel fornire delle indicazioni utili al lettore. Nei quattro capitoli di cui si compone il libro, ci si limita solo a parlare di metodiche e di criteri di indagine, ma non si scava mai nel profondo di ciò che si va esaminando, ed è un vero peccato, perché a partire da una indagine come questa, si poteva fare un lavoro serio, fornendo degli utili apporti a chi ha veramente a cuore l’olio e tutto il sistema che vi ruota attorno. Peccato, è stata un’occasione persa. L’Università di Siena non fa una bella figura. Limitarsi a un’analisi strettamente quantitativa forse è un errore che nemmeno gli studenti, nelle loro tesi di laurea, commettono più.


TESTI CORRELATI (PUBBLICATI SUCCESSIVAMENTE)

La rettifica: "Polemica sul libro della comunicazione dell'olio in Italia / 1. Il diritto di replica"
25 Aprile 2009 TN 16 Anno 7: link esterno

"Polemica sul libro della comunicazione dell'olio in Italia / 2. Le nostre ragioni"
25 Aprile 2009 TN 16 Anno 7: link esterno

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