L'arca olearia
Olio extravergine di oliva DOP e IGP: le tutele per il consumatore

Le azioni da intraprendere per garantire ancor di più il consumatore sulla qualità dell'olio extravergine di oliva DOP e IGP, oltre la certezza dell'origine
19 luglio 2024 | Alessandro Vujovic
Concludiano con questo articolo, dopo aver iniziato qui e aver continuato la settimana scorsa qui, la serie di articoli dedicata a un ragionamento sui disciplinari di produzione dell'olio extravergine di oliva italiani:
- Condivido il divieto di usare gli aggettivi come olio fine, scelto, selezionato, superiore, genuino.
- Vanno riportate raccomandazioni, dopo l’estrazione, sulla conservabilità dell’olio, preferibilmente in recipienti di acciaio inox, perfettamente puliti e senza tracce di detergenti, con un gas inerte nello spazio di testa (azoto o argon). Ma va specificato anche l’intervallo di temperatura del locale in cui sono ubicati i recipienti, quindi ambienti freschi e al riparo dalla luce, con una temperatura compresa fra 12 e 18°C (ad es. “IGP Marche” riporta una temperatura compresi tra 10°C e 18°C). In prevalenza molti disciplinari riportano una temperatura di stoccaggio tra i 12° C ed i 20° C importante anche il suggerimento “lontano da fonti di calore e da prodotti che emanano particolari odori” (ad es. “Laghi Lombardi DOP”). La temperatura di conservazione non deve superare i 18° C e non deve scendere al di sotto di 10° C (come riportato dal disciplinare “Vulture DOP”).
- Prima del confezionamento vanno eliminati eventuali residui di lavorazione, si consiglia il filtraggio in linea, piuttosto che la decantazione ed il travaso per evitare il contatto con l’aria e la non eliminazione dell’acqua “libera”, substrato per la crescita batterica durante la conservazione.
- Alcuni disciplinari (“Sabina DOP”, “Vulture DOP”) riportano che il prodotto può essere confezionato anche in bustine monodose recanti alcune indicazioni come: la denominazione protetta, il lotto, la campagna di produzione ed una numerazione progressiva attribuita dall'Organismo di controllo.
- Può essere anche utile dare consigli sull’abbinamento a cibi, ad esempio un olio DOP leggero e delicato, potrebbe essere suggerito come condimento di piatti a base di pesce, di antipasti o come ingrediente per le preparazioni in pasticceria (come ad es. nella DOP dei “Laghi Lombardi”).
- Non condivido di riportare come elemento di tipicità di un olio certificato, la presenza di alcune molecole dell’aroma come la trans-2-esenale, la cis-3-esenale, il cis-3-esenolo, responsabile del fruttato di oliva verde, della nota di mandorla e carciofo, del sentore di pomodoro acerbo e di quello di foglia, poiché sono presenti in molti oli extravergini di qualità. (ad es. Olio Campania IGP)
- È interessante che alcuni disciplinari riportano nella “reputazione” la citazione dei concorsi ai quali, gli oli certificati hanno vinto riconoscimenti dai Panel delle commissioni giudicatrici.
- Mentre molti disciplinari autorizzano l’immissione al consumo, l’olio contenuto in recipienti fino a un massimo di 5 litri, condivido che l'olio sia immesso al consumo anche in bottiglie di capacità non superiore ad un litro con l'esclusione di contenitori di resina e plastica (come riportato da “Tergeste DOP”).
- Visto che l'olio certificato, deve essere confezionato e commercializzato in recipienti -a norma di legge-, amplierei la possibilità di utilizzare, come recipienti, anche i contenitori Bag in Box, in quanto questi hanno attirato un interesse crescente, come efficaci alternative al vetro, a causa del loro minore impatto ambientale, della loro leggerezza, della praticità, della facilità di apertura e di uso, della infrangibilità e della versatilità progettuale.
L’Italia possiede il più vasto patrimonio varietale olivicolo del mondo, avendo registrato ben oltre 538 cultivar autoctone.
Questa straordinaria biodiversità, assieme all’eterogeneità delle aree olivicole vocate e alle peculiari competenze che contraddistinguono i territori, sono rappresentate e valorizzate dagli oli con una certificazione di origine, le DOP o le IGP.
Il nostro Paese vanta oggi ben 50 oli certificati: si tratta di un primato assoluto, con 24 Consorzi di Tutela che coordinano il lavoro e di oltre 23.500 operatori impiegati nel settore. È un primato non solo in termini numerici, ma anche in termini di tipicità e di riconoscibilità, che sono un elemento unico per il posizionamento di tutto il settore olivicolo italiano all’estero.
Difatti il comparto degli oli certificati dà espressione al grande patrimonio varietale e territoriale dell’Italia e, con la sua attitudine all’export, rappresentando nel mondo il meglio della produzione olivicola italiana, in termini di qualità e di distintività.
Tuttavia solo il 5% della produzione olivicola nazionale può dichiararsi realmente italiana, in quanto proviene da un areale di produzione DOP IGP, come unica certezza di garanzia d’origine.
Purtroppo però la maggior parte dei consumatori percepisce l’olio EVO come un prodotto sostanzialmente uguale e indifferenziato. Il consumatore medio, quindi, tende ad acquistarlo, basandosi spesso sul prezzo più basso; prezzo che, a sua volta, viene fissato dalle lobby che detengono quantità e le leve di mercato e che non hanno niente a che vedere con chi crea davvero l’olio EVO DOP IGP negli oliveti e nei frantoi.
Ecco perché serve una trasformazione culturale che, garantendo la certezza della loro provenienza dalla zona di denominazione, raccontando il paesaggio, la storia del territorio, il lavoro che c’è dietro e la sua tipicità, a ogni singolo litro di quest’unico prodotto, permetta la valorizzazione della grande offerta del comparto olivicolo-oleario italiano certificato e ne garantisca la giusta remunerazione ai produttori.
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