L'arca olearia
Una guida ragionata ai disciplinari di produzione dell'olio extravergine di oliva DOP e IGP
Dalle pratiche agronomiche fino alle buone prassi di raccolta e oltre. E' il caso di rendere più omogenei i disciplinari di produzione attraverso una base comune, ricavabile da dati scientifici? I suggerimenti
05 luglio 2024 | Alessandro Vujovic
Credo che sia giunto il momento, per molti dei 50 disciplinari che ho consultato, relativi agli oli extravergini di oliva certificati DOP e IGP italiani, che si proceda ad un aggiornamento, soprattutto per quelli maggiormente datati in quanto negli anni sono cambiati alcuni aspetti sia culturali, che tecnologici.
A mio avviso proporrei: una base comune per tutti con delle parti distintive come l’area geografica interessata, le cultivar – con le relative percentuali- ed i sinonimi, la valutazione sensoriale relativa alle caratteristiche del prodotto, la specificazione se è possibile produrre un olio monovarietale e/o biologico, i rispettivi volumi di confezionamento, la descrizione geologica dei terreni (es. Aprutino Pescarese DOP, Vulture DOP), la storia di quel territorio, la “prova dell’origine” (es. Alto Crotonese DOP), anzi il terroir, cioè i tanti fattori che contribuiscono alla tipicità del prodotto, lo rendono immediatamente riconoscibile, quindi non solo fattori fisici e chimici, ma anche antropici e storici, cioè prodotto arricchito di un contesto paesaggistico, culturale, del fattore umano rappresentato da conoscenza, da professionalità, da tradizione e da passione. Descrivendo anche le specifiche condizioni pedoclimatiche, che contribuiscono a determinare la composizione fenolica, sterolica, terpenica e volatile di ogni olio.
Tra i suggerimenti che ho trovato nei vari disciplinari, puntualizzo i seguenti accorgimenti, sia in senso positivo che in senso migliorativo:
- Come elemento di tipicità si potrebbe individuare l’ubicazione degli oliveti in terreni posti, oltre che in uno specifico areale, anche entro un preciso limite altimetrico, come ad es. riportato nell’olio DOP “Collina di Brindisi”.
- È utile definire una età vegetativa, per gli oliveti di nuovo impianto, altre la quale si potrebbe essere ammessi alla produzione dell'olio certificato, come ad es. nelle "Terre di Siena DOP", dove si precisa “a partire dal terzo anno di vegetazione” delle piante.
- È utile riportare la forma di allevamento, la densità massima di olivi, la produzione massima di olive per unità di superficie olivetata e, in caso di volumi di olive superiori al valore consentito, va consigliata una cernita della materia prima ed infine la resa massima in olio.
- In qualche caso viene riportata la periodicità della potatura ed anche il periodo migliore per effettuarla, potrebbe essere posto come consiglio utile più che come obbligo.
- In alcuni casi è consentita la pratica dell’inerbimento oppure il diserbo chimico. Quest’ultimo, potrebbe essere ammesso solo in certe situazioni di coltivazione (terrazze, declività eccessive) che precludano l'impiego di macchine operatrici per le periodiche sfalciature, trinciature o lavorazioni superficiali del terreno. Su queste superfici potrebbero essere consentito il trattamento con erbicidi di contatto in un’unica o più applicazioni operando con microdosi su infestanti, nei primi stadi di sviluppo (es. olio DOP Lucca).
- Nella concimazione, in alcuni disciplinari è ammesso l’utilizzo di fertilizzanti organici e/o di sintesi.
- La raccolta delle olive va fatta entro un ambito di maturazione indicato come di indice di pigmentazione (es. Olio di Puglia IGP che riporta l’indice compreso da 2 a 5, dove 2 rappresenta più del 50% dell’epicarpo pigmentato e l’indice 5, il 100% del mesocarpo pigmentato).
- Nella raccolta va evitato il contatto delle olive con il terreno, va vietata la raccolta delle drupe cadute naturalmente, anche sulle reti permanenti; è importante vietare l’impiego di prodotti cascolanti e di abscissione.
- Inoltre è utile stabilire i limiti temporali della raccolta, cioè deve essere effettuata a partire dall’inizio dell’invaiatura e non deve protrarsi oltre una data precisa, in ogni campagna olivicola.
- È rilevante mettere dei vincoli ben precise sulle condizioni di trasporto, sui tempi di conservazione delle olive, sui tempi entro i quali vanno lavorate. Giustamente alcuni disciplinari raccomandano, per il trasporto delle olive, di non usare sacchi o balle.
- Il trasporto al frantoio deve avvenire nella stessa giornata di raccolta in cassette di plastica rigide fessurate (per favorire l’aereazione) contenenti fino a Kg 25 di olive oppure in bins (cassoni di plastica fessurati contenenti fino a 400 kg di olive), per permettere la circolazione dell’aria ed evitare danni, alle drupe, da surriscaldamento e/o da fermentazione.
- Al momento del ricevimento dell’oliva, o prima della lavorazione, è fondamentale, eseguire in frantoio, il controllo visivo delle olive qualora siano parassitate dalla mosca olearia o da altri agenti, oppure danneggiate da agenti abiotici legati ad avverse condizioni climatiche (come i danni da grandine, da gelo, da vento, etc.), in tal senso è corretto porre una soglia quantitativa sul grado massimo di infestazione come suggerisce l’Olio di Calabria IGP dove è riportato, come accettabile, un grado d'infestazione inferiore al 10%.
- Le operazioni di oleificazione devono essere effettuate entro tempi molto brevi (stabilire un limite temporale), soprattutto se la raccolta viene effettuata con sistemi traumatizzanti per il frutto, questo al fine di limitare le reazioni di decadimento fermentativo.
- Riguardo la tecnologia estrattiva non specificherei il lavaggio delle olive a “temperatura ambiente” in quanto potrebbe esserci la necessità di raffreddare il frutto da lavorare, utilizzando acqua refrigerata, piuttosto consiglierei una maggiore frequenza dei ricambi dell’acqua, che non viene mai consigliato.
- Escluderei il ricorso alla frangitura con la molazza e le estrazioni con le presse.
- Va stabilita una temperatura massima di lavorazione della pasta di olive che non deve superare i 27°C nella “lavorazione a freddo”. In diversi disciplinari si autorizzano temperature anche superiori a tale limite.
- Tutte le gramolatrici devono essere fornite di adeguato termometro per la rilevazione della temperatura della pasta di olive (suggerimento riportato nel disciplinare “Vulture DOP”).
- In caso di olive molto asciutte, potrebbe essere necessario utilizzare acqua potabile da aggiungere alla pasta, come “acqua di diluizione”, a temperatura non superiore a quella della pasta di olive.
- Alcuni disciplinari riportano il divieto di praticare il ripasso della pasta di olive e il ricorso a qualsiasi prodotto ad azione chimica o biochimica (come gli enzimi) oppure di alcuni i coadiuvanti come il “talco”. (Ricordo che il Reg. UE 1513/2001 vieta l’impiego di coadiuvanti ad azione chimica o biochimica, ma la Direttiva 2001/30/CE della Commissione, del 2 maggio 2001, autorizza l’impiego del talco in quanto è un additivo inerte che agisce fisicamente, al solo scopo di aumentare la resa in olio).
- Nell'atto dell'immissione al consumo, l’olio deve rispondere ad alcune caratteristiche sensoriali e chimico-fisiche. Tra le caratteristiche chimiche i valori vanno trascritti con le giuste dimensioni (numero puro, %, g, mg/Kg…) ed anche la giusta significatività numerica, ovvero con le cifre decimali precise indicative della sensibilità del metodo di misura. In questo senso, nei disciplinari ci sono molte sviste.
- Nel caso della % di acido oleico, i cui valori di riferimento normativo va da 55,00% a 85,00%, proporrei un valore “superiore ad un minimo” e non inferiore ad un valore massimo (come in qualche disciplinare dove il valore deve essere ≤ 82% quando la normativa stabilisce valori accettabili da 82,00% fino a 85,00%). È bene ricordare che maggiore è il contenuto in acido oleico e migliore è la qualità dell’olio (in termini di resistenza all’ossidazione, per l’assenza, in questa molecola, del gruppo “cis, cis-1,4-pentadiene”, oltre che per la sua qualità salutistica).
- Se la soglia inserita nel disciplinare, coincide con il valore massimo di acidità, in riferimento alla qualità merceologica dell’extravergine, sarebbe opportuno non riportarla visto che una percentuale superiore porterebbe automaticamente al declassamento dell’olio (in un disciplinare è riportata l’acidità massima 0,8 g per % g di olio, forse era meglio riportare 0,80%, oppure nulla.
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- È consigliabile riportare i parametri maggiormente ristretti, rispetto a quelli della normativa, sugli indici spettrofotometrici di ossidazione primaria e secondaria, sul numero dei perossidi e sugli etilesteri degli acidi grassi (un esempio valido è quello “dell’Olio di Puglia IGP”: Esteri etilici: ≤ 20, “mg/Kg”).
- Rarissimi sono i disciplinari che prevedono il dosaggio degli esteri etilici pur essendo un test importante per la qualità al fine di escludere eventuali fermentazioni con la formazione di alcool etilico.
- Per i valori della acidità e numero di perossidi vanno consentite anche delle tolleranze come, giustamente, viene riportato per “l’Olio di Puglia IGP” (ammessa una tolleranza del 20%).
- Nei disciplinari dove sono riportati i parametri della valutazione spettrofotometrica uguali a quelli previsti dalla normativa UE (ad es. K232 ≤ 2,5; (VN ≤ 2,50), K270 ≤ 0,22; (VN ≤ 0,22), delta K ≤ 0,01; (VN ≤ 0,010), visto che non sono un elemento restrittivo, avrei fatto a meno ad aggiungerli anche perché il valore di K232 ha una sensibilità della prima cifra decimale ben diverso dal valore UE che ha una sensibilità fino alla seconda cifra decimale. In altre parole il valore 2,5 potrebbe essere 2,51 - 2,52 - 2,53....2,58 - 2,59 mentre la norma UE ci dice che il valore può essere 2,501 - 2,502 - 2,503...2,508 - 2,509. Lo stesso “errore di battuta” lo troviamo per il delta K ≤ 0,01 quando la norma UE riporta una precisione del numero fino alla terza cifra decimale K≤ 0,010.
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