L'arca olearia

LA SPAGNA OLEARIA VISTA DALLE DONNE

Nel Paese iberico si guarda all'Italia con una punta di invidia. Siamo a un livello avanzato su commercializzazione, marketing e packaging, riconosce M. Dolores Penafiel. Per Daniela Capogna non godiamo però di buona fama. Da noi si gonfiano le produzioni

07 febbraio 2004 | Luigi Caricato

La Spagna è un Paese dalla consolidata tradizione olivicola. Qui la pianta dell'olivo ha lasciato tracce indelebili. Come in Italia, anche nel Paese iberico è nata e si è sviluppata proprio in questi ultimi anni una crescente e considerevole attenzione verso l'intera filiera produttiva. Lo dimostrano le grandi campagne di informazione promosse in particolare dalle nuove generazioni. E una evidente testimonianza in tal senso viene da parte delle donne. M. Dolores Penafiel è direttrice del settimanale e trimestrale "Mercacei" e con Juan A. Penamil segue le pubblicazioni della casa editrice Edimarket. Un volume di grande successo è tra l’altro la Guia de los aceites de oliva virgen extra de Espana. In questa guida è tracciata una attenta panoramica delle molte aziende produttrici, con dettagliate informazioni intorno agli areali di produzione, alle denominazioni di origine e alle varietà di olivi.
Daniela Capogna, invece, italianissima, collabora in veste di esperta in elaiotecnica e tecnologia alimentare con l’Istituto sostanze grasse di Siviglia, ma è impegnata anche su altri fronti, sia in Italia, in alcuni progetti per le scuole, sia, attualmente, in Giappone.

Come viene percepito dal consumatore spagnolo l'olio di oliva italiano?
M. Dolores Penafiel: Nel nostro Paese non è molto conosciuto. Non si trova nei punti vendita. E laddove lo si riesce a trovare, a comperarlo è soltanto un consumatore con un alto potere d'acquisto e con un elevato profilo culturale. Il consumatore abituale preferisce l'olio spagnolo.
Daniela Capogna: Non so se poi venga percepito in qualche modo. Non credo neppure che l’olio italiano arrivi sulle tavole del consumatore spagnolo. Viene però percepito come prodotto di qualità. Gli stessi italiani vengono ritenuti particolarmente sensibili e attenti alla qualità dell’olio.

E l'operatore del settore come si pone invece?
M. Dolores Penafiel: E' una domanda difficile, atipica. Nel senso che l'Italia ha storicamente comperato da noi dell'olio sfuso. C'è molta concorrenza e rivalità. D'altra parte, in Spagna come pure in Italia si punta a valorizzare il proprio prodotto. Comunque, gli operatori del settore pensano che l'Italia sia a un livello più avanzato sul fronte del commerciale, del marketing e del packaging. Le aziende imbottigliatrici spagnole imitano quelle italiane. La nostra Guia de los aceites de oliva virgen extra de Espana sarebbe stata impensabile quattro anni fa con le settecento aziende ora censite. Se ne potevano contare al massimo trecento, di marche di extra vergine.
Daniela Capogna: Gli operatori del settore sono coscienti che l’olio spagnolo vada in Italia. C’è un rapporto interlocutorio e di sovrapposizione.

E i mezzi di informazione come vedono invece l'olio italiano?
M. Dolores Penafiel: Non lo conoscono. Ma neppure conoscono quello locale. El Pais ed El Mundo comunque ora realizzano degli speciali sull'olio di oliva, mentre solo due anni fa non si faceva nulla.
Daniela Capogna: Non ho visto riferimenti all’olio italiano. Si vedono comunque, gli italiani in genere, nelle vesti di ottimi uomini marketing. I complimenti per la nostra capacità di vendita sono continui. Si parla molto inoltre delle macchine olearie italiane.

E le Istituzioni?
M. Dolores Penafiel: C'è da parte loro uno sforzo notevole a favore dell'olio spagnolo, ma da noi, a parte gli aiuti dell'Unione europea, non esistono sovvenzioni.
Daniela Capogna: Molto arrabbiate perché consapevoli del fatto che la Spagna abbia poche sovvenzioni. Ritengono che l’Italia gonfi le produzioni, cosa che in Spagna non si verifica per via dei maggiori controlli.

Com'è la situazione sul fronte dei consumi in Spagna?
M. Dolores Penafiel: Si registra soprattutto un gran consumo di olio di oliva, non invece di extra vergine.
Daniela Capogna: C’è da fare moltissimo a livello di cultura dell’olio. Consumano il 70 per cento di olio di oliva e solo il 30 per cento di extra vergine, quando va bene. Anche la gente delle zone di produzione non conosce la differenza tra l’olio di oliva e l’extra vergine. E’ per questo che l’extra vergine va poi in Italia, proprio perché non si consuma.

Come mai?
M. Dolores Penafiel: Perché nelle più importanti zone di produzione (in Andalusia, in Estremadura, in Catalogna...) si va soprattutto nei frantoi a rifornirsi, diversamente da quanto accade nel resto della Spagna.
Daniela Capogna: Per abitudine, forse si guarda molto al prezzo.

Quali sono i prezzi dell'extra vergine spagnolo in bottiglia, quelli di due anni fa e quelli di oggi?
M. Dolores Penafiel: Due anni fa la confezione da 750 ml andava da un minimo di 400 pesetas (euro 2,40 circa) a un massimo di 1.200 (euro 7,20 circa). Per le confezioni da mezzo litro il prezzo aql pubblico si aggirava dalle 350 alle 800 pesetas (dai 2,10 euro ai 4,80 circa) .
Daniela Capogna: Ora si aggira attorno ai tre euro la bottiglia. La differenza è nei monocultivar. Gli oli ricavati da olive Picual costano meno rispetto a quelli di Arbequina per esempio. La media si aggira intorno ai 4 euro per la confezione da 750 ml. Ma anche sotto i tre euro per le bottiglie di massa.

Qual è il problema di più difficile soluzione per il comparto oleario spagnolo?
M. Dolores Penafiel: Il più importante è senza dubbio legato alla commercializzazione di tutta la produzione. Un aspetto che crea molti problemi ancora irrisolti.
Daniela Capogna: La commercializzazione. Infatti delegano. Il valore aggiunto se lo porta a casa l’Italia. Hanno costi di produzione nettamente inferiori ai nostri, ma difettano sulla commercializzazione. I più bravi commercializzare l’olio sono gli italiani e i catalani.

Come si pone il mondo olivicolo spagnolo di fronte alle multinazionli?
M. Dolores Penafiel: In un'ottica di assoluta concorrenza. Perché i prezzi di mercato li stabiliscono le aziende multinazionali. Manca dunque la giusta remunerazione per chi lavora negli oliveti.
Daniela Capogna: Il comparto oleario riguarda in particolare le cooperative, che collaborano con grande distribuzione e multinazionali. Il peso delle multinazionali sul fronte contrattuale è di gran lunga maggiore rispetto alle cooperative. Si tratta di una collaborazione obbligata. Le grandi quantità d’olio prodotte in Spagna pongono le multinazionali in una posizione di vantaggio.