L'arca olearia

Ecco perché un buon olio extra vergine di oliva deve essere amaro

Ecco perché un buon olio extra vergine di oliva deve essere amaro

L'oleuropeina è la principale fonte di amaro nell'oliva. L’olio extra vergine di oliva di oliva è amaro fin dall’inizio della produzione e, man mano che viene conservato, anche nelle migliori condizioni di mantenimento, aumenta di intensità. Come possiamo dimostrare scientificamente questo fenomeno?

02 febbraio 2024 | Alessandro Vujovic

L’invecchiamento dell’olio di oliva porta a cambiamenti delle caratteristiche organolettiche: dall’affievolirsi degli aromi di fruttato verde, sostituiti dal fruttato maturo, fino alla scomparsa del piccante/pungente e, per ultimo, anche dell’attributo di amaro.

Il primo sapore a ridursi è la sensazione tattile di piccante mentre il gusto amaro, prima di scomparire, aumenta di intensità durante la conservazione.

Questi attributi positivi sono legati alla presenza di composti fenolici (secoiridoidi) che si modificano chimicamente fino a perdere la loro capacità antiossidante, trasformandosi in chinoni inattivi. A questo punto inizierà l’ossidazione fino a presentare il difetto di rancido. Il processo può essere diviso in due stadi: l’ossidazione primaria evidenziabile spettrofotometricamente alla lunghezza d’onda di 232 nm (K232), mentre quella secondaria dal K270 e dall’esame sensoriale, in quanto le molecole che si sviluppano dalla degradazione degli idroperossidi sono molecole volatili.

Premetto che il sapore di amaro non è ben tollerato dai consumatori, a differenza del piccante; questa repulsione rappresenta un’antica e filogenetica risposta naturale legata a sostanze nocive/velenose, come alcune presenti in natura, tra queste: la cicuta, la digitale, la belladonna, lo stramonio, la chinina, la goitrina, la brucina, la nicotina e la caffeina.

Le sostanze amare suscitano una risposta avversa in quanto la trasduzione di questo sentore è un meccanismo di difesa decisivo per evitare sostanze tossiche, velenose o avariate. Questa naturale avversione è comune a quasi tutte le specie viventi, perfino ai protozoi ed ai celenterati; inoltre numerosi animali utilizzano per difesa la secrezione di sostanze amare come gli alcaloidi o i glicoidi tossici.

Inoltre in tutti i mammiferi la soglia di percezione dell’amaro è la più bassa, ovvero la sensibilità gustativa è molto alta rispetto agli altri sapori. Ad esempio, il chinino daÌ€ la sensazione di amaro già ad una concentrazione di 0,0000004 M (moli/litro) mentre il saccarosio a 0,02 M, il salato (NaCl) a 0,035 M e l’acido (HCl) a 0,002M.

Ecco perché un buon olio extra vergine di oliva deve essere amaro

Tra l’altro l’olio di oliva è amaro fin dall’inizio della produzione e, man mano che viene conservato, anche nelle migliori condizioni di mantenimento, aumenta di intensità. Allora come possiamo dimostrare scientificamente questo fenomeno? Potremmo dimostrarlo sottoponendolo a valutazioni organolettiche seriali? E quanti di voi hanno avuto la sensazione che l’amaro di un EVOO fosse aumentato nel tempo, prima di scomparire del tutto?

Se noi studiassimo questo fenomeno con il metodo sensoriale i risultati risentirebbero della sensibilità di ogni singolo assaggiatore, visto che negli esseri umani ci sono 25 recettori funzionali del gusto amaro (Taste 2 Receptors, TAS2R 1-25) e che ciascuno dei quali risponde a specifici sapori di amaro.

Inoltre se per studiare le variazioni di amaro utilizzassimo la sensibilità umana, i risultati sarebbero troppo mutevoli per la variabilità intraindividuale ed interindividuale e poi sarebbe difficile la standardizzazione dei risultati

I recettori per l’amaro, nell’uomo, sono codificati da clusters di geni localizzati sui cromosomi 5p, 7q, 12p e, poiché sono state identificate circa 550 molecole in grado di legarsi a questi recettori, si deduce che il numero di composti (ligandi) supera notevolmente il numero dei recettori, quindi i singoli TAS2R rispondono a piùÌ€ di un tipo di composto chimico dal sapore amaro.

Esistono recettori che rispondono a un numero limitato di composti, altri che rispondono a una vasta gamma di sostanze chimiche. Il TAS2R8 eÌ€ un esempio come altamente selettivo per il quale sono noti solo 3 ligandi con analogie strutturali (cloramfenicolo, partenolide, denatonio benzoato o bitrex. Quest’ultima molecola è la più amara in assoluto tanto che, pur essendo innocua, viene aggiunta ad alcuni liquidi per uso domestico (detersivi, liquidi di giardinaggio…), per evitare avvelenamenti accidentali dei bambini e degli animali.

I recettori TAS2R10, -14 e - 46 sono invece altamente eterogenei, difatti, quando espressi sulle cellule, sono in grado di rispondere al 50 % dei composti amari.

Questi 25 recettori, accoppiati a proteine G (GPCR), appartengono alla famiglia dei geni TAS2R i quali codificano per proteine, strutturalmente diverse, formate da 290 fino a 330 aminoacidi. Nella famiglia dei geni TAS2R abbiamo dal 17 al 90% di identità di sequenza, il che suggerisce che diversi membri della famiglia, possono riconoscere sapori amari pur avendo strutture chimiche diverse.

Sappiamo che i recettori TAS2R si accoppiano, nelle cellule recettoriali del gusto, alle proteine G di tipo gustducina (G α-gustducina/β3/γ13) e che, dopo attivazione dei recettori, la proteina G si dissocia rilasciando il complesso β3/γ13. La α-gustducina attivata stimola la fosfolipasi (legata alla membrana) in modo da scindere, dai fosfolipidi, sia il diacilglicerolo che l’inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3).

Quest’ultimo messaggero cellulare attiva una tipologia specifica di canali ionici del reticolo endoplasmatico (TRPM5,Transient Receptor Potential cation channel subfamily M Member 5) determinando la loro apertura tale da consentire il rilascio di ioni calcio (Ca2+) dai siti di immagazzinamento intracellulari e l'ingresso, nella cellula, di ioni sodio (Na+) che depolarizzano la cellula. Questi ioni inducono il cambiamento del potenziale di membrana con la generazione di un “potenziale d'azione” e il rilascio di neurotrasmettitori (serotonina) fino a raggiungere il neurone sensoriale primario (con il recettore della serotonina) e da questo fino ai neuroni della corteccia celebrale gustativa.

Alla luce di questo meccanismo è stato creato un test funzionale di mobilizzazione del calcio utilizzando colture cellulari (cellule di rene embrionale umano HEK293E) nelle quali sono stati inseriti i recettori TAS2R utilizzando un vettore plasmidico, relativo ai 25 geni, e monitorando i cambiamenti di fluorescenza, sia in eccitazione che in emissione.

La mobilizzazione del calcio, in risposta ai composti in esame, è stata quantificata come percentuale di variazione del picco di fluorescenza rispetto a quello basale. Il funzionamento di ogni recettore è stato verificato con 17 diverse molecole amare (cloramfenicolo, clorochina, peptide Trp-Trp-Trp 59, procainamide, cucurbitacina, 1,10-fenantrolina, ossifenonio, acido flufenamico, salicina, Prop, ranitidina, umulone, acido aristolochico, strichinina, denatonio, cromoglicina, andrografolide) ed i controlli negativi consistevano nella sostituzione con un vettore vuoto per il recettore TAS2R.

I 25 recettori del gusto amaro, espressi nelle cellule HEK293E, sono stati testati con 12 composti fenolici dell'EVOO. Tra questi l’oleocantale, l’oleaceina, l’oleoside-metilestere ed il tirosolo i quali non hanno attivato i recettori TAS2R (quindi non sono molecole amare).

Al contrario, l’acido oleocantalico, l’oleomissionale, l’oleuropeina e l’acido elenolico hanno attivato il recettore TAS2R8.

Il ligstroside aglicone e l’oleuropeina aglicone hanno attivato i recettori TAS2R1, TAS2R8 e TAS2R14.

I risultati hanno mostrato che il recettore TAS2R8 ha prodotto, con l’oleuropeina aglicone, la risposta più forte (Emax= 100%) mentre il ligstroside aglicone aveva una minore efficacia (Emax = 59%).

L'oleuropeina è la principale fonte di amaro del frutto dell'oliva, tanto che la sua rimozione, mediante idrolisi e/o ossidazione, viene fatta per renderlo commestibile.

La molecola dell'oleuropeina e, analogamente, quella del ligstroside, ha tre gruppi funzionali che possono fungere da bersaglio dell'idrolisi.

(1)  Il primo è il gruppo estere che collega la porzione idrossitirosolo (o tirosolo) allo scheletro secoiridoide. L'idrolisi di questo gruppo porta all'oleoside-11-metil estere e all'idrossitirosolo (o tirosolo); entrambi questi composti non sono amari.

(2)  Il secondo gruppo funzionale è il legame glicosidico che unisce il glucosio allo scheletro secoiridoide. La rimozione del glucosio dall'oleuropeina (o dal ligstroside) porta a una forma di aglicone che si trasforma spontaneamente in una miscela di due oleuropeindiali (o ligstrodiali) diastereomerici, che sono in equilibrio con la corrispondente forma enolica denominata oleomissionale (per l’oleuropeina) o l’oleocoronale (per il ligstroside), tutti aventi struttura ad anello aperto.

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