L'arca olearia
Concimare l’olivo con le leguminose: seminare il favino conviene?

La semina di leguminose nell’oliveto è davvero utile per la concimazione azotata? Una leguminosa può fissare quasi 200 chili di azoto per ettaro ma la gran parte viene persa per volatilizzazione dell’ammoniaca
31 ottobre 2023 | R. T.
Un sistema agricolo a basso input ha bisogno di una fonte naturale di azoto (N).
Le leguminose possono fissare grandi quantità di azoto che possono essere successivamente utilizzate da una coltura non leguminosa, ivi comprese eventuali colture arboree già presenti.
E’ così tradizione che il favino, il trifoglio o altre leguminose vengano seminate in autunno-inverno per esplicare i loro effetti benefici, in termini di concimazione azotata, in primavera. Pratica antica e in auge anche tra gli hobbisti olivicoltori.
Bisogna però comprendere come e a quali condizioni la semina e lo sfalcio della leguminosa ha realmente effetti positivi sull’olivo.
Concimare l'oliveto con le leguminose: sfalcio o sovescio?
Uno studio portoghese ha confrontato tre colture di copertura di leguminose in oliveti tradizionali da ottobre 2009 a maggio 2010, e la biomassa fuori terra è stata distrutta meccanicamente e lasciata sul terreno come pacciamatura.
Nella stagione vegetativa successiva, da ottobre 2010 a maggio 2011, due specie vegetali nitrofile sono state coltivate in microparcelle circolari di 154 mm circondate da anelli di cloruro di polivinile per valutare la disponibilità di N nel suolo.
L'azoto fissato dalle colture di copertura di leguminose, stimato con la tecnica della differenza, è risultato variare da 79,7 a 187,5 kg N/ha.
Le specie vegetali nitrofile hanno identificato un piccolo picco di azoto disponibile nel suolo nell'autunno del 2010, probabilmente derivante dalla mineralizzazione dell'apparato radicale delle leguminose.
Nella primavera successiva, l'aumento di azoto disponibile nel suolo nelle parcelle in cui erano state coltivate le leguminose di copertura, rispetto alla parcella di controllo, era residuale.
Le grandi quantità di azoto presenti nei materiali pacciamati sembrano scomparire senza essere entrate nel suolo.
La pacciamatura con biomassa ad alto contenuto di azoto può essere problematica a causa dell'elevato rischio di perdite di azoto probabilmente per volatilizzazione di ammoniaca (NH3).
La semplice pacciamatura, lasciando che le radici marciscano naturalmente, rilasciando l’azoto fissato, non è sufficiente per garantire un buon apporto di azoto all’olivo.
D’altro canto anche interrando la biomassa epigea, la cosiddetta tecnica del sovescio, i risultati possono essere inferiori alle aspettative, in particolare nel caso il livello di biomassa fosse particolarmente abbondante. L’interro può infatti favorire, in presenza di un buon contenuto di azoto, la veloce mineralizzazione della sostanza organica, rendendo disponibile solo per poco tempo gli elementi nutritivi di cui ha bisogno l’olivo.
L’uso di leguminose, in pacciamatura o in sovescio, rappresenta quindi la massima espressione di quell’olivicoltura povera o marginale che utilizzava ogni risorsa per aiutare la produttività. In un contesto di cambiamenti climatici anche tecniche agronomiche antiche andrebbero rivisitate, nei tempi e nei modi, per offrire benefici soprattutto di lungo periodo alla fertilità dei suoli.
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