L'arca olearia

Gestire correttamente la potatura di riforma dell'olivo

Gestire correttamente la potatura di riforma dell'olivo

Il lavoro di riforma di un albero è paragonabile al lavoro dello scultore, servono ottime conoscenze della fisiologia della pianta e tanta osservazione. Le potature più consistenti vanno eseguite possibilmente avanti nella stagione, quindi a fine inverno o ad inizio primavera

04 marzo 2022 | Angelo Bo

Sui principi della potatura e di come impostare le considerazioni fondamentali per impostare le nostre piante di olivo ne abbiamo parlato nell’articolo dello scorso anno: Gli inviolabili nove principi della potatura dell'olivo: oltre i miti e il passaparola c'è la scienza. In alcune occasioni ci possiamo però trovare ad eseguire dei tagli di riforma, tenendo in attenta considerazione che con le pratiche agronomiche dobbiamo lavorare per mantenere la produzione più costante ed evitare anni di mancata produzione, che sarebbero estremamente pesanti da gestire economicamente.

Come abbiamo già evidenziato più volte la potatura è uno degli interventi agronomici più importanti per mantenere l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta: potature drastiche vanno nella direzione opposta e sarebbero da evitare. Quindi approcciare l’olivo con cicli di potatura superiori ai 2/3 anni impone un numero di tagli maggiore ed un ciclico alleggerimento consistente della chioma con il conseguente calo o azzeramento della produzione. I casi più gravi di potatura drastica possono comportare una mancata produzione di alcuni anni.

Se ci fossero ancora dubbi, a parte i casi di gravi danni da gelata (o altri agenti) è opportuno evitare assolutamente le capitozzature, esce
sbilanciano la pianta e non rendono sostenibili da un punto di vista economico le operazioni di potatura. Per accorciare una branca, ad esempio, senza effettuare capitozzature è necessario effettuare tagli di selezione dei rami più corti alle biforcazioni ed eliminare la parte che si allunga eccessivamente.

Nella foto risposta della pianta ad una capitozzatura

Prima di tutto dobbiamo inquadrare almeno come sono impostate le piante e che necessità possono avere di riforma, quindi oltre alle forme di allevamento e il sesto d’impianto dobbiamo osservare attentamente tutti gli elementi che ci possono indicare: maggiore o minore vigoria, squilibri, difetti di illuminazione, problematiche di chiome troppo chiuse con maggiore propensione a problematiche fitosanitarie. Così da sfruttare il lavoro di riforma per correggere eventuali errori presenti.

Il vaso policonico, come la maggior parte delle forme di allevamento in volume, se gestito costantemente può avere necessità di riforma con piccoli tagli per riportare branchette laterali alle dimensioni di larghezza in “sagoma” rispetto all’equilibrio tra sesto d’impianto e corretta illuminazione, o a tagli per contenere la tendenza ad andare troppo in alto.

Se invece rileviamo una situazione di piante non potate da anni possono essere necessari tagli di dimensioni più grandi, con interventi di maggiore entità, sino ad arrivare alle situazioni drammatiche in cui ricostituire porzioni di pianta pesantemente danneggiate.

Sulle forme di allevamento in parete con alta densità di impianto se il legno non è gestito molto attentamente con un costante rinnovamento, ad un certo punto sarà indispensabile intervenire con riforme drastiche per ripristinare la proporzione tra legno/chioma che, se è a sfavore della seconda, rende inevitabile, calo di produzione, con la necessità dopo pochi anni di ricostituire completamente la pianta o realizzare un nuovo impianto. L’intervallo di tempo è molto variabile e dipende in prevalenza dalla vigoria della varietà e dalla fertilità del terreno.

Se la riforma è a seguito, ad esempio, di una gelata o di eventi meteorici importanti che possono aver danneggiato branche intere o loro porzioni, che hanno compromesso il legno, non ci sono molte alternative se non tagliare all’altezza in cui il legno è ancora sano e da quel punto partire per ricostituire branche e branchette. In questo caso la potatura può essere anche seguita in periodi tardo primaverile/estivo (non appena si ha un quadro completo dei danni reali subiti dalle piante), in modo da non perdere comunque un intero anno.

Un analogo approccio potrebbe essere necessario per piante abbandonate da oltre dieci anni (dato relativo perché dipende molto dalla varietà, dal clima e dal terreno), in cui ormai la parte basale ha perso vitalità e va ricostituita da zero. Dobbiamo quindi prendere atto che non gestire alberi per tempo lungo comporterà dei costi di messa in produzione molto consistenti, importi che in alcuni casi possono essere vicino ai costi di impianto a nuovo.

Di seguito lo schema di taglio

Nel caso in cui la riforma sia necessaria per riportare le piante ad una forma più corretta per la gestione agronomica (ma non sono stati superati i limiti di abbandono vero e proprio) è opportuno pianificare una serie di interventi in modo da svuotare le piante, riportarle ad una altezza equilibrata per raccolta-potatura-sesto d’impianto ed eliminare quei rami che si sono allargati eccessivamente. Interventi che, se fatti contemporaneamente, ridurrebbero troppo la chioma e sbilancerebbero la pianta con l’elevata probabilità di dover effettuare interventi successivi per selezionare i ricacci in surplus. Interventi di questa entità conviene programmarli in un numero maggiore di anni (di solito da due a tre) in modo tale da riportare la pianta in forma, stimolare con i tagli nuova vegetazione, senza perdere anni di produzione.

Quanto scritto sinora vale per tutte le cultivar che hanno un portamento espanso, pendulo etc, mentre per le varietà tipicamente assurgenti l’approccio è più complesso e va impostato il taglio dei rami assurgenti selezionando i meno vigorosi e con altezza compatibile con i nostri obiettivi; in queste situazioni il taglio di capitozzatura risulterebbe ancor più dannoso alla pianta e all’olivicoltore.

Gli interventi di potatura precoci comporterebbero l’esposizione dei tagli al freddo invernale oltre a spogliare le piante e renderle più esposte ali danni da basse temperature.

Quindi gli le potature più consistenti vanno eseguite possibilmente avanti nella stagione, quindi a fine inverno o ad inizio primavera, perché oltretutto forti tagli inducono, ancor più con inverni miti, una ripresa vegetativa rapida con la formazioni di teneri germogli che potrebbero essere danneggiati da ritorni di freddo.
La potatura deve essere sempre in sinergia con le nutrizione che deve essere proporzionata quantitativamente e coordinata nei tempi di distribuzione, con l’obiettivo di supportare la pianta nella crescita senza stimolarla eccessivamente.

Il lavoro di riforma di un albero è paragonabile al lavoro dello scultore, servono ottime conoscenze della fisiologia della pianta, tanta osservazione per capire com’è cresciuta e come potrà rispondere ai nostri interventi, oltre ad avere ottimi attrezzi di lavoro che vanno sapientemente adoperati e manutenuti; dopo un’approfondita analisi di quel blocco vegetale informe, il lavoro di potatura dovrà riportare alla luce una forma che sia equilibrata, produttiva e funzionale.

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