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“GEOGRAPHY IS A FLAVOUR” UNO SLOGAN COMMERCIALE CHE DEVE ESSERE ANCHE UNA FILOSOFIA PER LA FILIERA OLIO DI OLIVA

Dal territorio nasce la grande diversità, la grande ricchezza dei mille sapori dell’olio italiano: mille sapori, un grande oliveto. Lo scenario presenta grandi opportunità di crescita e di reddito per le imprese del settore, ma occorre giocare le carte vincenti della tracciabilità, della qualità e delle tipicità

02 giugno 2007 | Duccio Morozzo della Rocca

La produzione mondiale di olio di oliva della campagna 2006/2007 dovrebbe attestarsi intorno ai 2.820.000 tonnellate, contro le 2.600.000 della campagna precedente e con consumi poco al di sopra dei 2,9 milioni di tonnellate. Un dato record per il settore, che se confermato, supererebbe tutte le più ottimistiche previsioni.
In ambito comunitario spicca il volo la Spagna, che con una previsione pari a circa 1,095 milioni di tonnellate di olio di oliva rappresenta una quota del 50% della produzione totale a livello mondiale e registra un incremento di un terzo della produzione rispetto alla scorsa annata.

Sono alcuni dei dati che emergono dallo scenario mondiale degli oli di oliva, pubblicato da Unaprol in occasione dell’incontro su “Made in Italy, il valore che dà valore”.

Il rapporto evidenzia la buona performance nel Mediterraneo della Siria che registra un aumento del 54% della produzione rispetto all’annata precedente e raggiunge le 154.000 tonnellate. Al contrario, la Tunisia, registra una sensibile riduzione, pari al 20% rispetto al 2005, attestandosi sulle 160 mila tonnellate.
L’Italia, con una quota del 30% della produzione comunitaria registra un calo del 10% in base ai dati Istat aggiornati a febbraio 2007, contro le previsioni Unaprol-Ismea di fine ottobre 2006 che prevedevano un calo più contenuto del 4% rispetto alla campagna precedente.
In compenso i consumatori italiani consumano più olio rispetto allo scorso anno. I consumi superano le 870 mila tonnellate, e il trend positivo riguarda anche gli altri paesi dell’Unione europea.
Dallo scenario economico Unaprol risulta, inoltre, che nel 2006 le esportazioni totali di olio di oliva si sono attestate intorno alle 323mila tonnellate di cui ben 200mila tonnellate riguardavano la sola categoria degli oli vergini. Rispetto al 2005, le esportazioni hanno evidenziato un calo del 13% in quantità, ma hanno beneficiato di un incremento in valore del 9%, con prezzi medi di scambio intorno ai 3,3 Euro/kg.
Le esportazioni italiane di olio di oliva sono trainate dalla domanda statunitense e tedesca, che insieme rappresentano la metà dei volumi consegnati oltre frontiera e degli introiti corrispettivi. Gli Stati uniti si confermano il principale mercato di sbocco delle esportazioni nazionale (37%), nonostante un calo dei volumi del 12% rispetto all’anno scorso. La Germania si posiziona intorno al 14% dei volumi ed al 13% degli introiti.
L’Italia, con quasi 6000 frantoi, resta il Paese che conta il maggior numero di impianti in attivi, molti di essi garantiscono anche la fase di imbottigliamento e di commercializzazione attraverso la vendita diretta. Una caratteristica che ha sempre svolto un’importanza determinante per la qualità del prodotto e per il mantenimento delle diverse tipologie di oli presenti a livello locale.

“Lo scenario di mercato dell’olio di oliva - ha sostenuto Filo della Torre, direttore Unaprol - presenta grandi opportunità di crescita e di reddito per le imprese del settore, ma occorre giocare le carte vincenti della tracciabilità, della qualità e delle diversità che caratterizzano il nostro sistema paese perseguendo la via dell’innovazione e della razionalizzazione della filiera.”
Esemplificativo di questa filosofia il progetto coordinato dall’Unaprol attraverso il quale oltre 5000 imprese rappresentative di sedici regioni italiane si sono organizzate in 280 filiere ottenendo la certificazione della tracciabilità secondo i principi dell’UNI 10939:01. Un codice in etichetta darà la possibilità di ottenere informazioni sulla storia di quell’olio, le sue caratteristiche e i suoi abbinamenti attraverso internet, l’invio di un sms o per telefono.
Il sistema Unaprol per la rintracciabilità consentirà grazie anche al Reg. 2080/05, di presentare fin dalla prossima campagna olivicola queste imprese in maniera sinergica sul mercato rispondendo alle esigenze della moderna distribuzione italiana ed estera.

Anche Massimo Gargano, presidente Unaprol, ha rilanciato il tema della tracciabilità e dell’etichettatura obbligatoria, “il tema dell’origine è un elemento che deve unire tutti gli attori onesti della filiera perché rappresenta il valore competitivo del nostro olio extra vergine di oliva rispetto a quello prodotto in altri paesi. I “pirati dell’olio” danneggiano tutta quanta la filiera, nessuno escluso.”

Newl corso del convegno è intervenuto anche il Ministro dell’Agricoltura Paolo De Castro che ha parlato della nuova norma tecnica presentata a Bruxelles, attraverso la quale si propone l’obbligatorietà dell’origine in etichetta volta ad ottenere la giusta trasparenza necessaria e a restituire ad ogni olio il proprio certificato di nascita.
“In una Europa che è sempre più globalizzata –ha detto De Castro - le cui frontiere sono sempre più aperte all’ingresso di prodotti agricoli e alimentari provenienti da tutto il mondo, sempre di più si cerca di consolidare quegli elementi distintivi che per noi sono qualità organolettiche, storia e origine. C’è bisogno di un approccio, una filosofia di competitività, multifunzionalità, tutela dell’origine che sono i cardini di una agricoltura europea che vuole essere protagonista nel mondo globale.”

Ma dove va l’oliveto Italia, quali sono i numeri dell’olio italiano?
Mauro Meloni, responsabile dell’osservatorio economico di UNAPROL, riporta come da diverse indagini emerga nei consumatori nazionali e internazionali la convinzione che dal connubio oliveto-Italia-olio scaturisca l’immagine dell’alta qualità del prodotto italiano. In un mondo olivicolo-oleario che ridisegna velocemente i suoi confini, apre nuove vie, dove nuovi modelli lottano per emergere e affermarsi, osservare il presente deve però significare interpretare il futuro. E nel futuro Meloni individua due sole strade possibili: o si esce dal mercato o si consolida l’immagine dell’Italia. Per fare questo centrale diventa il concetto di “origine”.
L’origine diventa dunque lo strumento per un’efficace leva competitiva da associare alla percezione di una qualità distintiva, superiore, capace di innovarsi nel tempo. Di questo si sono già accorte anche molte multinazionali, basti pensare ad una grande del caffè che propone i suoi prodotti differenziati con lo slogan registrato: “Geography is a flavour”.
Nel passaggio dall’origine al sapore, dunque, la globalizzazione riscopre il produttore e garantisce la qualità attraverso la certificazione, la formazione e l’assistenza alla produzione.
Il concetto di Made in Italy come marchio comune, continua Meloni, è un prezioso bene comune che non può scendere a patti con la qualità pena una immagine negativa del prodotto italiano.
Meloni conclude evidenziando quattro grandi mancanze: la comunicazione in quanto “sullo scaffale ognuno può dire ciò che vuole”, la provenienza raramente ci sono informazioni chiare, un marchio di garanzia univoco che garantisca la qualità, un controllo dei processi produttivi.
Per farla breve l’assenza di un garante, di una autorità dedicata.

Anche la comunicazione oliandola italiana comunque difetta di chiarezza e non solo.
Licia Granello, giornalista di Repubblica, ha infatti sottolineato come esista e persita uno stato di confusione nel consumatore, ancora alle prese con diciture poco chiare e ingannevoli. “Il consumatore - ha affermato Granello - ha il diritto di sapere per poter scegliere. Ma non solo. Anche la qualità deve essere garantita ed è il Made in Italy che deve essere garante di questa qualità.”
Resta però irrisolta una questione cruciale. Se la Spagna fa sistema anche nel campo della comunicazione, l’Italia riflette una frammentazione di iniziative che non riescono a dar vita ad un vero e proprio progetto comune di valorizzazione.

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