L'arca olearia 30/04/2021

Metà dell'olio extra vergine di oliva comunitario a scaffale è farlocco: prendete la macchina del tempo

Metà dell'olio extra vergine di oliva comunitario a scaffale è farlocco: prendete la macchina del tempo

Il Salvagente fa di nuovo nomi e cognomi degli oli extra vergini di oliva in commercio che in realtà, secondo i test eseguiti, sarebbero vergini. Eccovene un estratto ragionato, senza omettere nulla, sperando che non vada in scena la replica di un film già visto nel 2015


Sono passati sei anni dall'ultima inchiesta de Il Salvagente sull'olio extra vergine di oliva e, apparentemente, nulla è cambiato.

La metà degli oli extra vergini di oliva, miscele di oli comunitari, testati nel 2021 è stata di nuovo bocciata dalla rivista a difesa dei consumatori.

Secondo i test (dopo campionamento degli oli a scaffale secondo la norma ISO sui test comparativi, facendo poi eseguire le analisi chimiche da laboratori accreditati e da un panel ufficiale) nessun olio ha riportato risultati chimici analitici fuori norma, anche se in cinque casi i valori risultano davvero border line, ma sette oli su quindici sono stati bocciati dal panel test: sei per difetti di rancido/morchia o acque di vegetazione/muffa e uno per il difetto di rancido.

Vediamo dunque nel dettaglio i sommersi e i salvati dall'inchiesta de Il Salvagente.
Bocciati sono stati Carapelli Il Frantolio, Colavita Mediterraneo Tradizionale, De Cecco Classico, La Badia Eurospin, Cirio Classico, Coricelli, Il Saggio Olivo Todis.
Promossi invece Monini Classico, Esselunga Classico, Bertolli Fragrante, Coop, Conad Classico, Primadonna Lidl, Farchioni e Carrefour Cucina Delicata.

Oltre ai risultati del panel test, ben poco sorprendenti per qualsiasi assaggiatore acquisti e degusti (senza che possa aver alcun canone di ufficialità) gli oli comunitari normalmente a scaffale, sorprendono alcuni risultati delle analisi chimiche con ben quattro oli (La Badia Eurospin, Il Saggio Olivo Todis, Coricelli e Primadonna Lidl) con valori superiori o uguali a 30 mg/kg di etil esteri. Ricordiamo che il limite legale è 35 mg/kg, quindi questi oli sono formalmente in regola, ma con valori davvero border line, a tal punto che se non fosse per il blocco imposto dalla Spagna all'abbassamento del limite degli etil esteri a 30 mg/kg previsto dal regolamento Ue 1348/2013, gran parte degli oli citati non potrebbero fregiarsi della classificazione di extra vergine neanche sotto il profilo chimico analitico.

L'unico dei difetti organolettici che possiamo considerare “perdonabile”, ovvero non necessariamente ascrivibile all'azienda, potendo essere imputabile alla catena logistica o alla Grande Distribuzione, è il rancido. Per oli di qualità commerciale standard, come sono la maggior parte delle miscele di oli comunitari, possono bastare anche poche settimane di scaffale perchè emerga il difetto di rancido. A prima vista i parametri chimici de Il Frantolio Carapelli non paiono nemmeno particolarmente allarmanti dal punto di vista della stabilità ossidativa teorica: acidità 0,24, perossidi 4,5, etil esteri 15, polifenoli totali 371. E' possibile che, nel caso di controlli ufficiali da parte di organi amministrativi o di polizia, tale profilo complessivo non meriti l'incriminazione.

Diverso il caso degli altri oli, i cui difetti sono completamente ascrivibili a mancanze in fase di produzione, ovvero a fermentazioni nel caso del riscaldo e problemi fungini da ammasso nel caso di muffe. E' naturalmente possibile che, al momento dell'acquisto della partita, il fruttato coprisse il difetto ma altri valori analitici, come i già citati etil esteri avrebbero comunque dovuto mettere in guardia scrupolosi imprenditori oleari. Mi riferisco in particolare a Il Saggio Olivo Todis, La Badia Eurospin e Coricelli, tutti con valori di esteri etilici superiori o uguali a 30 mg/kg. Etil esteri troppo elevati, come sanno tutti gli analisti, sono indice di scarsa qualità della materia prima iniziale. Di più difficile interpretazione il risultato negativo al panel per Colavita Mediterraneo, Cirio Classico e De Cecco Classico, eccezion fatta per Cirio che ha valori preoccupanti di fenoli (190 ppm) e perossidi (11,5 meq/kg) indici forse di una miscela di oli di diverse campagne olearie, quindi con maggiore propensione all'emergere di difetti organolettici.

Fin qui la notizia che, però, merita di essere commentata.

Chi ha vissuto gli scandali di dieci anni fa sa quale scossone ha subito il mondo oleario. Inchieste giudiziarie e giornalistiche, nazionali e internazionali, hanno sicuramente minato la fiducia dei consumatori ma hanno portato, per qualche tempo, a un incremento della qualità degli oli in commercio.
Purtroppo, però, la lezione non è servita, in base a quanto emerso dall'ultimo articolo de Il Salvagente. La qualità degli oli è nuovamente peggiorata.

Come in un film già visto gli imbottigliatori hanno ricominciato ad attaccare il panel test, con gli stessi argomenti di 10 anni fa, facendo finta di ignorare la corposa giurisprudenza ormai esistente sul metodo. Mi aspetto quindi che presto ci si appellerà all'unità della filiera, ai danni d'immagine per l'intero comparto, al discredito a carico delle aziende italiane... Argomenti già sentiti, più volte.

Una novità, però, stavolta c'è.

Le aziende imbottigliatrici, in particolare una, hanno deciso di partire all'attacco su un piano diverso dal solito e con metodi differenti dall'usuale. Non le solite minacce legali o le cause milionarie (21 milioni di euro richiesti da Coricelli a Il Salvagente per l'inchiesta 2015) ma addirittura il discredito, se non la diffamazione. Un esposto antitrust, prontamente dato in pasto ai giornali, non per screditare l'inchiesta, magari su basi scientifiche, ma per macchiare gli autori. Una sorta di legge del taglione 2.0: tu fai male a me, io lo faccio a te. Occhio per occhio, dente per dente. Una tattica, anche mediatica, molto discutibile ma sicuramente di dubbio gusto. A entrare nel merito ci penserà Il Salvagente e la sua casa editrice. Non voglio certo rubare loro la storia. Documenti alla mano, a mio parere, si tratta di un clamoroso boomerang. Proprio per questa ragione non posso che esprimere la massima solidarietà al Direttore Riccardo Quintilli, al Vicedirettore Enrico Cinotti e a tutta la redazione, facendo al contempo loro i complimenti per l'ennesimo scoop oleario.

Conoscendo la realtà del settore, con la Spagna e la Tunisia le cui produzioni, al 60-70% sono vergini e lampanti, non è meglio dire la verità? L'extra vergine di oliva è poco e non ce n'è per tutti. Noi imbottigliatori facciamo quanto possibile per offrire il meglio che il mercato può darci ma purtroppo non sempre è eccellente e dobbiamo “arrangiarci”, dando comunque la possibilità al consumatore di acquistare olio sano, ovvero che non fa male alla salute, e controllato al prezzo più basso possibile. Si tratta di un consiglio non richiesto, lo so. Almeno, però, si animerebbe un dibattito più sincero, evitando il copia-incolla di quanto già detto e scritto un decennio fa.

di Alberto Grimelli

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Commenti 4

giampaolo sodano
giampaolo sodano
01 maggio 2021 ore 23:27

caro alberto se continui a scrivere in questo modo potrai aspirare ad incarichi ben più prestigiosi di direttore di un giornale per quanto autorevole. uno stile da gentlement ovvero uomo di modi signorili e irreprensibili, un linguaggio della tradizione tra aristocrazia e borghesia. non posso che condividere forma e contenuto del pregevole articolo e il rigore della risposta al signor Musicco. voglio soltanto aggiungere la meraviglia per le dichiarazioni dell'ad dell'azienda Coricelli, la giovanissima e affascinante Chiara, consegnate ad una gentile redattrice di "l'economia" del corriere della sera in cui afferma di chiamare il suo olio "succo di frutta", e la sua azienda "una affare di famiglia". certamente 126 milioni di ricavi non sono poca cosa per aver distribuito in italia e nel mondo un prodotto di poca qualità a poco prezzo. ciò che mi preoccupa come consumatore è l'impegno che la signorina Coricelli dichiara a proposito del suo progetto di estendere a tutta la gamma del food il suo brand, ad iniziare dal baccalà come aveva iniziato suo nonno. e con ciò essere riconosciuta come "master selector di eccellenze italiane". che Dio ce la mandi buona, caro Alberto.

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
01 maggio 2021 ore 11:45

Gentile Domenico Musicco,
non ci sono prove scientifiche che dimostrino un nesso causale tra l'irracidimento dell'olio e la sua pericolosità per la salute. Non si può quindi attestare che sia nocivo, ma certamente si può dubitare della sua salubrità, intesa come benefici per la salute.
L'olio in questione, secondo i test de Il Salvagente, è un vergine e non un extra vergine. Questo è il fatto e la premessa. E' chiaro che il rancido puzza ed è sgradevole, come vale per ogni altro difetto organolettico. E' corretto e legittimo che il consumatore protesti nel momento in cui compra un prodotto di classe inferiore, pagandolo come di qualità superiore. Il problema, sottolineato nell'articolo, è la responsabilità. Per il difetto di rancido, al contrario degli altri, è più complicato risalire alle cause: era rancido al momento dell'imbottigliamento? E' diventato rancido nei magazzini dei corrieri o nei centri di smistamento della GDO? E' diventato rancido sullo scaffale del supermercato? Le analisi chimiche dell'olio Carapelli non evidenziano criticità evidenti. E' quindi complicato attribuire una responsabilità diretta e univoca a carico dell'azienda imbottigliatrice senza ulteriori elementi.
Un olio eccellente, se lasciato su un tavolo assolato di un ristorante, può irrancidire in poco tempo: anche pochi giorni, specie se lasciato aperto. La colpa è dell'azienda o del ristoratore?
I risultati di tutti i test comparativi vanno ragionati e analizzati, distinguendo i fatti dall'analisi dei fatti. Il fatto è che l'olio Carapelli non è extra vergine (stando ai risultati del test). L'analisi ragionata, sulla base dei dati disponibili, impone cautela nell'attribuire la responsabilità all'azienda imbottigliatrice.
In estrema sintesi: l'olio è cattivo ma non è detto che la colpa sia di Carapelli.
Quanto alla sua prima affermazione. Spagna e Tunisia producono insieme, all'incirca, 1,5-1,6 milioni di tonnellate di olio d'oliva all'anno, ma il 60-70% non è extra vergine. Vuol dire che i principali bacini di approvvigionamento di olio mondiali riescono a immettere sul mercato solo 500 mila tonnellate di extra vergine all'anno, ovvero quanto basta a coprire solo il fabbisogno italiano. Ma c'è un mercato mondiale da soddisfare, che vuole in gran parte extra vergine. La coperta è corta...
Cordiali saluti
Alberto Grimelli

Domenico  Musicco
Domenico Musicco
03 maggio 2021 ore 22:58

Gentile Alberto Grimelli, parlo da consumatore, da cliente della ristorazione, di chi sia la colpa a me interessa poco, come credo a tutti i consumatori, detto questo invece da produttore, dico che se si "pretende" un certo prezzo nella vendita bisogna essere consapevoli di che fine fa il nostro olio che produciamo, l'imbottigliamento, il trasporto, lo stoccaggio, ecc ...
E' troppo facile dire il mio pesce è fresco, l'ho acquistato al mercato ittico questa mattina (questa è la fattura) ma questo NON dimostra che sia fresco, ma intanto lo pago per fresco e mangio una cosa non proprio salutare o comunque quello per cui ho speso il mio danaro.
Vede, i sacrifici che un Produttore Italiano fa, non saranno mai ripagati con il suo giusto prezzo, è il libero mercato purtroppo, oramai ci siamo abituati e le Associazioni di categoria e i vari Ministri e Ministeri continuano ad avvalorare questo declino.
Vari decenni fa la dicevano che un pezzo di terra faceva fare una casa oggi ....... ? Ma allora non c'erano contributi comunitari, era sufficiente lavorare la Terra !!!

Domenico  Musicco
Domenico Musicco
01 maggio 2021 ore 11:03

Dire che non c'è EVO per tutti, non lo so. Detto questo, considerare "peccato veniale" un olio rancido, secondo me è un tantino assurdo specie se si considera che puzza, è sgradevole e soprattutto è nocivo (credo) !
Il rancido proprio NON lo sopporto, mi fa passare l'appetito, e spesso si vedono ristoranti, pizzerie con l'olio in tavola sotto il sole che neanche una crema abbronzante resisterebbe a non alterarsi .
Spesso sono proprio i ristoratori per la loro mancanza di cultura e per il loro pressappochismo ad essere causa di farci mangiare male.