L'arca olearia

Il ritorno della piombatura negli oliveti italiani: danni e rimedi

Fra le sostanze attive più efficaci, oltre il rame, sono state riportate alcune strobilurine, triazoli e dodina.Discreti risultati anche con un fertilizzante minerale a base di potassio

03 febbraio 2021 | Silverio Pachioli

Nel complesso agroecosistema oliveto, oltre alle “nuove” patologie fungine descritte negli ultimi anni (Phytophthora, Botryosphaeria e Neofusicoccum, Neofabraea, Colletotrichum spp., ecc.), tornano a causare ingenti danni alcune micosi considerate, generalmente, patologie di minore importanza per la coltura.

Fra queste è da segnalare il fungo responsabile della cercosporiosi (Pseudocercospora cladosporioides (Sacc.) U. Braun), conosciuto anche come “Piombatura” dell’olivo.

Il fungo è stato segnalato per la prima volta, nel 1880, da Saccardo. Identificato da Gonzalez Fragoso, nel 1925 in Sanlùcar la Mayor, è stato riconosciuto come patologia dell’olivo nel 1941 in California e nel 1952 in Italia dal Pettinari, che ne segnalava la presenza in tutte le zone olivicole italiane e, in particolare, in Puglia (Salento) (Avila et Trapero, 2010).

Presenta un’elevata specializzazione patogenetica, attaccando unicamente Olea europaea L., anche se in America del Nord P. cladosporioides è stato riportato come possibile responsabile di tacche fogliari su Prunus laurocerasus (dati non confermati).

La principale conseguenza della malattia è la caduta anticipata delle foglie infette, con debilitazione generale della pianta e ripercussioni negative sulla produzione e sulla capacità di resistere ad attacchi biotici ed abiotici. I frutti attaccati possono cadere e l’olio che se ne ricava può presentare elevati livelli di perossidi. Gli studi effettuati hanno accertato che le precoci filloptosi possono determinare perdite anche del 20% sulla produzione dell’anno successivo. La sensibilità varietale è notevolmente ampia.

La malattia viene troppo spesso confusa con altre patologie dell’olivo: cicloconio, Colletotrichum, Neofabraea, ecc. Questo, abbinato anche all’impostazione tradizionale della difesa, che vede far coincidere i trattamenti contro l’occhio di pavone con quelli per la cercosporiosi, ha contribuito, negli ultimi anni, alla difficile gestione e alla conseguente diffusione della problematica fitopatologica in tutti gli oliveti della Penisola.

Sulla faccia superiore della foglia si formano zone clorotiche, irregolari, che, col tempo, divengono di colore marrone-necrotico; nella porzione inferiore sono evidenti aree di colore grigio-piombo per la presenza di strutture fruttifere asessuali del fungo (Trapero et Blanco, 2004). I sintomi più evidenti si hanno sulle foglie vecchie situate sui rami della parte inferiore della pianta, anche se frequenti sono le infezioni di quelle più giovani (4-5 mesi).

La malattia è particolarmente grave negli impianti fitti, vigorosi e scarsamente areati. Il patogeno si sviluppa maggiormente nei mesi con temperature comprese fra 10° e 20°C e con umidità elevata (>80%), condizioni tipiche dell’autunno-fine inverno (Ávila et al., 2004). La produzione di conidi si ha principalmente tra i mesi di ottobre e marzo. La dispersione del patogeno si verifica a breve distanza, da foglia a foglia, sebbene sia favorita dal vento e dalla pioggia (Junta de Andalucía, 2010). Le foglie cadute a terra sembrano avere un ruolo fondamentale per la sopravvivenza del fungo, potendo costituire una importante fonte di inoculo (Trapero et al., 2009). Il periodo di incubazione (tempo intercorrente fra l’infezione e la manifestazione dei sintomi) può superare anche i 9 mesi (Trapero et al., 2011).

La difesa è stata da sempre incentrata su trattamenti rameici coincidenti con quelli contro l’occhio di pavone, con risultati non sempre risolutivi sulla malattia. Studi effettuati da diversi ricercatori (F. Nigro et. al., 2000; Joaquin R. et. al., 2020) hanno evidenziato rinnovati aspetti bioecologici del patogeno, con la proposta di una nuova sequenza temporale degli interventi fitosanitari. Per le cultivar suscettibili sembrano efficaci una successione di 4 trattamenti in febbraio, aprile, fine agosto e fine settembre/ottobre, quando le infezioni aumentano a causa della sporulazione derivante dalle infezioni residue. Esperienze effettuate in Abruzzo nel biennio 2019-2020 sembrano dare conferma a questi dati.

Fra le sostanze attive più efficaci, oltre il rame, sono state riportate alcune strobilurine, triazoli e dodina. Interessante citare un lavoro (Maria del Carmen Casado Muñoz et al.2017-XVIII Simposio Científico Técnico Expoliva Jaén) che ha testato l’applicazione di un fertilizzante minerale a base di potassio (ossido di potassio 18%) con discreti risultati.

In definitiva, la difesa alla cercosporiosi dovrà essere migliorata ed incentrata su una corretta individuazione dei sintomi, una gestione agronomica sostenibile dell’oliveto e su interventi fitoiatrici ben calibrati nelle epoche di applicazione.

Fonte: Accademia dei Georgofili - georgofili.info

Leggi anche

L'arca olearia

Piombatura dell'olivo: produzione di inoculi e tempi di infezioni durante tutto l'anno

Come difendersi dalla piombatura o cercosporiosi dell'olivo. Due i periodi con una produzione di spore più elevata, uno durante la tarda primavera - inizio dell’estate e l’altro durante l’autunno, entrambi favoriti da temperature di 20-25 gradi e umidità relativa tra l’80 e il 95%

10 febbraio 2025 | 13:00 | Graziano Alderighi

Potrebbero interessarti

L'arca olearia

Ottimizzazione della gramolazione della pasta di olive: tempo, temperatura, ossigeno e additivi naturali

Un aspetto chiave dell'estrazione dell'extravergine è la coalescenza di piccole goccioline di olio generate durante la frangitura in goccioline più grandi, che possono essere facilmente separate attraverso metodi meccanici. Ecco come ottimizzare il processo

12 dicembre 2025 | 16:30

L'arca olearia

Effetti della sostituzione dell'azoto minerale con azoto organico sul comportamento floreale, sulla qualità dei frutti e sulla resa dell'olivo

L'azoto è il nutriente minerale chiave negli oliveti, essenziale per la crescita. La sua carenza riduce significativamente la fotosintesi. L'elevata efficienza di fioritura con fertilizzanti organici azotati potrebbe essere attribuita alla capacità dei microrganismi del suolo di rilasciare regolatori di crescita come citochinine, auxine e gibberelline

12 dicembre 2025 | 15:00

L'arca olearia

Tolleranza alla mosca dell’olivo: aspetti morfologici, dimensioni della cuticola e composti volatili che difendono le olive

Diverse cultivar esposte alla mosca dell'olivo mostrano differenze nelle punture sterili e nella percentuale di infestazione larvale ma esistono anche meccanismi di difesa post-ovideposizione

12 dicembre 2025 | 14:00

L'arca olearia

Le diverse strategie di gestione dell'acqua in tre cultivar di olivo

La gestione dell'acqua all'interno delle piante dipende quindi da fattori come il controllo stomatale, le molecole osmoprotettive e le proprietà chimiche e anatomiche del legno. Le analisi biochimiche e strutturali rivelano come le tre cultivar di olivo hanno risposto in modo diverso allo stress da siccità.

12 dicembre 2025 | 13:00

L'arca olearia

Stretta spagnola sull'olio di oliva tunisino: la Commissione europea se ne lava le mani

Proprio mentre il governo tunisino decide una stretta sull'export, minancciando di bloccare le licenze di esportazione a chi vende a meno di 3,5 euro/kg, ecco che la Commissione europea fa orecchie da mercante all'interrogazione di Dario Nardella

11 dicembre 2025 | 15:00 | Alberto Grimelli

L'arca olearia

Le prospettive dei vini dealcolati e parzialmente dealcolati

L’indagine ha confermato l’interesse dei produttori per i vini no alcol, con oltre il 60% degli intervistati propenso a introdurre questo tipo di produzione. L’elemento che maggiormente influenza l’intenzione di produrre vini dealcolati è rappresentato dalle aspettative dei vantaggi che ne possono derivare

11 dicembre 2025 | 14:00