L'arca olearia
Guidare correttamente il frantoio per affrontare la campagna olearia anomala

Da problemi locali con l'acido linolenico fino ai bassi tenori di fenoli. L'annata non finisce con l'uscita dell'extra vergine dal separatore. Quale può essere la vita media di un extra vergine di questa campagna olearia? Lo abbiamo chiesto al Prof. Maurizio Servili
30 ottobre 2020 | Alberto Grimelli
La campagna olearia appare quest'anno anomala, non certo più difficile delle ultime che ci siamo abituati a vivere, ma sicuramente caratterizzata da condizioni particolari che vanno ben interpretate, in campo e in frantoio. Che sia colpa dei cambiamenti climatici o della tendenza a raccogliere sempre prima le olive poco importa. Ci si confronta con problematiche, dalle rese ai disequilibri gusto-olfattivi, a cui, in parte, la tecnologia può porre rimedio.
Abbiamo allora voluto sentire il Prof. Maurizio Servili dell'Università di Perugia per farci da guida nelle tortuose vie di questa campagna olearia.
- dal suo osservatorio, come è iniziata quest'annata di olive e olio?
E' una campagna sicuramente ottima per qualità, perchè per fortuna gli attacchi parassitari sono stati ben combattuti e il clima ci ha dato una grossa mano. Ci troviamo però di fronte a una dinamica di maturazione anomala, caratterizzata da un blocco per gli oliveti in asciutta dall'estate a fine settembre, causa caldo e siccità. Poi le piogge e l'abbassamento delle temperature piuttosto repentino e intenso hanno fatto il resto, con la maturazione bloccata almeno fino a metà ottobre. Nell'ultima settimana o dieci giorni, grazie a qualche bella giornata di sole, stiamo assistendo a un'inversione di tendenza, con rese più alte che permettono un ritorno dell'investimento di acquisto delle olive. Temo però che il gap patito a inizio stagione ce lo porteremo fino alla fine della campagna olearia.
- è l'unico problema di questa annata?
In realtà no. Abbiamo avuto anche problemi localizzati e puntiformi di non conformità degli oli prodotti, per superamento del limite in acido linolenico, fissato dalle norme internazionali all’ 1%. Si sa che è un parametro legato alla maturazione. La maturazione anomala di quest'anno e la raccolta anticipata hanno creato il problema che, per fortuna, è molto puntiforme.
- dal punto di vista organolettico?
Direi che abbiamo una buona carica aromatica in media ma livelli di fenoli seppur apprezzabili sono più bassi rispetto allo scorso anno. Un problema in parte dovuto all’elevato contenuto di acqua ma, in alcuni casi, può essere anche attribuibile ad una minor sintesi di tali composti da parte dell’oliva.
- in frantoio, per cercare di estrarre più olio, fenoli e aromi si sta insistendo molto su velocità e dimensioni ridotte della griglia del frangitore, quindi aumentando la violenza di frangitura. E' una scelta corretta?
Se vogliamo è possibile che ci sia un effetto soprattutto se l’impatto è sulla buccia. In questo caso aiutiamo a liberare la lipossigenasi contenuta nella buccia dell'oliva, aiutando la formazione di aromi. Per questo riguarda i fenoli no. Non c'è una correlazione tra violenza di frangitura e contenuto fenolico nell'olio. Per avere più fenoli occorre agire in gramola, gramolando di più se abbiamo con gramole confinate e con una sosta a bassa temperatura, oppure nel decanter e separatore, utilizzando poca acqua. Attenzione poi alle rese. Una frangitura molto violenta, in particolare se viene aggiunta ulteriore acqua, può creare emulsioni acqua-olio.
- più fenoli grazie a temperature basse in gramola? Ma non è il contrario?
Con un impianto tradizionale, se alziamo la temperatura fino a 30 gradi alziamo la solubilizzazione dei fenoli in olio ma compromettiamo l'aromaticità. Quindi certe temperature non sono più compatibili con l'alta qualità che desideriamo ottenere per i nostri oli almeno per le cultivar Italiane di maggiore impatto produttivo, è ora di mettercelo in testa.
Dirò di più, una sosta della pasta a 18°C in post-frangitura, seguita da una gramolatura intorno ai 25C° permette in molte delle cultivar nazionali di conciliare alti livelli di aromi ed adeguate concentrazioni fenoliche.
- mentre con 18°C per l’intero processo non ci giochiamo la carica fenolica?
No, se utilizziamo le nuove tecnologie. Un'opportunità offerta dallo sviluppo tecnologico degli impianti oleari è l'alto vuoto. Ovvero gramolare la pasta in vuoto spinto a temperature di 17-20 gradi, contro i 25-30 gradi medi di una gramolatura normale. Si ottiene un aumento dei fenoli consistente, un aumento della resa e una perdita, ma molto mitigata, dell'aroma dell'olio.
- perdiamo profumi quindi?
I componenti aromatici legati al flavour dell’olio si abbassano anche se non in modo sensibile ma strippiamo via anche eventuali componenti volatili negative. E' come se venisse effettuata una “rimozione selettiva” di alcuni composti volatili che “inquinano” l’aroma. Vengono rimossi ridotti livelli di quei composti volatili dal basso peso molecolare, come etanolo e acido acetico, che si possono venire a formare anche durante stoccaggi delle olive molto brevi specialmente con alte temperature ambientali. Composti che possono emergere su oli, all’apparenza sensorialmente perfetti, magari dopo un paio di mesi di esposizione allo scaffale, quando i composti del fruttato, parzialmente degradati, non saranno più in grado di mascherarli.
- etanolo più basso negli oli significa anche meno etil-esteri?
In termini di concentrazione iniziale di etil esteri sull’olio in post estrazione i risultati scientifici sono contrastanti ma sicuramente l’incremento degli etil esteri negli oli confezionati è legato anche al contento in alcol etilico libero dell’olio e quindi parametro degli etil esteri più stabile in post confezionamento.
- veniamo alla conservazione, quanta vita dare a un olio di questa campagna olearia?
Oggi la shelf life sta diventando il vero problema della filiera. La conservazione nei punti vendita non è ottimale e l'olio ne risente. Per questo, nell'ambito del progetto Oleum e in collaborazione con l'Università di Bologna, abbiamo sviluppato un modello previsionale sulla vita media di un olio confezionato. Abbiamo preso oli industriali di tutto il Mediterraneo, con i valori più disparati, dal 56-57% di acido oleicolo della Tunisia all'81% dell'Italia, da 150 ai 350 mg/kg di tocoferoli, dai 150 ai 1200 mg/kg di fenoli. Una volta creati degli oli modello da questi campioni li abbiamo conservati alla luce (12 ore a 500 lux a 25 gradi) per 12 mesi e al buio per 24 mesi. Gli oli, una volta al mese, sono stati sottoposti ad analisi chimica sui parametri legali di base, più OSI test, fenoli, tocoferoli e aromi del rancido. L'Università di Bologna ha determinato le soglie di percezione del panel sul rancido e l’OSI. Elaborati i dati abbiamo costruito un modello predittivo, validato con un altro dataset completo di altri oli. Abbiamo evidenziato che i parametri più sensibili per la conservazione alla luce sono la spettrofotometria K270 e i componenti del rancido, mentre per la conservazione al buio solo i componenti del rancido.
- come i produttori possono beneficiare di questa esperienza?
Abbiamo intenzione di attivare un servizio per la filiera olivicolo-olearia. Abbiamo messo a punto un software predittivo, che abbiamo battezzato “Vita olei”, e lo potremo impiegare per dare ai produttori una previsione della durata di conservazione del loro olio al buio e alla luce. Il programma è anche in grado di fornire un modello predittivo sul decadimento dei fenoli in ragione del claim salutistico eventualmente indicato in etichetta. Contiamo di poter iniziare a erogare il servizio da inizio anno, con modalità e costi che sono ancora in via di definizione.
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