L'arca olearia 15/02/2019

L'olio extra vergine di oliva italiano è stato finito in soli quattro mesi

L'olio extra vergine di oliva italiano è stato finito in soli quattro mesi

Secondo i dati del report Frantoio Italia della Repressione Frodi sono state vendute 40 mila tonnellate di olio italiano al mese negli ultimi quattro mesi per un fatturato all'origine che sfiora il miliardo di euro. E allora perchè olivicoltori e frantoiani sono scesi in piazza?


La Repressione Frodi ha diramato il report Frantoio Italia, con i dati aggiornati al 31 gennaio 2019.

Partiamo dunque dai dati.

L'olio extra vergine di oliva nazionale sfuso giacente al 31 gennaio era pari a 112 mila tonnellate, a cui, per approssimazione, possiamo aggiungere le 9200 tonnellate di olio in attesa di classificazione, per una giacenza complessiva di 121 mila tonnellate. A queste si aggiungono 2800 tonnellate di olio vergine nazionale e 29 mila tonnellate di lampante.

Torniamo ai dati del Frantoio Italia al 15 settembre.

Allora l'olio extra vergine di oliva nazionale sfuso giacente era pari a 101 mila tonnellate, a cui, per approssimazione, possiamo aggiungere le 6700 tonnellate di olio allora in attesa di classificazione, per una giacenza complessiva di 108 mila tonnellate. A queste si aggiungevano 3200 tonnellate di olio vergine e 16 mila tonnellate di lampante.
Facciamo qualche conto.

Se la produzione nazionale è stata di 185 mila tonnellate (stima Ismea), dato a cui vanno aggiunte le giacenze al 15 settembre, pari a 108 mila tonnellate, raggiungiamo la cifra complessiva di olio disponibile di 293 mila tonnellate. Se a questo dato sottraiamo le giacenze attuali, al 31 gennaio, pari a 121 mila tonnellate, arriviamo a un dato di olio commercializzato pari a 172 mila tonnellate, ovvero una media di 43 mila tonnellate al mese.
Qualcuno può legittimamente pensare che l'olio in questione possa essere in giacenza confezionato, in attesa di essere venduto. Non pare sia così visto che i dati di olio confezionato giacente al 15 settembre, 10 mila tonnellate, e al 31 gennaio, 11 mila tonnellate, sono quasi equivalenti.

E' anche evidente che non vi è stato alcun significativo declassamento dell'olio giacente al 15 settembre, visto che il solo dato a essere cresciuto, quello dell'olio lampante, è coerente con la produzione avuta durante la campagna olearia.

Non c'è quindi alcun dubbio: l'Italia ha venduto 40 mila tonnellate di olio extra vergine di oliva nazionale al mese da ottobre a gennaio. Un dato stupefacente, se consideriamo che andrebbe aggiunto il commercializzato comunitario ed extracomunitario, che ci proietterebbe molto vicino a quanto venduto dalla Spagna negli stessi mesi.

Non solo, 172 mila tonnellate di olio extra vergine nazionale, alla quotazione media all'ingrosso di 5,5 euro/kg, significa un volume d'affari all'origine di 946 milioni di euro, come a dire un miliardo di euro incassato da olivicoltori e frantoiani in quattro mesi.

Allora qualcuno mi deve spiegare perchè, a fronte di questi strabilianti risultati, sono scesi in piazza a migliaia questa settimana a Roma...

A meno che, ovviamente pensando male...

Rifacciamo un po' di conti, considerando che la Repressione Frodi si era sbagliata e, al 15 settembre, non erano giacenti 100 mila tonnellate di olio extra vergine nazionale, ma 10 mila.
185 mila (di produzione) + 10 mila (giacenza al 15 settembre) = 195 mila tonnellate
195 mila tonnellate – 121 mila tonnellate (giacenti al 31 gennaio) = 74 mila tonnellate
Diciamo, più o meno, 20 mila tonnellate di olio extra vergine di oliva nazionale commercializzato al mese negli ultimi quattro mesi.
Un dato che, sentiti un po' di operatori del settore, appare congruo e realistico.

Però i dati ufficiali sono i dati ufficiali e su questi la politica e il Ministro Centinaio dovrebbero basarsi.
Sulla base dei dati ufficiali non c'è alcuna crisi dell'olio italiano, la cui commercializzazione va anzi a gonfie vele, e gli olivicoltori e frantoiani italiani hanno guadagnato un gran bel gruzzoletto.
Allora a che serve un decreto gelate e un Piano olivicolo nazionale? Perchè lo Stato dovrebbe mettere soldi su un settore che ha le risorse per fare investimenti da solo?
Confuso e spaesato, attendo che qualcuno fornisca le risposte.

di Alberto Grimelli

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Commenti 6

giuseppe fugaro
giuseppe fugaro
17 febbraio 2019 ore 23:20

Caro Grimelli concordo con lei ma purtroppo è una battaglia persa in partenza e il Sian e le sue banche dati sono muri di gomma. Non dimentichiamo che la vicenda delle quote latte ha avuto come riferimento dati "sballati" del Sian! Per non parlare dei dati degli schedari viticoli a cominciare da quelli degli anni ottanta! purtroppo l'informatica in agricoltura è partita con il piede sbagliato e non riesce a riprendere il passo. E che dire dei dati del Vigneto Italia? Credo di poter dire che i 6.600 controlli dell'Icqrf sono solo quelli direttamente sugli operatori del settore della filiera oleicola come frantoi, confezionatori e distributori e non sugli organismi di controllo che sono inseriti in un'altra categoria di controlli. Infine è più trascinante piangere e protestare sul latte sardo ovino versato per strada, sull'olio non prodotto per gli olivi seccati dalla Xylella, sul vino non prodotto per le grandinate di settembre e ottobre e per tante altre leggende contadine che ci propinano i media alimentati spesso da organizzazioni come Coldiretti!

Alberto Grimelli
Alberto Grimelli
17 febbraio 2019 ore 10:46

Gentili signori,
ricordate bene, fu Teatro Naturale a parlare per primo della truffa dell'olio di carta, spiegandone i meccanismi.
Gli articoli giornalistici, però, passano mentre i dati ufficiali restano.
Mi spiego meglio.
Quando la politica, il Ministro, deve prendere delle decisioni, ovviamente chiederà dati e informazioni ai propri uffici che non potranno far altro che fornire quelli ufficiali. Nel caso specifico quelli del registro Sian. Non quindi qualche articolo che passa e va in archivio e neanche qualche decina di commenti sui social che fanno presente di avere ancora olio nei propri ziri.
Il vero e serio problema è la genesi di questi dati e i controlli che vengono effettuati.
Secondo l'ultimo report l'ICQRF ha effettuato 6600 controlli sulla filiera olivicolo-olearia nel 2018. Ma quale tipo di controlli? Sulle irregolarità formali sul registro Sian, su tizio e caio che si sono dimenticati un segno di spunta o un'annotazione? Nel novero dei controlli sono anche conteggiati quelli degli organismi di controllo sulle certificazioni bio e Dop/Igp? I sistemi informatici, oggi, permetterebbero di inserire allerte automatiche su produzioni di olive e rese di olio molto superiori alla media, quindi sospette. Sono stati implementati simili sistemi?
Oggi ci possiamo arrabbiare e indignare di fronte a questi dati. E' giusto. Il problema è che fare domattina, quando l'articolo andrà in archivio.
Un giornale informa, evidenzia problemi e criticità, smaschera.
A chi spetta battagliare perchè, tra sei mesi, Teatro Naturale non debba raccontare, ancora una volta, le stesse cose?

giuseppe fugaro
giuseppe fugaro
16 febbraio 2019 ore 19:10

I dati del Frantoio Italia sono quelli che raccoglie il Sian attraverso i registri telematici. Il Sian è quello che gestisce anche tutti i dati degli aiuti della Pac con le problematiche che gli agricoltori ben conoscono. L'affidabilitò di questi dati è quindi scarsa o pressoché nulla! Le considerazioni fatte nell'articolo sono quindi teoriche e dispiace solo che le Amministrazioni possano utilizzare tali dati per qualche decisione di politica agricola che sarebbe sbagliata. Se non sbaglio proprio TN aveva paventato una possibile truffa a danno dei registri Sian da qualcuno che caricava olive di carta e olio vero ma spagnolo!!! In ogni caso i dati Sian per definizione non possono essere ritenuti attendibili.

riccardo sgaramella
riccardo sgaramella
16 febbraio 2019 ore 16:06

Buongiorno voglio solo ricordare al sig. Grimelli che i dati ufficiali sono quelli che comprendono le truffe, senza le carte l’oli Non si può vendere, quindi i dati che lei ha preso per buoni perché ufficiali sono i dati comprensivi delle truffe che rovinano la nostra olivicoltura

Geppino  Miraglia
Geppino Miraglia
16 febbraio 2019 ore 11:09

Come pensare ad una corretta politica agricola,se,sostanzialmente manca la "Politica"'?.Semmai,sarebbe interessante sapere cosa si fa ,o cosa si potrebbe fare per avre la giusta dimensione della produzione italiana.
Solo attraverso un vero censimento delle piante ,con il controllo degli enti preposti,anche attraverso le quadrature derivanti dalle sanse potremo cominciare a fare due conti...Creare poi l'obbligo in etichetta di informare il consumatore della reale provenienza del prodotto e definire attraverso il codice penale le mistificazioni...questi gli strumenti che MAI nessuno ha voluto applicare al nostro comparto.
La certezza del diritto nasce dalla certezza della pena....

marzia Maso
marzia Maso
16 febbraio 2019 ore 10:28

Buongiorno, io sono un olivicoltore e produttore di olio extravergine di oliva. Frante le olive al frantoio, portiamo a casa l'olio e poi lo imbottigliamo. Quello della produzione 2017 ne abbiamo sempre in magazzino imbottigliato e quello della produzione 2018 non è ancora stato imbottigliato n'è venduto. Premetto che la produzione 2017 è stata di 1000 kg e una parte è rimasta al frantoio per pagare la molitura, una parte è stata venduta nel nostro agriturismo e il resto facciamo fatica a venderlo ai ristoratori o alle botteghe perchè o è caro oppure perchè non abbiamo il codice a barre e quindi non lo vogliono al supermecato. Dagli inizi del 2018 e quindi la produzione ultima è anche certificata biologica, ma è stata poca, colpa la gelata ed è stata circa di 400 kg. Non abbiamo prezzi alti.