L'arca olearia
Le api non fanno l'olio e nemmeno le olive
Le api possono essere utilizzate, più che per migliorare, per indicare lo stato di salute dell’oliveto. Il contributo delle api all’impollinazione e alla produzione è insignificante se comparato a quello fornito dal vento. Rocco Addante, entomologo e ricercatore dell'Università di Bari chiude così la querelle sulla scorretta campagna promozionale di Monini: "le api fanno l'olio"
23 marzo 2018 | Elisabetta De Blasi
Nel lavoro del giornalista quasi sempre la domanda è più importante della risposta. Una buona domanda, ben sviluppata, ben costruita, genererà una buona risposta, chiara e definita, che non lasci dubbi sul significato delle cose.
Nella querelle aperta dall'articolo "L'ultima fake news nel mondo dell'extra vergine d'oliva: le api fanno l'olio" a proposito delle scelte comunicative di Monini, che privilegiano la verosimiglianza sulla verità, molti hanno obiettato che le api bottinano il polline dell'olivo e quindi tutto sommato non si tratta di irrealtà. Urge quindi introdurre una voce scientifica in questo dibattito, che possa fare chiarezza su alcune affermazioni proposte dal sito aziendakle e sul contenuto reale relativo a ciò che accade nell'oliveto.
Ci siamo appellati quindi a Rocco Addante, entomologo, ricercatore confermato presso il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti dell'Università degli Studi di Bari, con due insegnamenti annuali in zoologia ed entomologia agraria ed entomologia speciale.
Monini ci elargisce pillole di (inedita) verità: "I prodotti della nostra tavola esistono anche grazie all’impollinazione delle api. Un uliveto sano rende le api felici: le abitanti delle 50 arnie che si trovano vicino agli uliveti di Monini Bios contribuiscono, con il loro lavoro, a creare una maggiore presenza di frutti, garantendo la salute dell’uliveto." Abbiamo quindi chiesto al prof. Addante: Cerchiamo di fare chiarezza, al di là degli obiettivi comunicativi, le api possono migliorare la salute dell'uliveto e se si in che misura?
"Dovrei chiederle cosa intende per “salute dell’uliveto”. Direi che le api possono essere utilizzate, più che per migliorare, per indicare lo stato di salute dell’oliveto, nel senso che, con opportuni metodi di biomonitoraggio e analisi dei campioni, le api possono aiutarci a capire se i trattamenti eseguiti negli oliveti con prodotti fitosanitari sono effettuati rispettando le norme sul controllo integrato (ad esempio riguardo ai principi attivi utilizzabili e all’epoca dei trattamenti). Le api, inoltre, possono risultare utili all’agroecosistema oliveto visto nel suo complesso, in quanto, favorendo l’impollinazione incrociata delle piante spontanee annuali che frequentemente ricoprono il suolo degli oliveti, contribuiscono a mantenere un maggiore livello di biodiversità vegetale e, di conseguenza, animale."
Quindi, se la comprensione della lingua italiana non mi trae in inganno, le api possono contribuire sicuramente alla biodiversità delle flora presente al suolo e possono essere 'utilizzate' per biomonitorare l'oliveto, quindi ahimé, niente a che vedere con una maggiore presenza dei frutti, ne' salute dell'oliveto in quanto insieme di piante di olivo. Giusto per essere più precisi relativamente all'apporto delle api contribuiscono ad aiutare la pianta a produrre più frutti?
"Nel caso dell’olivo, normalmente no. - prosegue Addante - Se visitiamo un oliveto all’epoca della fioritura possiamo osservare numerose api intente a bottinare l’abbondante polline presente nei fiori, necessario al sostentamento della colonia. Si potrebbe, pertanto, essere indotti a pensare che, spostandosi di fiore in fiore, le api possano incrementare significativamente l’allegagione. Tuttavia, poiché l’olivo è una specie ad impollinazione anemofila, ossia operata dal vento, il contributo delle api all’impollinazione e alla produzione è insignificante se comparato a quello fornito dal vento. D’altro canto invito a riflettere sul fatto che i fiori dell’olivo non hanno sviluppato nel corso dell’evoluzione né colori, né odori, né nettare per attrarre i pronubi e garantirsi l’impollinazione incrociata, al contrario dei fiori delle angiosperme ad impollinazione entomofila (operata da insetti, tra cui le api), caratterizzati, invece, da colori vivaci e nettare profumato e ricco di zuccheri proprio per attrarre i pronubi."
Insomma l'olivo non si è evoluto nella direzione della creazione di un'alleanza con gli insetti e quindi non ha messo in atto quelle pratiche di scambio necessarie. Infine, per fugare ogni dubbio una domanda secca: le api nell'oliveto contribuiscono all'impollinazione? Ovvero: come funziona in due parole l'impollinazione dell'olivo?
"L’olivo è una specie arborea ad impollinazione anemofila – precisa il professore - che, producendo una grande quantità di polline polverulento spostato al minimo alito di vento, non necessita del contributo delle api o di altri pronubi spontanei per produrre frutti. Conviene ricordare che la maggior parte delle cultivar di olivo è autoincompatibile necessitando dell’impollinazione incrociata, che, come ribadito, in questa specie arborea è operata dal vento anziché dai pronubi. A causa dell’autoincompatibilità è opportuno che in uno stesso oliveto siano presenti due o più cultivar intercompatibili che potranno essere impollinate reciprocamente grazie all’azione del vento."
La comunicazione, anche pubblicitaria, non può far finta che la realtà sia differente e piegarla al proprio volere, solo per dare un'impressione diversa. Le api non risultano rilevanti nell'impollinazione dell'olivo, non aumentano la quantità di frutti, non migliorano di per se' la salute dell'oliveto, semmai ci forniscono alcune informazioni sulla stessa.
Insomma le api NON fanno l'olio e nemmeno le olive.
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Francesco Donadini
24 marzo 2018 ore 07:43la domanda che manca: ma perchè Monini ha deciso di fare quella comunicazione? Per dimostrare cosa? Un contributo di informazione? Non penso. Un contributo di conoscenza? Non penso. Un contributo di promozione? Non penso. Sarebbe utile "sentire" l'obiettivo dell'azienda Monini nel proporre quel tipo di comunicazione pubblicitaria che è contro lo stesso codice di autodisciplina della Pubblicità (art.1, 63esima edizione 2017, www.iap.it), che Monini come grande impresa per prima dovrebbe conoscere e adeguarsi per rispettare e poter dire di essere dalla parte dei consumatori. Chissà se qualcuno riuscirà a farla e riceverò risposta.