L'arca olearia
Positiva la resa in biometano del paté della tecnologia Dmf Pieralisi
Gli incentivi sulla produzione del carburante verde diventano una interessante opportunità per i sottoprodotti della filiera olivicola. Il nuovo decreto previsto entro la prossima estate, potrebbe incentivare lo sviluppo di una produzione di biometano per 8,5 miliardi di metri cubi fino al 2030
12 maggio 2017 | Francesco Cherubini
Con una produzione che varia tra i 160 ed i 180 normal metro cubo di biometano a tonnellata - di poco inferiore all’insilato di mais che si attesta sui 210 - il pâté generato dalla tecnologia Dmf del Gruppo Pieralisi rappresenta una delle più interessanti opportunità per alimentare gli impianti a biogas in vista del nuovo decreto che incentiva la produzione di questo carburante verde.
Se ne è discusso in un seminario a Bari organizzato da Agroenergia in collaborazione con Federmetano dove è stato evidenziato come, nell’alimentazione del biodigestore, tra i sottoprodotti delle numerose filiere agricole presenti nel sud Italia, quella olivicola, per quantitativi prodotti, è sicuramente una delle più appetibili.
Chiamato a portare la propria esperienza, il Gruppo Pieralisi ha illustrato la tecnologia Dmf (decanter multi funzione) sviluppata dall’estrattore centrifugo Leopard. Questi è infatti in grado di produrre, oltre ad un olio di eccelsa qualità e ad un nocciolino perfetto per stufe e caldaie, anche il cosiddetto pâté, vale a dire la particolare sansa costituita dalla polpa e dall’umidità dell’oliva. Il pâté, come noto, è valido per numerosi impieghi, pur trovando proprio negli impianti a biogas il suo maggiore utilizzo.
“Oggi - ha infatti spiegato il direttore commerciale Beniamino Tripodi - molti digestori utilizzano il pâté prodotto dagli impianti Pieralisi, con una percentuale del 30/40% della loro alimentazione complessiva. Ci sono le condizioni però per creare biodigestori in grado di essere alimentati al 100% con il pâté, dunque per intero un sottoprodotto di origine agricola, beneficiando così di tariffe verosimilmente molto più incentivanti. E considerando che la produzione olivicola in Italia si concentra principalmente al Sud, con la sola Puglia che detiene una quota di mercato di qu asi il 40%, si può ben capire che progetti di tal genere in questa regione, ma anche nelle altre a forte vocazione olivicola, possono certamente avere ottime chance di successo”.
Secondo il Cib - Consorzio italiano biogas - il nuovo decreto previsto entro la prossima estate, potrebbe incentivare lo sviluppo di una produzione di biometano per 8,5 miliardi di metri cubi fino al 2030, pari al 15% del fabbisogno annuo di gas naturale in Italia.
Ma quali possono essere gli impieghi per questo combustibile verde generato da un impianto a biogas? Dall’incontro di Bari ne sono emersi tre. Se l’impianto a biogas è in prossimità di una conduttura delle autostrade del metano può essere venduto alla rete nazionale. Oppure il biometano può alimentare un impianto di distribuzione per l’autotrazione da realizzare in una piazzola accanto. Infine può essere caricato nei cosiddetti carri bombolai, vale a dire gli speciali autocarri che trasportano il gas metano per destinarlo alla vendita. Diverse opzioni, che si basano tutte però su un importante presupposto: che ad alimentare il biodigestore siano gli scarti di produzioni agricole e non una coltivazione ad hoc, come ad esempio il tradizionale insilato di mais di cui si diceva in premessa, così da beneficiare di tariffe incentivanti per il mancato consumo di suolo (valendo il principio che la terra va coltivata per produzioni destinate a fini alimentari).
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