L'arca olearia 16/09/2016

Formare i formatori: insegnare l’olio extra vergine d'oliva ai docenti universitari

Formare i formatori: insegnare l’olio extra vergine d'oliva ai docenti universitari

Tanta attenzione verso l'olio extra vergine di oliva all'estero. C'è voglia di sapere, per poi poter comunicare correttamente le proprietà, i benefici e le particolarità di un prodotto "esotico". Dalle domande più banali: un olio rimane Dop quando diventa vergine di oliva? A quelle più complicate: come si produce un olio frazionato?


All’interno di un progetto patrocinato dal governo taiwanese ho avuto l’onore di insegnare “l’extravergine” presso l’Università dell’Innovazione e della Tecnologia di Taoyuan (Taoyuan University of Innovation and Technology). I miei studenti erano un po’ particolari: docenti dell’università. In parole povere “ho formato i formatori”.

Sono sicuro che molti lettori di Teatro Naturale avranno avuto esperienze ben più importanti di questa che mi accingo a raccontare, ma alcuni aspetti della docenza hanno attirato la mia attenzione e li vorrei condividere voi.

Il luogo – Università di Taoyuan. Un’aula molto grande, ben strutturata, in stile anni ‘60, silenziosissima, con tutta la tecnologia necessaria per insegnare racchiusa in una consolle in stile manga: tutto semplicissimo, a portata di mano. Chiare indicazioni per raggiungere l’aula, realizzate con pannelli formato A3 disposti lungo il percorso e recanti un testo in cinese e alcune fotografie relative all’evento ed alla docenza.

L’allestimento – Ad ogni studente è stata data una dispensa appositamente realizzata e stampata in forma di manuale, contenente una traccia del corso, alcuni testi base del C.O.I., le schede per l’analisi organolettica e qualche pagina per gli appunti: una sorta di libro da completare, molto utile e ben fatto, in cinese, inglese e italiano. Ogni studente aveva davanti a sé un bicchiere, dell’acqua, dei tovaglioli e i campioni di olio necessari per la lezione, distribuiti in appositi bicchieri molto simili ai nostri ma trasparenti, dotati di numero identificativo e coperchio a chiusura ermetica, affinché gli studenti potessero portarli a casa per esercitarsi.

Gli oli - Abbiamo portato con noi quasi 40 bottiglie di olio italiano: non anonime bottiglie di plastica identificate da una scritta con il pennarello, ma le bottiglie dei produttori, con le etichette, perché gli oli assaggiati e descritti devono poter essere recuperati sul mercato (Ovviamente quelli difettati erano in confezioni anonime).

Gli studenti – Docenti universitari che insegnano in diversi ambiti: docenti di analisi sensoriale, di economia, di chimica, di strutture economiche,…. Alcuni di loro dotati di una preparazione elevatissima, soprattutto in analisi sensoriale, e con una conoscenza dettagliata del mercato dell’olio: nonostante ciò hanno ascoltato le mie lezioni in inglese, pazientemente, con attenzione. E devo dire che mi hanno posto domande che in tanti anni di insegnamento nessuno mi aveva mai fatto: come si realizza un olio frazionato, come la rotazione del decanter influisce sulla qualità dell’olio, l’omolisi, se un olio rimane D.o.p. quando diventa vergine,… (Durante le lezioni la dr.ssa Xiaowen Huang – che è stata l’organizzatrice del corso - è sempre rimasta con me, traducendo dall’inglese al cinese le parti più difficili e completando le mie lezioni con interventi tecnici ed economici specifici del mercato asiatico).

Esame - Al termine del corso erano previsti un esame scritto e uno pratico: gli studenti sono entrati nell’aula lasciando testi e cellulari su un tavolo all’esterno, si sono seduti distanziati uno dall’altro, hanno preso il foglio delle domande ed hanno iniziato a scrivere. Poi singolarmente hanno affrontato semplici test di allineamento delle intensità e di riconoscimento degli attributi positivi e negativi.

Considerazioni - Due docenti non hanno potuto sostenere l’esame finale in quanto – a causa di impegni in università - hanno perso una lezione: entrambi hanno comunque frequentato il corso perché per loro non era importante l’attestato finale quanto la possibilità di confronto e di apprendimento. Ho pranzato con i docenti in sala professori condividendo i lunch boxes che il dipartimento aveva preparato per tutti noi; alcuni hanno portato una torta e del buon vino perché per loro era un momento davvero conviviale, che si è svolto nel massimo rispetto dei rispettivi ruoli universitari: condividere un momento di gioia con un brindisi ha confermato i nostri rapporti professionali, senza allontanarli o avvicinarli in alcun modo.

Durante le lezioni spesso ho posto domande ai singoli studenti: ognuno dava la sua risposta, senza pensare agli altri, senza pensare di aver detto la cosa giusta; rispondevano esprimendo il loro reale pensiero, perché volevano imparare, crescere e non dimostrare chi era il più bravo.

Un docente non ha superato i test; con estrema gentilezza ha chiesto in cosa avesse sbagliato, senza nessun altro fine se non quello di capire i suoi errori e ottenere un risultato migliore la prossima volta.

Il direttore del dipartimento mi ha chiesto di insegnare ancora in futuro nella loro università, perché gli argomenti sono stato trattati con semplicità, l’esposizione in inglese è stata chiara, gli oli assaggiati sono stati tantissimi. E gli studenti hanno espresso tutti un giudizio più che positivo sul corso e sul relatore: ecco, quest’ultima frase suona un poco presuntuosa per me. In realtà lo è: io conserverò nel mio cuore questa esperienza che dovrebbe essere una normale esperienza di docenza universitaria, ma che invece diventa esaltante perché è sempre più difficile trovare qualcuno che ti ingaggia per quello che sei, per quello che vali e quello che fai, è sempre più difficile trovare qualcuno che ti dice onestamente se hai lavorato bene, che rispetta il tuo lavoro e le tue decisioni imparziali. Difficile certo, ma non impossibile. Chissà che magari un giorno, anche in Italia, le future generazioni…


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