L'arca olearia
L'amore e l'odio del web per l'olio extra vergine d'oliva

C'è interesse per l'olio di oliva su internet ma la sete di conoscere raramente viene completamente soddisfatta. Buone notizie? "La maggioranza degli utenti sembra consapevole che l’artigianalità della produzione denota un livello qualitativo diverso da quello industriale." L'analisi svolta da Aicig e la videochat Rai sull'Oro Verde pongono di fronte a una triste realtà: troppo promozione, poca informazione
16 ottobre 2015 | Alberto Grimelli
Il web è ormai fonte primaria di informazione per una fetta crescente della popolazione, sia in Italia sia all'estero.
Se l'olio d'oliva non è cresciuto, né nell'immaginario collettivo né come importanza economica, è dovuta anche alla sua scarsa presenza sul web? Il peso dell'olio di oliva sulla produzione ai prezzi di base dell’intero settore agricolo è del 3%. Percentuale analoga si ha scendendo lungo la filiera, dove il fatturato dell’industria dell’olio di oliva è di circa il 3% rispetto a quello dell’intera industria agroalimentare nazionale.
Eppure, come ha avuto modo di ricordare Oscar Farinetti a Expo: se dovessi scegliere un prodotto emblema dell'Italia penserei proprio all'olio extra vergine di oliva.
Aicig, insieme a Ismea e alla Zowart Creative Agency, hanno cercato di comprendere “come e quanto il concetto di olio extravergine d’oliva in generale, e italiano a denominazione in particolare, venga percepito dal consumatore finale, nel tentativo di individuare quei gap informativi che possono incidere negativamente sulle scelte al momento dell’acquisto.”
Della corposa ricerca, che ha affrontato anche gli scaffali di alcuni supermercati internazionali, estrapoliamo solo l'analisi web.
La ricerca internet degli utenti per “olio dop” in Italia stenta a decollare, mentre “olio extravergine di oliva” è il più ricercato dagli utenti, anche rispetto alle varianti “olio d’oliva” e “olio vergine di oliva”. Le parole “olio IGP” non hanno generato risultati apprezzabili.
Le ricerche medie mensili degli utenti sul motore di ricerca Google sono sostanzialmente volte ad approfondire cinque aspetti dell’olio d’oliva. Le ricerche per brand sono le più cospicue, seguite a una certa distanza da quelle per provenienza geografica, qualità, prezzo e modi d’uso. Il brand Carli assorbe quasi l’86% delle ricerche per brand, seguito da Sasso, Monini, Dante, Del Garda, Rinaldi, Carapelli, Canino. La seconda leva che orienta le ricerche online sull’olio degli utenti è rappresentata dalla provenienza geografica. Gli oli regionali più digitati sono quelli di Puglia, Toscana, Liguria, Sicilia e Umbria. Alcuni internauti sembrano interessati a conoscere caratteristiche e attributi del prodotto, farsi dare consigli di acquisto (“olio extravergine di oliva migliore”) e approfondire informazioni sull’etichetta (“etichette olio di oliva”). Si segnala inoltre l’uso della keyword “vendita olio” e sue varianti, ad indicare la ricerca sul web di punti commerciali in cui effettuare l’acquisto, anche nella loro versione “online” (e-commerce). Relativamente ai modi d’uso, le ricerche degli utenti fanno riferimento all’applicazione dell’olio soprattutto in campo estetico e culinario.
La ricerca ha anche analizzato le conversazioni su internet sull'olio di oliva. In percentuale, i risultati provenienti dal canale news coprono circa il 36% del totale, il 6% circa proviene dai blog, il 42% dai forum. Il restante 16% si ripartisce tra i social network, Facebook soprattutto. Interessante quindi notare che i social network ricoprono un ruolo ancora marginale.
Ma su quali temi si concentrano le conversazioni?
Rapporto qualità/prezzo: il prezzo è infatti percepito come indicatore di qualità e influisce moltissimo sulle preferenze.
La provenienza geografica: la diffidenza nei confronti degli oli a basso costo ha fatto fondamentalmente perdere l’attenzione dell’utente verso l’articolo “di marca” come simbolo di qualità, e la spesa è fatta con un occhio più attento alla provenienza geografica.
Frantoio versus GDO: la maggioranza degli utenti sembra consapevole che l’artigianalità della produzione denota un livello qualitativo diverso da quello industriale.
Qualità e pregiudizi sull’olio di oliva in Italia: dalle conversazioni risulta netta la preferenza per l’olio extravergine, considerato migliore per qualità, sapore, prestigio e genuinità. Gli altri oli hanno invece un profilo di immagine più debole
Sebbene lo strumento “Keyword Planner” di Google abbia registrato un volume di ricerca maggiore per i brand, all’interno delle conversazioni analizzate, gli argomenti più ricorrenti sono la qualità e l’origine dell’olio.
Non è un caso che gli stessi temi, o filoni, oggetto dell'analisi di Aicig siano stati puntualmente confermati nel corso della videochat Rai, condotta da Anna Scafuri con Maurizio Pescari, avente per tema l'oro verde.
Anche in questo caso le molte domande pervenute alla redazione del TG1 durante la videochat hanno riguardato la qualità dell'olio e come riconoscerla, la scelta dell'olio a scaffale, la “bontà” degli oli a basso costo, il paragone tra olio extra vergine di oliva e oli di semi.
Un operatore o un addetto ai lavori rimane costantemente sorpreso dalla “banalità” delle domande poste, questioni nazional-popolari che si ripetono puntualmente in ogni circostanza, in ogni occasione di dibattito e confronto sull'olio che esca dal circuito olivicolo-oleario.
Dover ancora rispondere alla classica domanda: “l'olio che pizzica in gola è acido?” vuol dire aver fallito, fallito nella missione di informare il consumatore.
In questi anni è stata fatta molta promozione e comunicazione ma poca informazione. Una macchia che il settore olivicolo-oleario deve cercare di cancellare quanto prima.
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