L'arca olearia

Prendersi sul serio affinchè il panel test per l'olio d'oliva venga preso sul serio

La valutazione organolettica, nonostante sia normata e codificata, sconta una certa diffidenza, soprattutto da parte degli operatori e degli addetti ai lavori. In giudizio il panel test raramente viene adeguatamente considerato, a tutto vantaggio di frodi e contraffazioni. Cambiare si può e si deve

22 maggio 2015 | Alberto Grimelli

Il panel test è croce e delizia del settore olivicolo-oleario.

Un tema sempre dibattuto e al centro del dibattito, per la sua valenza, le sue pecche e i suoi limiti, come emerso durante il II Convegno nazionale degli assaggiatori professionali, organizzato da Federquality.

In nessun altro comparto la valutazione organolettica è metodo per la classificazione commerciale del prodotto. Il problema sta in nuce alla classificazione commerciale degli oli di oliva. Il vino è vino. Il succo di frutta è succo di frutta. Di oli vergini di oliva non ne esiste solo uno, ma ben tre. Ecco allora che i parametri chimici non bastano, il vertice di questa scala di qualità deve essere perfetto.

La valutazione organolettica vale tanto quanto l'acidità, i perossidi od ogni altro parametro chimico.

Sconta, però, una certa diffidenza, come fosse figlio di un dio minore. Perchè?

Soggettività è la parola d'ordine tra quanti vorrebbero che il panel test scomparisse. Gli esseri umani non sono macchine, possono sbagliare, sono diversi gli uni dagli altri, non sono affidabili, le prove non sono replicabili e ripetibili.

Approssimazione e volontariato sono ulteriori problemi. Non tutti i panel lavorano realmente nelle condizioni indicate dall'allegato XII del regolamento 1348/2013. Non tutti i panel lavorano con quel rigore e attenzione. Al panel si dedicano le ore libere. Passione, amicizia, amore per l'olio sono le motivazioni principali. L'elemento della convivialità rischia di prendere il sopravvento, sia nelle fasi delle prove sia nella costruzione del panel.

Ecco che il panel perde di credibilità, anche in sede giurisdizionale, laddove potrebbe essere utile, per limitare truffe e frodi.

Eppure il panel test gode invece di attenzione e considerazione da parte della politica e della stampa, quale metodo valido per scoprire inganni al consumatore.
Ultimo caso, in ordine di tempo, l'inchiesta della rivista Il Test (già Salvagente) che ha bocciato 9 oli extra vergini su 20 dopo il panel test effettuato dal laboratorio sensoriale dell'Agenzia delle Dogane di Roma.

Utilizzo non a caso il termine laboratorio sensoriale. Tutti i laboratori dell'Agenzia delle Dogane, infatti, hanno accreditato la prova “valutazione organolettica degli oli di oliva vergini” ai sensi della norma UNI EN ISO/IEC 17025.

No, il riconoscimento, operato ai sensi del decreto del 18 giugno 2014, non basta. O per meglio dire non è sufficiente per garantire la reale replicabilità e ripetibilità della prova.

La spiegazione è semplice ed è contenuta nello stesso regolamento comunitario 1348/2013. Nell'allegato XII vengono indicate tutte le condizioni in cui la prova deve essere effettuata. Alcune sono in forma di raccomandazione. Ad esempio: “le prove di assaggio dovrebbero pertanto essere organizzate tra le 10 e le 12 del mattino.” Altre sono in forma perentoria: “il bicchiere conterrà 14-16 ml di olio...” o ancora “la temperatura della sala di assaggio deve essere compresa tra 20 e 25 gradi centigradi”.

Il processo di riconoscimento, così come previsto dal decreto 18 giugno 2014, valuta il risultato finale, paramentrandolo rispetto a una serie di elaborazioni statistiche, ma nulla valuta rispetto alle condizioni della prova. Il processo di riconoscimento nulla dice su come è avvenuta la prova.

Si tratta di elementi, invece, che vengono attentamente valutati in sede giurisprudenziale.

Una prova analitica effettuata con uno strumento non tarato non è valida. Una prova analitica effettuata con reagenti scaduti non è valida. Un panel test effettuato in condizioni non replicabili e ripetibili non è valido.
L'accreditamento ai sensi della norma UNI EN ISO/IEC 17025 serve a dimostrare, carte alla mano, che le prove sono state effettuate nelle condizioni codificate dalle norme. Non solo il panel test non è valido se si è rotto il condizionatore e la sala panel era troppo fredda o troppo calda, ma anche se la stessa non era dotata di un sistema di rilevazione che dimostri che la temperatura, durante la prova, era effettivamente compresa all'interno del range fissato dal regolamento.

Questo è il rigore scientifico richiesto a una prova valevole in sede giurisprudenziale.

Tutto questo, naturalmente, confligge con la prassi.

Basti sapere che uno dei panel di revisione italiani, così definiti dal decreto del 18 giugno 2014, non è accreditato a norma della UNI EN ISO/IEC 17025. Che credibilità possono avere le prove effettuate da questo panel?

Cambiare si può e si deve. Occorre prendersi sul serio perchè il panel test per l'olio di oliva venga preso sul serio. Nel corso dell'incontro organizzato da Federquality qualche proposta, pur perfettibile, è venuta.

Occorre che gli assaggiatori professionali, iscritti nell'apposito albo, vengano sottoposti a verifica ogni tanto. Non è infatti possibile rimanere iscritti a vita solo per aver superato le prove. E' l'esercizio e la formazione permanente a fare l'assaggiatore.

I costi per l'accreditamento Accredia della prova “valutazione organolettica degli oli di oliva vergini” sono abbastanza elevati, circa 5000-6000 euro/anno. Impossibile per molte Camere di Commercio sostenere tale onere. Possibile però organizzarsi affinchè, in ogni regione, vi sia almeno un panel riconosciuto e accreditato, come riferimento territoriale.

Occorre che i capi panel, responsabili in sede civile e penale, per il certificato di analisi che rilasciano, siano effettivamente considerati professionisti, quali in effetti sono, e non solo appassionati con un titolo. Oneri e onori devono andare di pari passo. Oggi gli oneri sono di gran lunga più “pesanti” degli onori.

E' infine bene che i panel comincino a utilizzare non solo il coefficiente di variazione robusto per comprendere la validità della prova ma anche l'altro strumento statistico predisposto dal regolamento 1348/2013, ovvero gli intervalli di confidenza. Magari consultando la circolare ministeriale a tale proposito. Così si eviterebbero tanti fraintendimenti e contenziosi.

Tanti propositi e tante idee che la giornata non è riuscita a racchiudere. Per questo Federquality ha promesso di aggiornare i lavori anche in un'altra occasione, nell'autunno.

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