L'arca olearia

Se l'Italia è ridotta ai livelli produttivi della Siria ci sarà un perchè. E forse un colpevole

Si può continuare a raccontarci la favola dell'annata eccezionale oppure si può affrontare la realtà. Dopo aver pianto per la mosca delle olive si tornerà a lamentarsi presto delle quotazioni troppo basse. E allora? Quale futuro per il mondo dell'olio d'oliva? Le risposte di Aifo, Assitol, Cno, Federolio, Unasco e Unaprol

13 marzo 2015 | Alberto Grimelli

La campagna olearia si concluderà ufficialmente tra qualche settimana quando di olio extra vergine d'oliva italiano non ne rimarranno che poche gocce.
A fronte dell'anomalia dell'annata, la peggiore da tanti anni, si può dare davvero tutta la colpa solo alla mosca delle olive e ai cambiamenti climatici?
Si può chiudere un occhio, meglio tutti e due, e aspettare che passi la bufera, già concentrandosi sulla prossima produzione.
Strategicamente e politicamente, però, occorre fare di più, molto di più. Dopo la riunione convocata dal Ministro Martina a fine gennaio sono passate settimane nell'ozio.
Ai massimi rappresentanti della filiera olivicola, abbiamo quindi chiesto di dare risposta a tre semplici domande. I frantoiani di Aifo, col direttore Giampaolo Sodano, gli industriali di Assitol, con il presidente Giovanni Zucchi, gli olivicoltori del Cno, con il presidente Gennaro Sicolo, gli imbottigliatori di Federolio, col direttore Tullio Forcella, gli olivicoltori di Unasco, col presidente Luigi Canino e quelli di Unaprol, col presidente David Granieri.

- L'Italia ha prodotto 160 mila tonnellate di olio di oliva al 31 dicembre 2014. Il punto più basso da decenni. Dopo l'allarmismo di novembre sui media è calato il silenzio. Le istituzioni, anche locali, stanno dirottando i fondi destinati al settore olio ad altri comparti in vista di Expo2015. Il settore dell'olio di oliva non è più strategico per l'Italia?

Aifo: Strategico? Ma quando mai lo è stato! L’olio dalle olive ha avuto nel nostro paese un singolare destino: era un prodotto che piaceva solo al sud, al nord - come si sa - piaceva il burro. Poi la sua bontà ha conquistato tutti, anche all’estero. Era diventato un primato e ce lo siamo venduto alla Spagna. In cambio abbiamo fatto autostrade. Qualcuno bottiglie di vetro.

Assitol: Con la raccolta di gennaio e febbraio di lampante, il numero si arrotonderà a circa 200mila tonnellate. Tuttavia, la campagna resta davvero scarsa e le preoccupazioni più che giustificate. Il Mipaaf, con il tavolo del 21 gennaio, ha fatto un passo importante, rendendosi disponibile al lancio di un nuovo Piano olivicolo, a cominciare dal rinnovamento colturale. Il ministro Martina ha però chiarito che si aspetta una posizione comune di tutta la filiera. Ed è qui il nostro problema. Altri settori, a mio avviso, si sono rivelati capaci di esprimersi in modo unitario, ottenendo così più risorse. Al contrario, dobbiamo imparare a lavorare insieme valorizzando ogni segmento della filiera. Solo così riusciremo a far capire alle istituzioni che, nonostante la Spagna produca cinque volte le nostre quantità e continui a crescere sull’export, la varietà delle nostre cultivar, il grande know-how della nostra frangitura e la nostra storica capacità di fare blending e di comprendere il consumatore, sono un mix ineguagliabile che va sostenuto e rafforzato.

Cno: Purtroppo l'olio di oliva non è più settore strategico in Italia da diversi decenni e si vedono i risultati di tale scelta. Ci sono migliaia di oliveti abbandonati in tutte le regioni del nostro Paese ed in certi luoghi tale fenomeno ha assunto una dimensione preoccupante e tale da arrecare danni economici ed ambientali irreparabili. La produzione di olio di oliva è uno dei gioielli del sistema agricolo italiano, ma abbiamo perso competitività e non solo nei confronti della Spagna, ma di tutti gli altri Paesi del bacino del Mediterraneo. Senza un piano di modernizzazione e di rilancio dell'olivicoltura siamo spacciati. Il Governo e le regio i maggiormente interessate dovrebbero provvedervi subito e non perdere altro tempo prezioso.

Federolio: Ritengo che il settore dell’olio di oliva rimarrà strategico se sarà capace di valorizzare tutte le componenti della filiera; se saprà affrontare con coraggio e determinazione la realtà del consistente squilibrio strutturale tra la disponibilità di olio italiano e il fabbisogno dello stesso da parte del commercio e dell’industria. Purtroppo la consapevolezza di tale squilibrio, ormai diffusa in tutti gli attori della filiera, non pare superabile in tempi contenuti.

Unasco: Credo che sarebbe sciocco non ritenere strategico il settore dell’olio di oliva per il peso che ha sull’economica nazionale, da Nord a Sud. Mi chiedo se il problema è la mancanza dei fondi o la gestione e la ripartizione degli stessi. Sono fermamente convinto che il settore olivicolo abbia bisogno di una visione di sistema, che riesca ad aggregare veramente i produttori per dare loro voce sul mercato e quella giusta remunerazione che gli consenta di investire e non abbandonare i nostri bellissimi uliveti, giovani o secolari che siano.

Unaprol: Dice bene sul silenzio. l'Expo è una grande opportunità ma potrebbe essere anche un'arma di distrazione di massa e di impegno di risorse a prezzi folli. Più che la rincorsa di numeri e cifre sulla mancata produzione in un'annata difficile, dove la differenza l'ha fatta il clima avverso, mi interessa l'approccio alla soluzione dei problemi del settore. Ho la sensazione che manchi una visione strategica della missione di questo settore e non tutti remano nella stessa direzione.

- Al 31 dicembre 2014 risultavano disponibili per il mercato 89 mila tonnellate di olio italiano, non tutto extra vergine, tra l'altro. Molto poco per le esigenze del mercato internazionale. L'Italian sounding e la contraffazione sono destinati a salire? Come combatterli?

Aifo: È ovvio: siamo il paese che consuma più olio d’oliva al mondo, ma la nostra produzione è ai livelli della Siria. Il nostro futuro è quello di chi compra l’olio degli altri e lo rivende come proprio. Chi lo deodora e lo rivende per vero. Nell’agroalimentare è sempre più difficile distinguere gli operatori economici dai criminali.

Assitol: Oggi buona parte del “100% italiano” è invendibile in molti mercati strategici, come Usa, Canada, Brasile, Cina. Ciò a causa della presenza di anticrittogamici, consentiti dai nostri quaderni di campagna e autorizzati dalla Ue, ma vietati in quei Paesi. Inoltre credo sia fondamentale collaborare per colpire laddove si annida veramente la frode. Abbiamo da tempo proposto un tavolo di lavoro comune: ogni parte della filiera sa perfettamente il punto debole dell’altra parte e può rendere più efficace il lavoro degli organi di controllo. Combattere il finto conferimento delle olive da parte degli agricoltori, il gioco allegro delle rese in frantoio, la vendita del raffinato per extra nel commercio e nell’industria, lo scambio dell’origine a tutti i livelli, si può. Abbiamo già sottoposto le nostre proposte al Mipaaf, e ci piacerebbe discuterne con tutta la filiera.

Cno: Non c'è alternativa allo svolgimento in maniera rigorosa, attente e indiscriminata dei controlli, con l'applicazione di quanto è previsto nella nostra legislazione che è all'avanguardia sotto tale profilo, soprattutto dopo gli interventi che sono stati varati negli ultimi anni. Oggigiorno ci sono metodi di analisi sofisticati, penso alla risonanza magnetica e ci cono tecniche di selezione dei soggetti da sottoporre a controllo molto efficaci. Credo che si dovrebbe maggiormente fare ricorso all'utilizzo di indicatori di rischio. Mi spiego: un olio venduto ad un prezzo troppo basso è sospetto e dovrebbe far scattare una specie di allerta.

Federolio: Per combattere le frodi - anche in questa difficile e particolare fase - ci sono già vari strumenti piuttosto efficaci (si pensi quanto meno al Sian e alle sue positive ricadute) e altri potranno aggiungersene, come conferma, del resto, la stessa recente audizione parlamentare di alcuni magistrati particolarmente esperti del settore olivicolo - oleario. Credo sia utile sviluppare una delle osservazioni svolte in quella sede, allorché viene fatta una considerazione apparentemente ovvia ma in realtà ricca di conseguenze. Mi riferisco alla necessità di disporre di dati certi sulla quantità e sulla qualità della produzione nazionale. E’ chiaro che se sono noti, con la massima precisione ragionevolmente possibile, i dati sulla produzione complessiva e sulla sua suddivisione per classi merceologiche e se si implementa ulteriormente il sistema Sian, il settore sarebbe molto meno vulnerabile rispetto al pericolo di frodi significative sull’origine del prodotto.

Unasco: Durante questa campagna olivicola abbiamo visto, a fronte di un prodotto scarso, non soltanto in quantità ma soprattutto di qualità, dei prezzi in forte aumento rispetto alla scorsa campagna. E' anche vero che, in diverse regioni, soprattutto nel sud dell’Italia, si è ottenuto ugualmente un prodotto di discreta qualità, il cui incremento di prezzo ha finalmente corrisposto la giusta remunerazione ai produttori. Credo che, per combattere la contraffazione, ci voglia molta più chiarezza verso il consumatore. Un’etichetta semplice, chiara e leggibile in cui siano evidenti la provenienza delle olive e lo stabilimento in cui è stato confezionato l’olio. E, allo stesso tempo, maggiore chiarezza su oli comunitari spacciati per italiani, da nomi in etichetta che richiamano le nostre tradizioni. L’Italian sounding salirà sempre finché la rintracciabilità del prodotto, dalle olive all’olio, non sarà obbligatoria per ogni bottiglia.

Unaprol: Quello della contraffazione e della sofisticazione è un argomento che riguarda le forze dell'ordine e la magistratura. Riguarda i delinquenti ed i prestigiatori. non si fanno frodi con oli di semi o altri oli che costano meno degli oli extra vergini di oliva; è più facile spacciare i primi per i secondi; ma anche nella categoria degli oli extra vergine dobbiamo intenderci. Tutto è extra vergine se compreso nei parametri chimici dell'0,8% di acidità di acido oleico. Tutte le macchine hanno quattro ruote, poi ci sono le Ferrari. Questo vorrà dire pure qualcosa e non solo per i produttori. Le norme, soprattutto quelle internazionali, devono saper interpretare il cambiamento dei mercati e renderli più trasparenti. 

- Bassa produzione e prezzi elevati. Le tensioni tra produttori e imbottigliatori si sono acquietate. Tra qualche mese, in caso di abbondante produzione e discesa delle quotazioni, si tornerà a battagliare?

Aifo: L’opportunismo è una sindrome italica, lo scrivono ogni giorno osservatori stranieri e italiani. Poi c’è qualcuno che conserva la memoria: la vendita dei marchi ai cinesi e ai fondi ispano-inglesi, gli importatori/imbottigliatori che mettono il vestito della domenica per sembrare industriali, i mafiosi che con l’olio ci fanno affari. Come combatterli? Ci vuole l’FBI.

Assitol: E’ proprio quello che vorremmo evitare. Lo scorso anno, a giugno, l’olio extravergine in Puglia era quotato già a quasi 4 euro al kg al frantoio, quando, in stagioni normali. oscilla fra i 2,80 e i 3 euro. L’estensione del sistema di tracciabilità (il Sian), anche alla parte “alta” della filiera ha contribuito in modo determinante a questo aumento, ed ha reso strutturale questa inversione di tendenza. Ognuno di noi dovrà fare un passo indietro per evitare di ritrovarci a fare olivicoltura da giardino. Perché il rischio che corriamo è proprio questo. Tutto il Gruppo Oliva di Assitol è pronto a lavorare insieme, in modo pragmatico e veloce, senza pregiudizi, senza esclusive e senza esclusioni. Spero che tutti gli altri siano disponibili a farlo, abbandonando rendite di posizione su zattere alla deriva.

Cno: La situazione attuale del mercato dell'olio di oliva non giova né ai produttori agricoli, né agli altri operatori della filiera. Per fidelizzare i clienti non basta la qualità, serve anche stare attenti ad evitare forti scossoni dei prezzi, altrimenti si favorisce la ricerca di fornitori alternativi. Il sistema olivicolo italiano ha la necessità di organizzarsi in filiera e di favorire l'alleanza tra mondo agricolo, OP, frantoi, imbottigliatori e distribuzione. Insieme alla modernizzazione dell'olivicoltura, l'aggregazione e l'organizzazione in filiera sono gli altri due elementi strategici sui quali si dovrà lavorare per mantenere la leadership che l'Italia ha conquistato in passato. Altrimenti non c'è altro destino se non l'abbandono della coltura.

Federolio: Qualsiasi produzione nazionale, per quanto abbondante, può essere agevolmente assorbita dal commercio e dall'industria olearia a prezzi in ogni caso superiori a quelli di oli non nazionali di pari qualità. E' dovere del commercio oleario valorizzare la produzione nazionale al massimo delle sue possibilità. Tuttavia solo una produzione efficiente e competitiva anche dal lato dei costi è garanzia di reddito per gli olivicoltori e quindi di investimenti nei campi, di cui si avverte assoluto bisogno.

Unasco: La commercializzazione dell’olio è sempre stata una battaglia, in cui, spesso, a rimanere ferito è stato il produttore. Questo è stato l’anno della rivincita per i produttori, visti i prezzi elevati. Il lavoro che stiamo svolgendo come Unasco, Consorzio Nazionale di Produttori Olivicoli, con il coinvolgimento sul territorio delle OP, è di concentrazione del prodotto dei soci e di valorizzazione della qualità dell’olio extravergine di oliva. Dopo anni, grazie alle attività dei tecnici, soprattutto nelle aree a maggiore vocazione olivicola, si produce olio di qualità e dobbiamo continuare a persistere su questo binario. Per noi, l’acidità non può essere l’unico parametro per definire un olio extravergine. Gli odori, i sentori e gli aromi qualificano l’olio del produttore e di quel territorio e noi preserviamo queste caratteristiche uniche che, consumatori consapevoli e attenti, vogliono portare nelle loro case. Per i produttori aggregare un olio extravergine di qualità, privo di difetti, significherebbe poter imbottigliare, a livello consortile, l’olio di un territorio che racconta antiche tradizioni, significherebbe portare nelle case degli italiani l’olio che nasce direttamente dalle azienda. Ecco, la battaglia della Unasco è questa: lottare per la libertà dei produttori olivicoli italiani.

Unaprol: Il mercato ha le sue regole e pensare di cambiarle nell'arco di un'annata sarebbe temerario oltreché stupido. Il problema non sta nelle regole ma nell'atteggiamento che si assume nell'approccio alle regole. Di fronte ad un ostacolo, invece di andare a fondo nel scoprire il punto critico di un problema  e cercare di risolverlo, c'è chi preferisce aggirarlo. Costa meno fatica e si accorciano i percorsi; ma poi il conto arriva sempre e solitamente è anche molto salato. Le regole di questo settore vanno riscritte intorno ad un tavolo da chi ha la rappresentanza del settore, delle imprese e del prodotto e non da chi rappresenta solo sigle o appartiene a giorni di un futuro passato.

Commenta la notizia

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati

Accedi o Registrati