L'arca olearia
Ad ogni olio extra vergine d'oliva il suo microrganismo, in ragione di varietà e origine
L'olio extra vergine d'oliva non è asettico. Appena prodotto contiene infatti molti microrganismi contribuiscono alla strutturazione del prodotto modificandone la qualità, degradando i polifenoli e facendo aumentare l'acidità libera
16 gennaio 2015 | Gino Ciafardini
Fino a qualche anno fa si pensava che a differenza di tanti altri alimenti come il pane, i formaggi, lo yogurt, il vino ecc., i microrganismi non fossero coinvolti nella produzione dell’olio di oliva poiché considerato un habitat estremo per qualsiasi tipo di microbiota. Tuttavia la microbiologia dell’olio nata appena 12 anni fa, ha dimostrato che la realtà è completamente diversa rispetto alle antiche convinzioni.
Infatti dopo gli studi pubblicati nel 2002 da Ciafardini e Zullo del Dipartimento di Agricoltura, Ambiente e Alimenti dell’Università del Molise, i quali sono stati i primi a dimostrare che nell’olio di oliva sono presenti numerosi microrganismi capaci di moltiplicarsi e di condizionare la qualità del prodotto, molti altri se ne sono aggiunti nel corso degli anni. I risultati della ricerca microbiologica condotta sull’olio di oliva negli ultimi anni ha raggiunto traguardi importanti capaci di comprendere molti aspetti legati al ruolo ecologico e biochimico svolto dal microbiota presente nell’olio extravergine durante la strutturazione e la conservazione del prodotto.
Sotto l’aspetto ecologico è stato accertato una stretta relazione tra la composizione chimica degli oli extravergini ed il tipo di microbiota presente in essi. In dettaglio ciascun tipo di olio a seconda della propria composizione chimica rappresenta un habitat specifico adatto per la sopravvivenza di alcune forme microbiche ma non di altre. In alcune ricerche condotte sempre dal gruppo dell’Università del Molise, è stato dimostrato che il microbiota dell’olio è costituito principalmente da lieviti, molti dei quali sono delle forme dimorfiche capaci di produrre pseudoife in condizioni sfavorevoli. In merito invece alla specificità degli habitats è stato evidenziato che negli oli extravergini di oliva monovarietali in genere si osserva la netta prevalenza di un solo gruppo ecologico di lieviti caratterizzati da attività biochimiche molto simili tra loro, mentre nelle miscele commerciali di oli extravergini provenienti da più varietà di olive, non sono state evidenziate delle specifiche predominanze ma solo la presenza di un maggiore numero di gruppi ecologici di lieviti (Zullo et al. 2008).
L’azione esercitata da uno specifico microbiota sulla qualità di un determinato tipo di olio extravergine riveste un notevole interesse pratico, specialmente se consideriamo la moltitudine degli oli prodotti dalle tante varietà di olive coltivate in aree geografiche differenti, sparse in tutto il mondo.
Gli studi compiuti finora hanno indicato una stretta relazione tra le caratteristiche chimico fisiche dell’olio e quelle del microbiota, di conseguenza la componente biotica dell’olio è strettamente legata alle tecnologie di produzione. Infatti come per la maggioranza degli alimenti, le tecnologie agroalimentari condizionano le caratteristiche ecologiche dell’habitat in cui vive il microbiota dell’olio, favorendo la predominanza di alcune forme microbiche che possono migliorare oppure peggiorare la qualità dello stesso prodotto.
I lieviti finora isolati dai diversi tipi di oli prodotti sia in Italia che all’estero appartengono alle specie Candida wickerhamii, C.boidini, C. diddensiae, C. lusitaniae, C. parapsilosis, Saccharomyces cerevisiae e Williopsis californica (Ciafardini et al. 2006). Tuttavia come è noto il microbiota dell’olio extravergine di oliva è molto eterogeneo ed è rappresentato anche da specie di lieviti le cui caratteristiche biochimiche e genetiche sono completamente differenti dalle specie già note citate sopra. Infatti recentemente in alcuni oli prodotti all’estero sono state isolate nuove specie di lievito denominate Ogataea histrianica, O. Kolombanensis e O. deakii. (Cadez et al., 2013).
Una nuova specie di lievito denominata C. adriatica è stata segnalata solamente in Italia centrale (Molise e Umbria) e in Croazia. Infatti il nome adriatica deriva dal nome del mare che divide le due aree geografiche di origine del lievito (Cadez et al., 2012); mentre un’altra nuova specie di lievito denominata C. molendinolei è stata segnalata in oli extravergini prodotti in diversi paesi tra cui l’Italia, la Croazia, la Slovenia e Israele.
Infine una nuova specie denominata Yamadazyma terventina finora è stata riscontrata solo in un tipo di olio prodotto in Italia nell’area di Trivento (regione Molise) da cui ha preso il nome dell’antico nome “Terventum” (Ciafardini et al., 2013). Le ricerche condotte recentemente dal gruppo dell’Università del Molise hanno dimostrato che il microbiota dell’olio può condizionare in maniera positiva oppure negativa la qualità dell’olio.
Tra le azioni positive va considerato il miglioramento della composizione chimica e delle caratteristiche sensoriali dell’olio extravergine durante la sua conservazione. Infatti spesso gli oli appena prodotti sono eccessivamente amari dovuto alla eccessiva presenza del glucoside amaro noto come oleuropeina e dai suoi agliconi. Molte specie di lieviti costituenti il microbiota dell’olio, attraverso la produzione della beta-glucosidasi e della esterasi, sono in grado di idrolizzare l’oleuropeina e i suoi agliconi in composti più semplici di sapore non amaro denominati idrossitirosolo e acido elenolico. Questi nuovi composti oltre a ridurre la sensazione di amaro, svolgono anche una importante attività antiossidante nell’olio, migliorando la “shelf life” del prodotto. Tuttavia oltre all’azione favorevole svolta da alcune specie di lieviti, esistono nell’olio anche delle forme microbiche considerate indesiderabili poiché potenzialmente patogene per l’uomo, oppure perché responsabili di difetti sensoriali o peggio ancora perché responsabili dell’aumento dell’acidità dell’olio promossa da alcune lipasi attive sul triacylglycerolo (Zullo et al. 2013).
Su questi argomenti si stanno conducendo una serie di studi i cui risultati verranno riportati successivamente.
Bibliografia
Cadez N., P. Raspor, B. Turchetti, G. Cardinali, G. Ciafardini, G. Veneziani, G. Pèter. 2012. Candida adriatica sp. nov. and Candida molendinolei sp. nov., two novel yeast species isolated from olive oil and its by-products . International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology, 62, 2296-2302.
Cadez, N., P. Raspor, D. Dlauchy, G. Péter. 2013. Ogataea kolombanensis sp. nov. Ogataea histrianica sp. nov. and Ogataea deakii sp. nov., three novel species from plant origin.
International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology,63, 3115-3123.
Ciafardini G., B.A. Zullo. 2002. Survival of microorganisms in extra virgin olive oil. Food Microbiology, 19, 105-109.
Ciafardini G., B.A. Zullo. 2002. Microbiological activity in stored olive oil. Int. Journal of Food Microbiology, 75, 111-118.
Ciafardini G., B.A. Zullo, G. Cioccia, A. Iride. 2006. Lypolitic activity of Williopsis californica, and Saccharomyces cerevisiae in extra virgin olive oil. Int. Journal of Food Microbilogy 107, 27-32.
Ciafardini G, B.A Zullo, L. Antonielli, L. Corte, L. Roscini, G. Cardinali. 2013. Yamadazyma terventina sp. nov. a yeast species of the Yamadazyma clade from italian olive oil. International Journal of Systematic and Evolutionary Microbiology, 63, 372-376.
Zullo B.A., G. Ciafardini. 2008. Lipolytic yeasts distribution in commercial extra virgin olive oil. Food Microbiology, 25, 970-977.
Zullo B.A., G. Cioccia, G. Ciafardini. 2013. Effects of some oil-born yeasts on the sensory characteristics of italian virgin olive oil during its storage. Food Microbiology, 36, 70-78.
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