L'arca olearia
L'occasione di un convegno internazionale per un tuffo in un'altra olivicoltura
Affrontati con particolare attenzione temi relativi agli stress fisiologici, l’irrigazione e l’utilizzo razionale delle risorse idriche. Per gli assaggiatori una sfida non solo il test con i monovarietali tunisini di Chemlali, Leguim e Chetui ma anche con profumi e sapori molto diversi dai nostri
21 novembre 2014 | Barbara Alfei
Olivebioteq 2014 è approdato in Giordania, nella culla dell’olivo, dove si raccontano millenni di storia, cultura e tradizioni. Nonostante i timori di una situazione internazionale poco rassicurante, il Convegno internazionale di olivicoltura ha portato ad Amman dal 3 al 6 novembre ricercatori, tecnici e studiosi da tutto il mondo, che si sono confrontati nei settori relativi a miglioramento genetico, biodiversità, sistemi di piantagione, tecnica colturale, difesa fitosanitaria. Affrontati con particolare attenzione temi relativi agli stress fisiologici, l’irrigazione e l’utilizzo razionale delle risorse idriche, di grande interesse per molti paesi arabi dove, come in Giordania, l’olivo è tradizionalmente coltivato in asciutto e l’acqua rappresenta un fattore limitante per l’economia del territorio. La seconda parte del Convegno ha dato spazio alla qualità dell’olio, tecnologia di estrazione, processi di lavorazione delle olive da tavola, marketing e approccio con i consumatori. A latere delle relazioni tecniche, ha suscitato curiosità un interessante consumer test approntato su oli monovarietali tunisini di Chemlali, Leguim e Chetui, che noi assaggiatori non abbiamo desistito dall’assaggiare con il bicchiere…
Olivebioteq 2014 ha rappresentato per molti di noi una opportunità di “lasciarsi coccolare” dalla patria dell’olivo. L’interessante tour tecnico ci ha portato in mezzo agli olivi ultracentenari in località Irbid; scesi dal pulman, ognuno è corso alla ricerca di qualche pianta straordinaria dal tronco contorto su cui scattare una foto ricordo……l’oliveto si è immediatamente acceso di mille colori, voci, lingue, pose … tutti uniti da un unico linguaggio…l’amore per l’olivo.
A seguire la visita a due dei 124 i frantoi attivi in tutta la Giordania, localizzati per il 68% nel nord del paese; grandi strutture, con enormi capacità lavorative, gramole in linea, enormi decanter, super impianti di importanti ditte italiane (è rimasto solo il 7% di frantoi tradizionali) ma….. nonostante l’evoluzione tecnologica, condizioni igienico-sanitarie non ottimali, con una montagna di sacchi tristemente buttati sul pavimento, a ricordarci che…..c’è ancora molto da fare per la qualità dell’olio. Incuriositi ci siamo appostati sotto il separatore ad attendere con il bicchierino il primo olio ma…difetto di riscaldo, come era da aspettarsi. E durante il ricco buffet di antipasti colorati, pane arabo e fantastiche olive della varietà locale Nabali, ecco che arriva un carico di olive sane, fresche, tendenzialmente verdi, impilate su cassette traforate, pronte per essere lavorate…peccato dobbiamo andare…come sarò stato quell’olio??!!
Ultima tappa, Petra…dopo aver attraversato il canyon scavato dalle forze della natura, in un’atmosfera magica, con il vento che sollevava la sabbia sullo sfondo blu del cielo, lo stupore ci ha tolto il respiro… la natura umana aveva scolpito nella rossa roccia un monumento unico nel suo genere, una cattedrale!
Olivicoltura giordana
Ci hanno ringraziato per aver portato la pioggia ad Amman… Da novembre a marzo il periodo più freddo e piovoso, con una media annua delle precipitazioni che varia da 400 a meno di 100 mm; il clima in Giordania è in gran parte desertico, arido e secco, con influenze di clima mediterraneo nelle aree più occidentali prossime alla costa che vedono l’olivo maggiormente presente.
Con i suoi circa 126.000 ettari, concentrati soprattutto nel centro-nord del Paese, l’olivo occupa il 44% dell’area attualmente coltivata in Giordania e rappresenta una importante fonte di reddito per migliaia di famiglie, regala mediamente 132.000 tonnellate di olio all’anno, olio che viene esportato principalmente verso Paesi arabi, Egitto, USA…
L’olivo è diffuso principalmente in due aree della Giordania, con modelli di coltivazione diversi:
Altopiani occidentali che attraversano il Paese da nord a sud (intorno al 77% dell’area totale), con una piovosità di 400 mm/anno, caratterizzati da piccole superfici unitarie, aziende piccole, circa 140 pp/ha. Qui la coltivazione dell’olivo avviene in modo tradizionale con minimo impiego di fertilizzanti chimici e pesticidi; di conseguenza i costi di produzione nonché la produttività sono relativamente bassi, e i parassiti, in particolare la mosca dell'olivo, sono piuttosto diffusi.
La zona nord orientale dei deserti (quasi 30.000 ettari, 23% dell’area totale), irrigata, caratterizzata da grandi superfici, circa 200 pp/ha. Qui le aziende agricole sono più grandi; i costi di produzione e la produttività più elevati in quanto i fertilizzanti sono ampiamente utilizzati, così come le risorse idriche, e altre pratiche agricole quali lavorazioni, diserbo e trattamenti fitosanitari sono più comuni.
I costi di produzione generalmente elevati, le risorse idriche limitate e la bassa produttività delle piante, rappresentano alcuni punti deboli della olivicoltura giordana, così come il livello qualitativo degli oli, che prevede ampi margini di miglioramento. Di contro, grazie ai programmi di sviluppo NCARE e MOA, si prevedono nuovi impianti e una espansione dell’areale di coltivazione dell’olivo, un aumento della coltivazione biologica, soprattutto nell’area non irrigata, un miglioramento della qualità e tipicità del prodotto, strategie di confezionamento e marketing, programmi di promozione dell’olio e delle olive da tavola.
Un’economia povera, un’agricoltura spesso di sussistenza che vede, oltre all’olivo, la coltivazione di cereali, lenticchie, fave, patate, banane, mele, pomodori, cipolle, agrumi, tabacco, fichi, vite e palme da dattero; non manca l’allevamento (ovini, caprini). Tutti prodotti che sono alla base di una gastronomia variegata, insaporita da profumatissime spezie che pervadono i souk…gli aromi di cardamomo e cumino fanno respirare centinaia di anni di storia dai tempi in cui la Giordania rappresentava una tappa fondamentale sulle vie delle spezie provenienti dalla Cina e dall’India.
Biodiversità a tavola
Il patrimonio olivicolo variegato, fonte di biodiversità, rappresenta un punto di forza della olivicoltura giordana. 20 le varietà principalmente coltivate (diverse di origine italiana) di cui alcune locali ad ampia diffusione, a duplice attitudine: Nabali, Rasie e Souri, coltivate nel territorio da secoli, tolleranti a siccità e salinità, oltre che al freddo.
Tale biodiversità offre grandi prospettive per giocare con i profumi e sapori differenziati sulle numerose preparazioni gastronomiche, in particolare sui numerosi antipasti colorati di verdurine e insalate, ma anche su hommos, tipico piatto con crema di ceci, o lenticchie, melanzane….. Nabali dal fruttato medio-leggero, Rasie dal fruttato medio con sentore di mela verde, Souri dal fruttato intenso ben caratterizzato. Il consumo a tavola di olio extravergine di oliva può essere potenziato, così come in cucina, e per la frittura, anche per i numerosi dolci. Niente olio però sul mansaf, piatto tipico della cultura beduina, a base di riso, agnello e yogurt.
Una bella sorpresa trovare in ciascun tavolo una bottiglia di olio del territorio, nel locale tipico arabo dove ci hanno accolti con il suono della cornamusa, per la cena di gala. Dalle loro varietà locali, le olive da tavola negli antipasti vanno alla grande; le olive verdi e nere danno colore e vita ai tradizionali mercati e alle bancarelle sparse lungo le vie della città; vengono inoltre utilizzate per esportazione (fino anche alla Germania).
Niente alcool a tavola, né vino né birra, solo bibite gassate, succhi di frutta, tè e caffè…caffè arabo e caffè turco, speziatissimo al cardamomo……e addio papille gustative di noi poveri assaggiatori!!!
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