L'arca olearia
Lebbra o occhio di pavone, oltre al rame c'è di più
Problemi sulla qualità dell'olio ma non danni per la salute. Per non avere conseguenze negative anche per la prossima campagna olearia occorre però combattere questi funghi già da quest'inverno. Pochi i principi attivi a disposizione
31 ottobre 2014 | R. T.
E' un'annata anomala con alcune patologie fungine che si sono manifestate in maniera diffusa e capillare, a nord e a sud, causando perdite nel raccolto e problemi di natura qualitativa.
In alcuni casi si sono persino diffusi allarmismi inutili riguardo alla presunta pericolosità di queste malattie, che sono tali solo per le piante. Dicerie alimentate spesso solo dal nome: lebbra dell'olivo.
Si tratta di un fungo, non di un batterio come nel caso della lebbra contagiosa per l'uomo, appartenente al genere Colletotrichum. L'occhio di pavone, altro fungo che attacca l'olivo, invece appartiene al genere Spilocaea. In entrambi i casi, quindi, non si tratta dei funghi che possono dare problemi all'uomo per lo sviluppo di micotossine che appartengono invece, secondo l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ai generi Aspergillus, Penicillium e Fusarium.
Purtroppo le malattie fungine su olivo vengono considerate residuali e generalmente non arrecano danni significativi alla coltura, ragion per cui la loro pericolosità viene sottovalutata.
In entrambi i casi questi funghi si diffondo e sviluppano facilmente a temperature comprese tra i 18 °C e i 25 °C e umidità relativa intorno all'80-85%. Si tratta di condizioni meteo che si sono verificate spesso durante l'estate.
Molte olive sono così state attaccate presentando marciumi e mummificazioni tanto nella parte equatoriale quanto in quella apicale dei frutti. Le olive così attaccate generalmente producono un olio caratterizzato da una più elevata acidità e numero di perossidi, con un minor contenuto di polifenoli, determinando un diverso profilo sterolico e un aumento del contenuto di certe aldeidi, alcoli alifatici e triterpenici con alterazione delle caratteristiche organolettiche dell'olio che può anche risultare non extra vergine d'oliva.
Di seguito riportiamo il ciclo biologico della lebbra dell'olivo ma è sufficiente ricordare come la causa primaria delle infezioni non sia l'aggressione portata da insetti vettori, tra i quali la mosca delle olive, quanto piuttosto la presenza delle mummie (ovvero frutti mummificati ancora attaccati alle piante dopo l'inverno).
Ne risulta la necessità di un accurato controllo durante l'inverno e la primavera, attraverso la potatura, per arieggiare la pianta e se serve l'intero oliveto, ma anche con anticrittogamici.
La scelta per l'olivo è piuttosto limitata e, generalmente, il rame svolge un egregio effetto ma, in questa particolare annata, potrebbe risultare utile affiancare ai prodotti curprici (poltiglia bordolese, ossicloruro o idrossido di rame) anche altri fungicidi, sia in inverno sia in primavera.
Di seguito i tre principi attivi registrati su olivo per combattere lebbra e occhio di pavone.
Tebuconazolo
Fungicida triazolico sistemico la cui azione fungitossica si estrinseca a livello della biosisntesi degli steroli ed altera la funzionalità della cellula fungina. Agisce in modo preventivo, curativo ed eradicante. La rapida penetrazione del prodotto (3-6 ore in relazione alla temperatura esterna) e la sua traslocazione per via xilematica, sono due caratteristiche fondamentali di questo principio attivo: infatti sfugge al dilavamento ed è in grado di proteggere la vegetazione sviluppatasi dopo il trattamento. Oltre ai patogeni tradizionalmente controllati dai triazoli, questo nuovo principio attivo è efficace anche contro parassiti di difficile controllo (monilia, botrite, maculatura o alternariosi del pero, etc.). Nelle prove in pieno campo si è dimostrato selettivo verso gli artropodi utili in diversi stadi di sviluppo; inoltre non ha effetti sulle api e sulla loro discendenza.
Mancozeb
Fungicida ad ampio spettro d'azione che agisce per contatto fogliare. È un composto chimico a struttura polimera, in cui lo ione zinco è chimicamente legato alla molecola dell'etilenbisditiocarbammato di manganese, per mezzo di un legame di coordinazione che risulta estremamente stabile. È completamente diverso, sia chimicamente che biologicamente da altri ditiocarbammati in quanto contiene 3 componenti ionici: zinco, manganese ed etillenbisditiocarbammato i quali si trovano nel formulato all'80% di principio attivo. È caratterizzato sia da un elevata azione biologica, sia da una lunga persistenza sulle foglie.
Trifloxistrobina
Principio attivo appartenente alla famiglia delle strobilurine, sostanze chimiche di sintesi derivanti da un metabolita prodotto dal fungo Strobilurus tenacellus. Il meccanismo d'azione è mitocondriale, inibisce la catena respiratoria e di conseguenza blocca la produzione di ATP. La molecola, altamente lipofila, si fissa allo strato ceroso della foglia e agisce mesostemicamente.