L'arca olearia
Le colpe degli olivicoltori nella crisi del settore oleario italiano
Non è solo una questione di mercato. Non è solo la concorrenza spagnola. Non è solo colpa dell'industria e degli imbottigliatori. Il comparto ha un deficit di credibilità, nella maggior parte dei casi per troppa leggerezza e superficialità da parte dei protagonisti del settore, come per le contaminazioni da fitofarmaci. Dopo il caso clorpirifos scoppierà quello dicofol?
21 novembre 2013 | Alberto Grimelli
Durante la conferenza stampa di presentazione dei dati di previsione sulla campagna olearia, le tre principali associazioni di produttori e frantoiani hanno lanciato un grido di allarme e di dolore.
La situazione è grave, i prezzi crollano, i costi aumentano, le condizioni meteo e climatiche sfavorevoli abbattono la produzione, gli olivicoltori sono sfiduciati e c'è il rischio che le olive rimangano sulle piante.
C'è il problema delle frodi, affrontato con la giusta determinatezza da poco tempo e non senza proteste o improponibili difese d'ufficio, anche comiche, di malfattori e delinquenti. C'è il problema della concorrenza spagnola, sempre più agguerrita, poiché anch'essa in piena crisi. C'è il problema di una filiera spaccata quanto non mai, con posizioni diversissime, in ragione di evidenti differenti approcci e visioni dei mercati, vicini e lontani.
In tutto questo piagnisteo, non sempre ingiustificato, mai che abbia sentito parlare di consumatore. Mai che abbia sentito le parti in causa, tutte, interrogarsi sulla credibilità di un settore, quello olivicolo-oleario, di fronte agli occhi della pubblica opinione.
Fanno benissimo le associazioni e gli organi di controllo a denunciare frodi e sofisticazioni, così come l'imperante contraffazione. Ma che dire del comportamento degli olivicoltori?
I prezzi bassi dell'olio extra vergine necessariamente rendono indispensabili risparmi di spesa. Certe minori cure colturali degli oliveti, per quanto dolorose e foriere di altri guai, sono quindi comprensibili e persino giustificabili.
Vi sono però comportamenti che nulla hanno a che fare con i tagli dei costi di produzione ma che si legano invece all'etica della produzione. Il caso clorpirifos né è l'esempio più lampante. E' un principio attivo non più utilizzabile su olivo dal 2012. L’impiego di Pyrinex ME (n°reg.9131) e Pyrinet (n°reg.14381) su olivo è stato eliminato su rinuncia volontaria esposta al Ministero della Salute da parte di Makhteshim Agan Italia S.r.l. a partire dal 12 giugno 2012. Eppure nella primavera di quest'anno gli Usa hanno bloccato container di olio italiano contenente clorpirifos.
Non è l'unico caso.
Da una recente ricerca dell’Arpam (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche) è emerso che su 10 bottiglie di olio extravergine italiane acquistate in un supermercato, quattro riscontrano la presenza di pesticidi. Addirittura, tra questi pesticidi figura il dicofol, un derivato del Ddt, un insetticida proibito in Italia nel lontano 1978.
Si tratta di una coincidenza? Non secondo i dati raccolti da Giorgio Cardone che, sulle 4000 analisi multiresiduali effettuate ogni anno, continua a trovare percentuali non trascurabili di campioni contaminati con fitofarmaci proibiti o banditi dal commercio da anni.
E' chiaro che vi è un problema di etica nella filiera olivicola italiana. Non è questione di qualità dell'olio, di valori di alchil esteri elevati, ma di salubrità del prodotto. Su questo punto non vi possono essere compromessi. Ne va dell'immagine e della credibilità dell'Italia olivicola.
Lo sa bene chi vive sul campo, a contatto con olivicoltori e mercato. Chi sente le lamentele degli uni e le preoccupazioni di buyer e importatori.
“Non darei però tutte le responsabilità solo agli olivicoltori – risponde Elia Pellegrino, vicepresidente dell'Associazione frantoiani di Puglia – va sensibilizzata la filiera viticola che fa ampio uso di clorpirifos che poi, per effetto deriva, arriva anche sulle olive e nell'olio. Vi è però anche l'ignoranza dei vecchi agricoltori che si fanno abbindolare anche da qualche farmacia agricola e comprano sottobanco fitofarmaci ormai illegali.”
Ma è l'etica di tutta la filiera a traballare perchè gli oli giacenti, accusati di avere livelli di clorpirifos troppo elevati per il mercato, sono poi stati acquistati a 2,70 euro/kg nell'imminenza della campagna olearia. “Fin quando c'è abbondanza si fa gli schizzinosi, poi però – ricorda Pellegrino – fin quando qualcuno non si spaventa davvero la situazione rimane immutata.”
Chi è senza peccato scagli insomma la prima pietra, compresi i frantoi, poiché i piccoli artigiani hanno implementato sistemi di tracciabilità e di controllo per la sicurezza alimentare, con contratti stringenti con gli olivicoltori, campionamenti e analisi. Vi sono però anche i grandi e grandissimi frantoi, quelli che moliscono 20000 quintali al giorno, che monitoraggio si riesce realmente a eseguire in questi stabilimenti?
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