L'arca olearia

LA VIA DELLA DIFFERENZIAZIONE PER IL MERCATO DELL’OLIO EXTRA VERGINE D’OLIVA

Migliorare la posizione competitiva della propria impresa. Differenziazione, però, non significa differenti. Il concetto economico è più ampio, perchè tiene conto della sensibilità del consumatore, che è diventato un soggetto attivo e consapevole, ma anche delle politiche e dell’organizzazione aziendale

02 luglio 2005 | Mena Aloia

Una lettura non proprio estiva che mi sento di consigliare a tutti coloro che quotidianamente cercano una strada per migliorare la posizione competitiva della propria azienda è un libro di Michael E. Porter intitolato “Il vantaggio competitivo”.
Pur trattando argomenti strettamente economici ha il grande pregio della semplicità.
In modo estremamente schematico cercherò di adattare gli insegnamenti di questo grande economista al settore dell’olio di oliva ed in particolare al segmento dell’extravergine.
L’importanza del vantaggio competitivo non è mai stata grande quanto oggi che in tutto il mondo le aziende si confrontano con bassi tassi di crescita e con concorrenti locali e globali.
Il vantaggio competitivo deriva fondamentalmente dal valore che un’azienda è capace di creare per i suoi clienti. Può assumere la forma di prezzi più bassi di quelli dei concorrenti a parità di benefici offerti (si parla in questo caso di leadership dei costi), oppure può consistere nel fornire benefici con caratteristiche di unicità tali da compensare un prezzo più elevato, quello che si definisce di solito “premium price” (si parla in quest’altro caso di differenziazione).
Nel settore dell’olio di oliva si osserva la coesistenza di aziende di diversa dimensione e di diversa struttura organizzativa e operativa che hanno pertanto perseguito diverse strategie di base.
Alcune, quelle di maggiori dimensioni, caratterizzate da una copertura nazionale ed estera, una forte penetrazione nella moderna distribuzione e marchi dotati di un’immagine consolidata, sostenuta da investimenti promo-pubblicitari, si sono orientate verso un prodotto standard, ovvero modesto e hanno puntato sullo sfruttamento dei vantaggi di costo.
Per il resto, anche nel settore dell’olio, come negli altri comparti agroalimentari italiani, opera una miriade di piccole e piccolissime imprese orientate verso un prodotto di qualità e la qualità rappresenta una delle strade per perseguire la differenziazione.
Bisogna però fare molta attenzione sul termine differenziazione che non significa differenti. Un’azienda può essere differente, ma non differenziata perché persegue forme di unicità che gli acquirenti non apprezzano. Il punto di partenza resta sempre il soddisfacimento dei bisogni del consumatore.
Il consumatore richiede sempre più una serie di fattori utili aggiunti al prodotto alimentare. L'olio di oliva e gli altri prodotti della cosiddetta “dieta mediterranea”, si caratterizzano nelle linee generali per un livello significativo di “qualità” in tutta una serie di attributi inerenti al concetto di “bene-servizio” soprattutto in quelli che fanno riferimento a fattori nutrizionali, sanitari o territoriali.
Così, strati sempre più ampi di consumatori si orientano sempre più spesso a domandare attributi specifici dell'olio di oliva, come ad esempio, le proprietà organolettiche, la salute e l'equilibrio nutrizionale, le caratteristiche di prodotto naturale, la durata, la presentazione, la confezione, l’informazione contenuta nell’etichetta, la corrispondenza alle norme, l’origine territoriale.
Il concetto di qualità non è più limitato solo al prodotto ma comprende anche la capacità organizzativa del produttore a conseguire la qualità e a garantirne la costanza nel tempo, per questo oggi si parla più propriamente di sistemi qualità aziendali e di garanzie di qualità. Oggi si riconosce che alla qualità del prodotto concorrono vari aspetti: le predisposizioni organizzative, la pianificazione delle attività, la formazione del personale, le verifiche della progettazione, la preparazione e la gestione della documentazione, le azioni correttive, ecc.. Il risultato è quello di una più ampia valenza del concetto di qualità, prevedendo l’integrazione ed il coordinamento di tutte le attività che concorrono a definire la qualità del prodotto.
I prezzi dei prodotti di più alta qualità non possono situarsi al di sotto di determinate soglie e pertanto non possono competere con i prodotti sostitutivi di prezzo chiaramente inferiore. Non c’è dubbio che per giustificare dal punto di vista della domanda i differenziali di prezzo tra le diverse gamme di qualità ci si deve basare su strategie che prendono come punto di partenza la considerazione del grande peso gastronomico e culturale che ha l'olio di oliva nella dieta dei paesi mediterranei e il grande apprezzamento che va acquistando nei segmenti emergenti dei consumatori dei paesi sviluppati non produttori.
Le strategie di differenziazione sulla base delle politiche di qualità, assieme alla specializzazione verso determinati segmenti dei consumatori, risultano essere l'opzione più praticabile per la piccola e media impresa di prima trasformazione, di fronte all'alternativa di strategie di leadership sui prezzi, adeguate soprattutto ai principali gruppi di imbottigliatori in quanto basata sulla quantità e sulle economie di scala.
Il mercato non può che rispondere positivamente a questo operato, soprattutto considerando che il consumatore finale, sempre più consapevole, non recita più un ruolo passivo di utente ma un ruolo attivo di scelta. Per valutare la percezione e le aspettative degli italiani sulla sicurezza e sulla qualità dei prodotti alimentari, Ismea, in collaborazione con ACNielsen, ha realizzato una ricerca da cui emergono alcuni aspetti interessanti sui comportamenti di consumo.
A giudizio quasi unanime degli intervistati, la sicurezza è considerata un prerequisito base, per il quale il consumatore non è disposto a spendere di più. I livelli di fiducia registrati variano a seconda dei prodotti, penalizzando soprattutto il comparto dei freschi. A giudizio del consumatore i meno sicuri sono in assoluto le carni, il pesce e il latte, mentre è decisamente più alto il grado di fiducia verso alcuni prodotti trasformati, per esempio quelli da forno.
La qualità, invece, è percepita come un valore aggiunto, per il quale è possibile riconoscere al produttore anche con premium price.
Tra gli aspetti prioritari che influiscono sull'acquisto di prodotti agroalimentari, l'indagine segnala prioritari, per il consumatore, la presenza garantita di controlli in tutte le fasi del ciclo produttivo e la provenienza nazionale della materia prima. Entrambi i fattori riconducono all'importanza della tracciabilità.
Ciò richiama al tema delle strategie di organizzazione della qualità vincolata al territorio, ma quali sono i principali obiettivi economici delle denominazioni geografiche sarà il tema per un prossimo articolo.