L'arca olearia
Più burocrazia per i produttori d'olio d'oliva a denominazione d'origine
Il Ministero dell'agricoltura, il 24 luglio scorso, ha diramato una circolare con cui accorcia sensibilmente i tempi di validità delle analisi chimiche degli extra vergini Dop e Igp in stoccaggio. Più certezze in fase di controllo ma anche più oneri per olivicoltori e frantoiani
14 settembre 2013 | Alberto Grimelli
I produttori sono sempre più insofferenti, non a torto, per ogni aggravio burocratico-amministrativo, che comporta anche un aumento dei costi, in un quadro economico di forte crisi, di calo dei consumi e delle vendite.
Nel mentre l'apparato burocratico continua a sfornare leggi e regolamenti, anche a legittima tutela dei consumatori, senza tener minimamente di conto della situazione macroeconomica e di difficoltà delle imprese.
Un conflitto di interessi che però rischia di portare con sé ira e rancori, come nel caso di cui stiamo per raccontarvi.
Gent.mo dott. Grimelli,
sono un frantoiano produttore di olio di quinta generazione di uno dei più antichi frantoi d'Italia tuttora funzionante. Vorrei, se possibile, che deste risalto ad una vicenda che investe tutti i produttori di olio Dop., che mi vede protagonista da più di un decennio nel denunciare al Ministero delle assurde disposizioni sulle tecniche di conservazione dell'olio extravergine.
Per ben comprendere la questione e il danno fatto a tutti coloro che si adoperano nel nostro settore, per mantenere in vita quelle meravigliose realtà che costituiscono la vera ricchezza della nostra nazione, vi allego l'ultima lettera inviata alla Dirigente Dott.ssa La torre del Mipaaf e per conoscenza all'Ispettorato Centrale per la Repressione Frodi e al nucleo centrale antisofisticazione dei Carabinieri di Roma, alla quale non ho mai, naturalmente, avuto risposta.
Vi allego inoltre le ultime disposizioni del Ministero circa le condizioni di conservazione dell'olio, cambiate dopo dieci anni, senza ulteriori spiegazioni e giustificazioni.
Cordiali saluti
Ugo Ametta
Di seguito riportiamo l'estratto della circolare del Mipaaf del 24 luglio 2013 che ha come oggetto: “validità del certificato di analisi per partite di olio Dop o Igp”
Con riferimento alle varie note di pari oggetto di questa Amministrazione tese a chiarire definitivamente il termine di validità del certificato di analisi chimico-fisica ed organolettica delle partite di olio in funzione delle varie modalità di stoccaggio, si riepilogano nel prospetto seguente le varie casistiche che codeste strutture di controllo dovranno adottare nei propri piani di controllo.

Riportiamo anche alcuni significativi stralci della corrispondenza inviata dal Frantoiano Ametta agli uffici del Mipaaf:
Cito testualmente, le conclusioni del Prof. Di Giovacchino con tanto di riferimenti allegati delle pubblicazioni scientifiche di riferimento:
"In definitiva, è mia opinione, a seguito dell'esperienza maturata, che l'olio vergine d'oliva di categoria extra... ... può conservare le sue caratteristiche di qualità per oltre 12 mesi se viene conservato in recipiente opaco alla luce, pieno, chiuso ed a temperatura inferiore a 20 °C. "
Tutto ciò premesso, vorrei richiamare l'attenzione su di un punto, sul quale non ho mai avuto risposta da nessuno. Parlo di chi tecnicamente avrebbe gli elementi per potermene dare, non certo dei dirigenti del Ministero, ma sul quale dovrebbero approfondirne gli aspetti immotivati.
Se alla temperatura di 18 °C, un olio vergine d'oliva di buona qualità, si ritiene non subisca nessun deterioramento in posture interrate. Perchè dovrebbe degradarsi, alla stessa temperatura, in recipienti di acciaio inossidabile? Vorrei a questo punto una risposta, come laureando in Scienze e Tecnologie Alimentari, che giustifichi i processi degradativi che sarebbero, eventualmente, alla base di tale precauzione.
L'interpellanza del Frantoiano Ametta, oltre che fornire un'utile informazione a tutti i lettori di Teatro Naturale, è il segnale più evidente dell'incomunicabilità esistente tra il sistema burocratico e quello delle imprese.
Sono sicuro che gli uffici del Mipaaf abbiano diramato tale circolare in un'ottica di semplificazione e di aiuto al settore oleario, per metter fine “alle note pari oggetto... tese a chiarire il termine di validità del certificato”. Si dà così certezza di diritto alle aziende che sanno che, se in regola con tali disposizioni, non dovranno subire le interpretazioni arbitrarie del funzionario di turno.
C'è un ma, ovviamente. Di fronte a molte variabili e scelte nell'imposizione di tali limiti, la burocrazia tende a preferire quelli più restrittivi che, agli occhi delle imprese, appaiono assurdi.
I paletti più rigidi hanno due vantaggi, dal punto di vista del sistema burocratico: tutelano il consumatore e impediscono che sull'ufficio di turno piovano critiche per aver applicato regole troppo blande e quindi aver voluto favorire qualche lobby.
Si innesca così un cortocircuito per cui, come abbiamo visto in questi anni, gli adempimenti si moltiplicano, rendendone via via meno comprensibile l'utilità effettiva.
Nel caso specifico non posso concordare a pieno con quanto dichiarato dal Prof. Di Giovacchino, dipendendo la risposta dall'olio di partenza. Un extra vergine con 0,2 di acidità e uno con 0,7 (solo per citare questo parametro) avranno dinamiche di invecchiamento e irrancidimento assai diverse. Nel primo caso i paletti stabiliti dal Mipaaf sono decisamente eccessivi, nel secondo sono assolutamente ragionevoli. Se però si dovesse tenere di conto dei parametri di partenza dell'olio di tornerebbe nell'alveo della discrezionalità del funzionario di turno, condizione spesso fonte di lamentela da parte degli operatori.
La mia impressione? Il Mipaaf ha imposto, con la circolare del 24 luglio, regole fin troppo rigide ma con finalità nobili. Ora potrebbe essere opportuno aprire una discussione tecnica approfondita per impedire che ulteriori oneri si scarichino sui produttori in un momento di difficoltà.
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