L'arca olearia

Con quale qualità stiamo inondando i paesi emergenti? Le crescite dell'export sono in volumi, non in valore

Competitività e crescita non sono sufficienti. Occorrono maggiori sforzi su trasparenza e tracciabilità. Poi un'autocritica: la contrazione della domanda è dovuta anche al “silenzio” dei produttori che non sono mai stati capaci di imporsi in maniera unitaria. Le posizioni di Unaprol, Cno e Aifo

15 giugno 2013 | Alberto Grimelli

Nella logica del braccio di ferro tra mondo industriale ed agricolo che ha contraddistinto questi anni, apparentemente, non ha vinto nessuno.

Insoddisfatti imbottigliatori e industria olearia, come hanno dichiarato Assitol e Federolio la scorsa settimana.

Insoddisfatti anche i rappresentanti di olivicoltori e frantoiani che abbiamo interpellato questa settimana.

Sembra proprio che il continuo e repentino cambio di regolamenti, di indirizzi e di politiche, nazionali, comunitarie e internazionali, portino a una tale destabilizzazione che non conviene a nessuno.

Le strade, tra i diversi attori della filiera olearia, divergono comunque sensibilmente. Anche una sommaria analisi delle risposte fornite in questa nostra inchiesta è sufficiente a comprendere che obiettivi e strategie non collimano.

Sarà possibile una sintesi?

Intanto leggiamo le posizioni, su legislazione e mercato, espresse da Massimo Gargano, presidente Unaprol, Gennaro Sicolo, presidente Cno e Piero Gonnelli, presidente Aifo.

 

- Il quadro normativo per gli oli d'oliva, almeno in Europa si sta apparentemente stabilizzando. A fronte di un giro di vite sulla tracciabilità delle produzioni e della commercializzazione vi è stato il mantenimento dello status quo per quanto riguarda etichettatura e presentazione del prodotto. Soddisfatti oppure sarebbe necessario intervenire ancora? Eventualmente in quale campo?

Unaprol: L’olio extra vergine di oliva e un prodotto globalizzato che però è sottoposto a diversi livelli di legislazione: WTO, Codex alimentarius, normativa COI, regolamentazione UE, legislazione nazionale. E’ pacifico che quando non vi è armonia tra i vari livelli si creano corto circuiti che hanno effetti sui consumatori. Nel caso di specie è innegabile che la legislazione italiana sia molto più avanzata nella tutela degli interessi dei consumatori  e garantista nei confronti della buona rappresentanza del settore. Più che di stabilizzazione normativa si potrebbe parlare di “lavori in corso”. Vanno infatti ricercate le forme giuste per creare un equilibrio normativo tra i vari livelli giurisdizionali, magari intensificando il ruolo del COI come organismo super partes in quanto organo costituito sotto l’egida dell’ONU. Il comparto dell’olio di oliva deve essere considerato una risorsa anche in termini di occupazione e non una terra di nessuno dove si fanno profitti negli spazi periferici di una legislazione a volte confusa e molto spesso che non aiuta a fare chiarezza.

Cno: Com’è noto l’olio di oliva extra vergine di prima qualità è associato nel Mondo, ancora oggi, con l’olio italiano. Purtroppo, com’è altrettanto noto, il Settore soffre, da molti anni, particolarmente in Italia, per molte ragioni. Prima fra tante lo scarso valore aggiunto che resta ai produttori olivicoli. Volendosi attenere alla domanda molto si deve ancora fare. Mentre sui produttori e sulla filiera si sono aggiunti oneri sempre nuovi, per il consumatore i vantaggi sono stati assai relativi. Alcuni esempi molto eloquenti. Il prodotto in generale si definisce “olio di oliva”. Paradossale che questo coincida con una categoria merceologica di scarsa qualità. Proposta : parlare di “olio da olive” e cambiare la dizione commerciale. Purtroppo grandi interessi si frappongono a questo elementare chiarimento. Si parla tanto di interesse del consumatore ma in concreto si continua a non aiutarlo affatto. Altro clamoroso esempio il blocco delle norme che avrebbero imposto in Europa recipienti etichettati non riempibili più volte sui tavoli della ristorazione. Volendo essere sintetici da un lato occorre evitare di gravare l’azienda agricola di sempre nuove incombenze che arricchiscono solo figure diverse dai produttori, dall’altro migliorare di molto l’educazione alimentare e l’informazione dei consumatori, anche, ma non soltanto, attraverso l’etichettatura. Semplificare gli adempimenti per tutti. Putroppo prevalgono, quasi sempre, nelle scelte politiche, interessi diversi da quelli dei produttori. Cogliamo l’occasione per ricordare che se non ci fossero i produttori che ostinatamente investono lavoro e risorse, la tanto decantata filiera si accartoccerebbe su se stessa, svelando un’amara realtà: troppo spesso non di olio italiano si trattava…..

Aifo: Siamo soddisfatti del maggiore e del crescente interesse per il nostro settore e della maggiore attenzione che il consumatore sta iniziando a porre al momento dell’acquisto, grazie alle informazioni che facilmente può ottenere attraverso riviste, giornali ed internet. Il mercato sta iniziando a percepire che non tutto ciò che viene presentato come olio extravergine italiano è tale. E questo grazie alle nuove sinergie create dal Mipaaf e dall’ICQRF nella lotta alle contraffazioni e alle iniziative tese a valorizzare i principi di trasparenza della filiera. Al tempo stesso, i produttori necessitano di una maggiore chiarezza al fine di capire il reale quadro normativo di riferimento. I continui cambiamenti legislativi degli ultimi anni hanno messo in seria difficoltà il settore, costituito da piccole e medie aziende di trasformazione incapaci di orientarsi tra le leggi europee e quelle italiane. E’ necessario, quindi, intervenire ancora a livello politico e normativo al fine di individuare in maniera chiara e definitiva quale strada l’Italia e l’Europa intendano perseguire per il futuro, arrivando a tutelare i propri prodotti anche a livello internazionale.

Il primo campo in cui intervenire è senz’altro quello dell’etichettatura unito al monitoraggio della completa tracciabilità del settore che dovranno permettere al consumatore di individuare quale olio extravergine deriva direttamente dai produttori (frantoi ed aziende agricole) e quale è, invece, il risultato di una scelta del confezionatore. Ognuno dovrebbe essere posto nella condizione di poter scegliere effettivamente e non apparentemente, come è stato fino ad oggi.

Proprio per questo motivo Aifo ha scelto di iniziare a parlare di olio artigianale.

 

- A fronte di una apparente stabilizzazione normativa, il quadro economico e di mercato appare quantomai incerto. In Europa i consumi rallentano solo a causa della crisi? Fin quando le crescite di consumo in alcuni mercati emergenti (Cina, India, Russia ecc) resteranno a due cifre? 

Unaprol: E’ evidente che c’è una crisi in atto e che il suo alone negativo ha compresso e sta comprimendo i consumi. Il calo del 3% a livello europeo va letto in quest’ottica ma è un segnale che va anche interpretato. E’ innegabile che manca da ormai un decennio, a livello europeo e mondiale, una cabina di regia che armonizzi le politiche della promozione del consumo consapevole dell’olio extra vergine di oliva e dell’olio di oliva in generale. In passato si è agito più con l’accetta che con il bisturi e oggi il calo dei consumi, passi pure la crisi, potrebbe essere figlio anche di una mancata programmazione a livello mondiale di strategie di comunicazione e informazione. Cina e Russia, e forse anche l’India ma molto lontanamente,  potrebbero essere le nuove frontiere del consumo di questo prodotto. Ma dobbiamo chiederci: con quale qualità stiamo inondando di oli questi Paesi? Gli indicatori a due cifre, al momento riguardano i volumi, ma non il valore. Ecco, dovremmo considerare questi nuovi Paesi come delle opportunità e non come delle terre di conquista dove fare scorribande di prezzi e di pessima qualità perché in questo modo si abitua male il consumatore a percepire e a riconoscere come prodotto della salute un prodotto che non è di qualità. Nel caso dell’olio extra vergine di oliva il nostro Paese è obbligato a differenziarsi con un’alta qualità tracciata e distintiva dei mille territori italiani che, proprio per questo,  è irripetibile. Se non difendiamo questo principio fondamentale presteremo il fianco all’omologazione dei sapori e alla fine il mercato, tutto il mercato, sarà più povero e genererà poca ricchezza per i soliti pochi furbi.  

Cno: in questo caso possiamo essere più ottimisti: anche in questo caso molto si può ottenere con interventi mirati e coordinati di educazione e valorizzazione commerciale. La produzione di “olio da olive” è irrisoria se continua ad allargarsi la “platea dei consumatori” e non sembra un obiettivo impossibile. Per tornare alla Cina, ma in tutto il mondo, anche nel Settentrione d’Italia, si consumano alimenti che si avvantaggerebbero indubbiamente di un utilizzo dell’”olio da olive”, senza parlare del valore salutistico, in rapporto ai grassi animali o a quelli vegetali esterificati (margarine): i consumatori sanno le differenze ? Conoscono i processi produttivi ? Comprerebbero gli stessi prodott?

Aifo: Una contrazione della domanda è senz’altro dovuta all’effetto della crisi di questi ultimi anni ma anche al “silenzio” dei produttori che non sono mai stati capaci di imporsi in maniera unitaria, perdendo occasioni di lancio dei propri prodotti anche in Paesi, come la Germania, dove il trend è senz’altro positivo. 

Anche se, nonostante la crisi, sarebbe sufficiente far riflettere il consumatore sul fatto che una bottiglia dura nel tempo ed ha un costo giornaliero minimo: 1 litro di olio extra vergine di oliva di ottima qualità anche se avesse un costo di 15,00 euro si tradurrebbe in una spesa di euro 0,15 al giorno (consumo indicativo di 10 gr. giornalieri)!! Un costo ridicolo se pensiamo a quanto spendiamo per un caffè al bar … e se riflettiamo a quanto può far bene alla nostra salute, oltre a darci il piacere di mangiare un alimento sano, gustoso e di pronto consumo!!

Certo, la situazione economica ha impoverito il settore ma credo che, in realtà, negli anni abbiamo assistito ad un impoverimento di proposte concrete a vantaggio del comparto. Inoltre, sono in corso interventi lesivi di alcuni Paesi, vedi l’Inghilterra, che per evidenti ed ingiustificate ragioni di opportunità sta tentando di cambiare la nuova impostazione che l’Europa ha scelto di introdurre seriamente nel settore HORECA.

Occorrerebbe recuperare le forze e la voglia di fare impresa in maniera seria e professionale per poter lanciare le nostre imprese in Paesi ancora “innamorati e affezionati” al prodotto italiano, migliorando la comunicazione e l’immagine delle aziende e dei prodotti, informandosi accuratamente sul target finale e sulle abitudini dei consumatori dell’Est possibili acquirenti di prodotti a prezzi medio/alti. Non è possibile pensare che il cinese medio, che per abitudine non viaggia nel nostro Paese o in Europa, consumi da un giorno ad un altro olio extravergine di oliva non essendo un alimento presente nel loro paniere dei consumi. E’ un lavoro che richiederà impegno e costanza, azioni di promozione da parte di tutti gli europei al fine di scoprire, in punta dei piedi ma in maniera decisa, Paesi dalle grandi potenzialità capaci di modificare sensibilmente il trend globale dei consumi data la densità della popolazione presente.

 

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