L'arca olearia

La concimazione azotata dell'oliveto può diventare un rebus

L'azoto influenza la crescita delle piante ma può provocare anche squilibri vegeto-produttivi. Una giusta quantità è tuttavia necessaria per aumentare la percentuale di allegagione. Un eccesso è altrettanto dannoso

13 aprile 2013 | Alberto Grimelli

Rispetto a qualche anno fa, quando i fertilizzanti azotati erano a buon mercato e si aveva la tendenza a farne uso in sovrappiù, oggi l'aumento dei costi fa sì che se ne utilizzi in maniera più parca, il che non è un male.

E' noto infatti che un eccesso di concimazione azotata può provocare uno squilibrio vegeto-produttivo, con la pianta che tenderà a emettere nuovi germogli ma non fiori. Inoltre una concimazione troppo abbondante provoca inevitabilmente la perdita di azoto per lisciviazione nel terreno, ovvero questo componente andrà negli strati profondi e a inquinare le falde acquifere. Si avranno inoltre maggiori perdite di azoto per volatilizzazioni.

Da una tendenza a fertilizzazioni sovrabbondanti si è però passati all'eccesso opposto, ovvero a considerare che l'azoto possa essere dato ad anni alterni o comunque in dosi molto basse.

Anche in questo caso si tratta di un errore perchè l'olivo, per quanto pianta rustica e poco esigente, ha comunque bisogno di nutrienti per crescere e fruttificare.

In particolare è poco noto, ma molto importante, il ruolo che l'azoto gioca in fase di fioritura. Uno studio spagnolo ha analizzato, nel corso di due anni, i livelli di fioritura e di vitalità degli organi fiorali, indice indiretto della capacità di allegagione, in rapporto alle concentrazioni di azoto rilevate nelle foglie. Il campionamento fogliare è stato eseguito a luglio e il tenore d'azoto è stato suddiviso in tre classi: basso (0,98-1,32%), sufficiente (1,43-1,57%) o alto (1,69-1,93%).

Nessuna differenza è stata notata tra le diverse classi per quanto riguarda il numero di nodi dell'infiorescenza fiorale né per quanto riguarda il numero di fiori. L'eccesso di azoto diminuirebbe la longevità dell'ovulo nella stessa misura di una carenza di azoto. La ricerca ha ribadito dunque l'importanza di mantenere uno status di azoto adeguato al potenziale produttivo dell'albero.

Ma quale forma di azoto è meglio utilizzare? Anche in questo caso ci viene in aiuto la ricerca. La sperimentazione, in questo caso, è stata condotta su piante in vaso, quindi andrebbe verificata in piano campo ma comunque è significativa e importante. Tre le forme di azoto sotto osservazione: nitrico (NO3), ammoniacale (NH4) e ureico. Per ognuno di questi concimi sono stati utilizzati tre livelli di concentrazioni (1, 8 e 16 mm N). Il peso fresco dei tessuti vegetali era maggiore con NH4 e urea, inferiore con NO3. La concentrazione media di azoto nelle foglie era maggiore nel caso di concimazione con azoto ammoniacale, seguito da ureico e nitrico. Differenze si sono rilevate anche a livello dell'apparato radicale. Con l'applicazione di NO3, infatti, tendeva a ridursi la concentrazione di fosforo. Situazione opposta nel caso di utilizzo di azoto ammoniacale. Nessuna influenza è invece stata registrata per il potassio. Riscontrate anche basse correlazioni tra il rapporto potassio/magnesio, la concentrazione di ferro e l'utilizzo di azoto nelle diverse forme. Al contrario la concentrazione di calcio è positivamente correlata con la concentrazione di azoto, a prescindere dalla forma azotata utilizzata. In ogni caso laconcentrazione di calcio ha raggiunto il suo massimo livello con l'applicazione della massima concentrazione di azoto ammoniacale.

Bibliografia

R. Fernández-Escobar, J.M. García-Novelo, C. Molina-Soria, M.A. Parra, An approach to nitrogen balance in olive orchards, Scientia Horticulturae, Volume 135, 24 February 2012, Pages 219-226
R. Fernandez-Escobar, A. Ortiz-Urquiza, M. Prado, H.F. Rapoport, Nitrogen status influence on olive tree flower quality and ovule longevity, Environmental and Experimental Botany, Volume 64, Issue 2, November 2008, Pages 113-119