L'arca olearia
IL COMPARTO OLEARIO VISTO CON GLI OCCHI DEL SUD. LO STATO DELLA REALTA', LE PROSPETTIVE FUTURE
Il parere di due affermati professionisti. Per Antonio Cimato il Sud sta avanzando, ma a farlo sono soltanto alcune aziende non adeguatamente sostenute dal territorio; è la Sicilia in particolare a distinguersi e a farsi strada. Per Massimo Occhinegro, nonostante i notevoli passi avanti sul fronte della qualità, non si è ancora pronti per dominare la scena; si continua a perdere valore aggiunto
07 maggio 2005 | Luigi Caricato
Comâè la situazione del comparto olio di oliva nel Sud dellâItalia?
Complessa e altamente controversa.
Lo dimostrano i dati, lo dimostrano i riscontri sul mercato, non le semplici opinioni.
Per cercare di capire lo stato della realtà e le prospettive per il futuro abbiamo chiesto un parere ad alcuni tra i protagonisti della filiera.
Intanto va riconosciuto che la vera forza portante dellâolivicoltura italiana resta comunque concentrata tutta nel Centro Sud. Di conseguenza, se finora il comparto non è riuscito a decollare con successo â al di là delle apparenze e dei facili e pretestuosi inganni â la responsabilità è da addebitare solo ed esclusivamente al Sud e alla sua gente.
Quella che possiamo considerare invece lâèlite â la parte buona e propositiva â non incide purtroppo in maniera significativa sul tessuto sociale.
Piaccia o meno, è così. La realtà è questa.
Si può infine parlare di un Sud penalizzato, comâera e comâè di moda sostenere tuttâoggi negli ambienti politici?
No, in realtà è il Sud che si autocondanna da sé ad assumere un ruolo di marginalità .
Si tende ad evitare il confronto con la realtà dei fatti, è questo il punto dolente.
Dâaltra parte i finanziamenti â sempre piuttosto cospicui â non sono mai mancati. Anzi, si può riconoscere, senza alcuna esitazione, che di un vero spreco di risorse alla fine si tratta.
E del domani?
Del domani non câè alcuna certezza.
Antonio Cimato, calabrese, noto per la sua ricerca sul germoplasma olivicolo e le molte pubblicazioni scientifiche, lavora presso lâIstituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree del Cnr a Sesto Fiorentino.
Massimo Occhinegro vive in Puglia ed è marketing manager nel settore agroalimentare.
L'olivicoltura meridionale rappresenta una quota di produzione significativa, addirittura superiore all'87% rispetto al dato complessivo nazionale. Ritiene che il Sud sia oggi nelle condizioni ideali per dominare la scena; o è sempre il Centro Nord ad avere maggiore attrattiva nei confronti del consumatore finale e degli stessi operatori commerciali e dei fruitori professionali del prodotto?
Antonio Cimato: Noi abbiamo esempi evidenti di un Sud che sta avanzando. Eâ il caso della Sicilia, in primo luogo. Però questo modo di approccio, più moderno, deve essere anche basato sul rinnovamento degli impianti. Non si può mica più pensare di lasciare degli impianti che oramai sono vecchi â in taluni casi di centinaia di anni â e di avere sempre delle produzioni eccellenti. Il Sud ha gli spazi, il clima adatto, le sue varietà . Il Sud ha, pertanto, una buona prospettiva per il futuro.
Massimo Occhinegro: Mi piacerebbe rispondere di sì, alla sua domanda; purtroppo però, nonostante ci siano stati alcuni miglioramenti sul fronte produttivo e quindi qualitativo e sul fronte industriale, devo dirle di no, non siamo nelle condizioni ideali per dominare la scena. C'è qualche eccezione, specie in Sicilia, ma la situazione attuale è purtroppo che il sud, pur producendo l'87% circa del totale nazionale, sta continuando a perdere valore aggiunto. Un tempo, infatti le regioni meridionali e la Puglia in particolare, vendevano il prodotto sfuso alle aziende presenti in Umbria e Toscana, le quali lo confezionavano e lo distribuivano creandosi un'immagine di prodotto e di marca; oggi, anche se da un lato alcune aziende del sud, si sono mosse molto, investendo in risorse umane e tecnologiche, riappropriandosi in un certo qual modo di quel valore aggiunto perso, dall'altro, le aziende del centro nord, non trovando più conveniente da un punto di vista economico, acquistare dal sud, con lo sviluppo della produzione degli altri Paesi, quali Spagna, Grecia e ed altre come Siria, Egitto, Tunisia, Turchia ecc., hanno preferito rivolgere a quei Paesi la loro attenzione, riducendo di fatto gli acquisti in volumi, nelle nostre regioni meridionali. Solo poche, perseguendo comunque uno sforzo di qualità , continuano ad acquistare, stringendo in taluni casi anche alleanze, il nostro prodotto sfuso. Tuttavia, in termini di volumi, considerando tutti i "movimenti" sopra descritti, c'è stato indubbiamente, a mio avviso, una riduzione delle quantità complessive. C'è da aggiungere, infine, che l'immagine, del nostro prodotto, pugliese o siciliano, ha agli occhi del consumatore settentrionale e soprattutto dei "buyer" delle catene, per una "ignoranza" di fondo, certamente non voluta, è quella di un prodotto "pesante"e "acido". Molta strada deve essere fatta ancora, per "educare" il consumatore, a riconoscere le proprietà dell'olio di oliva e soprattutto dell'olio extra vergine di oliva. In alcuni Paesi, quali il Giappone, il caratteristico fruttato, è apprezzato molto più che in Italia, nonostante noi apparteniamo ad un Paese produttore. Oggi il consumatore tipo, per intenderci quello che cerca sui volantini il prodotto che costa meno, si accontenta di un prodotto, qualitativamente scadente, dal gusto quasi piatto, che non esiste, purchè sull'etichetta ci sia scritto Olio Extra Vergine di Oliva.
E' soddisfatto delle scelte politiche effettuate in questi anni dalla sua regione di appartenenza in materia di olivicoltura?
Antonio Cimato: Non credo che la Calabria, la mia regione dâorigine, abbia fatto una scelta politica per lâolivo. Non esiste né un piano, né uno sviluppo, né una strategia. La Calabria non ha a cuore il problema olivicolo. In Puglia câè stato un certo movimento, però siamo ancora abbastanza lontani perché il rinnovamento non può essere soltanto occasionale. La Sicilia e la Sardegna si trovano in una posizione ottima. In Sicilia hanno definito bene la qualità e il profilo dei loro oli, si tratta perciò di una regione che si è dimostrata concreta e capace.
Massimo Occhinegro: Ritengo che le scelte siano state in parte sbagliate. In tanti anni abbiamo visto pochi miglioramenti rispetto a quelli che avremmo voluto ottenere. Certamente, lo ripeto, un miglioramento qualitativo c'è stato ma spesso è la mentalità degli operatori che non aiuta, per cui, spesso i politici, fanno quello che gli operatori desiderano ottenere. Mi spiego meglio: spesso cerchiamo, per poter effettuare qualche investimento, dei contributi finanziari da chicchessia essi provengano; la logica invece dovrebbe essere quella di investire, credendo nelle proprie capacità , e naturalmente, nella logica economica, se c'è poi la possibilità di ottenere qualche contributo ben venga. Protestare e chiedere soldi, non giova a nessuno, crea immobilismo e non certo il dinamismo imprenditoriale di cui abbiamo bisogno. Non esiste un piano olivicolo nazionale. Abbiamo d'altra parte, dei bellissimi alberi, secolari o millenari, non produttivi. Se dall'olivicoltura deve dipendere la sorte di migliaia di famiglie, ieri come oggi, allora occorre investire in nuovi impianti produttivi, che consentano una raccolta meno costosa . Altrimenti occorre cambiare mestiere. Così come è stato fatto dalla Spagna nel periodo 1995-1998 con 44.940.732 di alberi, dalla Grecia con i 17.695.961 contro 1.436.911 alberi dell'Italia. Interventi in tal senso sarebbero auspicabili, così come sarebbe auspicabile, l'ingresso di nuove generazioni di agricoltori più preparati, per affrontare il difficile futuro che ci attende. Fino ad oggi i "soldi" sono stati spesi poco e spesso, male. Ad esempio nulla è stato fatto a livello di "educazione" del consumatore a partire dalle scuole (elementari o medie che siano). Diamo per scontato che tutti conoscano l'olio extra vergine di oliva, ma è proprio così? Direi proprio di no. Compito delle istituzioni deve essere allora quello di divulgare il corretto uso, le corrette caratteristiche dell'olio di oliva e dell'olio extravergine in particolare, con giornalini, libricini, assaggi....
Cosa manca, ma soprattutto cosa occorre e chi, al Sud, perché decolli?
Antonio Cimato: Manca una precisa strategia e manca pure il concetto che lâolio debba essere prodotto per il mercato. Non si fa olio perché si venda poi allâindustria o sia funzionale per avere semplicemente diritto a una sovvenzione. Occorre una strategia di mercato, ma finora solo a livello aziendale, con alcuni imprenditori illuminati, si sta assistendo a situazioni interessanti. Solo che queste aziende, così propositive, rimangono da sole. Non si viene certo aiutati, purtroppo.
Massimo Occhinegro: Occorre spingere affinché i giovani entrino in agricoltura, occorre formarli, prepararli, per poter gestire imprenditorialmente la propria attività ; occorre investire in agricoltura seriamente, creando impianti produttivi più efficienti; occorre eliminare la frammentazione dell'offerta agricola, occorre investire più di quanto si sia fatto finora in ricerca e sviluppo per poter affrontare più serenamente le sfide di oggi e soprattutto di domani, creando nuovi prodotti legati all'olio di oliva, puntando sul concetto salutistico,diversificando quindi la propria attività .
Per fare questo occorre un maggior coinvolgimento del mondo politico, universitario e di tutta la filiera dell'olio di oliva, comprese le associazioni di produttori il cui ruolo è fondamentale. Tutti vogliamo guadagnare dai nostri prodotti, ma non facendo nulla, o cercando di mantenere lo statu quo, per convenienza di alcuni, tutti rischiamo di perdere.
Occorre, dunque, cambiare mentalità , a partire dalla gestione delle nostre imprese. Vendendo un prodotto, vendiamo anche un servizio e dobbiamo essere in grado di farlo; occorre un maggior coinvolgimento di tutti i collaboratori di un'impresa, che devono, insieme mirare al raggiungimento di un obiettivo. Maggiore coesione, maggiore gratificazione, più educazione e non netta separazione dei poteri. Una parola, sapere ascoltare anche l'ultimo dei collaboratori con lo scopo di migliorare la propria impresa, i propri prodotti. In ultimo, promuovere l'immagine della Puglia nel mondo, molto più di quanto si sia fatto finora.