L'arca olearia
Analisi del DNA e un innovativo processo di etichettatura. E' questo il futuro dell'olio italiano?
La ricerca scientifica fa continui passi in avanti e, grazie a questi, è possibile anche proporre nuovi modelli di tracciabilità, utili a fornire ai consumatori garanzie sull'origine e informazioni sulla composizione
27 ottobre 2012 | Luciana Baldoni, Marilena Ceccarelli
La metodica dell'analisi del DNA è ormai andata ben oltre la pura esperienza scientifica, descritta nell'articolo “Olio extra vergine d’oliva, DNA e tracciabilità: work in progress”, apparso sul n. 38 di Teatro Naturale dello scorso 22 settembre, arrivando a un nuovo sistema di etichettatura che si avvantaggia dei progressi scientifici ottenuti grazie ad un progetto finanziato dal Mipaaf svoltosi dal 2009 alla metà del 2012, e coordinato da Marilena Ceccarelli del Dipartimento di Biologia Cellulare e Ambientale dell’Università di Perugia, a cui hanno partecipato l’Istituto di Genetica Vegetale del CNR di Perugia (Luciana Baldoni), alcune aziende olivicole italiane e l’agenzia di servizi EcoTech s.r.l.
Il titolo esatto del progetto è “Sistema di tracciabilità genetica delle varietà di olivo presenti nell’olio per una nuova modalità di etichettatura”.
L’obbiettivo del progetto, infatti, era quello di sviluppare un sistema di certificazione molecolare delle varietà utilizzate per la preparazione degli oli, da riportare in etichetta.
Nel sito web del Dipartimento di Biologia Cellulare e Ambientale (http://accounts.unipg.it/~dipbca/index.html) sono riportate alcune sintetiche informazioni relative al progetto nonchè i risultati ottenuti analizzando l’olio prodotto dalla Società Agricola “Cignale” di Penne, una delle aziende partecipanti al progetto.
Cosa è stato fatto? Abbiamo sviluppato marcatori molecolari idonei all’identificazione delle cultivar di olivo utilizzate nella preparazione dell’olio. Alcune aziende olivicole hanno messo a disposizione i loro prodotti per testare il protocollo sviluppato in laboratorio.
Ovviamente abbiamo tenuto conto delle peculiari caratteristiche del DNA che si trova nell’olio che, come ha precisato nell’articolo su Teatro Naturale il collega Busconi, è un DNA generalmente degradato, contenuto in tracce e costituito da pool di diversi genotipi di identità ignota.
A tale proposito è stato messo a punto un metodo di estrazione che consente di recuperare maggiori quantità di DNA rispetto a quelle ottenibili con l’impiego dei kit commerciali.
Sono stati identificati nuovi marcatori molecolari plastidiali, considerati lo strumento ideale per la tracciabilità molecolare degli oli, grazie al fatto di essere di origine materna (evitano le contaminazioni nell’olio di eventuali impollinatori), aploidi (profilo unico per ciascuna varietà) e altamente rappresentati nell’olio. Oltre a questi sono stati sviluppati anche nuovi marcatori SNP (Single Nucleotide Polymorphisms), che, rispetto ai classici SSR (Simple Sequence Repeats) usati per la caratterizzazione varietale, offrono il vantaggio di essere numerosissimi, facilmente utilizzabili in array multipli ad alta processività ed applicabili a frammenti brevissimi di DNA degradato. Questi nuovi marcatori sono stati classificati secondo un codice alfanumerico, per il quale ogni varietà di olivo è identificata da un assemblaggio di numeri e lettere.
Il trasferimento in etichetta delle informazioni molecolari così ottenute è stato curato dalla EcoTech. Il sistema di etichettatura si basa sul QR code presente sul collarino applicato alla bottiglia che, inquadrato tramite smartphone, permette di collegarsi al sito web dell’azienda produttrice, nel quale si possono trovare tutte le informazioni relative al prodotto.
L’iniziativa ha valore prototipale ma potrà in futuro essere applicata a qualsiasi tipologia di olio che voglia avvalersi di questa tecnologia. I risultati del progetto sono stati presentati nel corso di un workshop organizzato presso l’Università di Perugia il 15 giugno scorso.
Ci sembra, questo, un piccolo passo avanti nel percorso ‘a ostacoli’ della tracciabilità alimentare, un risultato che può contribuire a dare fiducia ai consumatori, alla continua ricerca di garanzie e informazioni sull’origine e la composizione dei prodotti alimentari. Nell’articolo “La tutela dell’olio Made in Italy passa dagli smartphone” (n° 29 del 23 luglio u.s. di Teatro Naturale), è stata presentata una iniziativa che ha dei punti in comune con la nostra.
Infine, ci piace menzionare i nostri stretti collaboratori che hanno fornito un prezioso contributo allo svolgimento del progetto: Vania Sarri, Nicolò Cultrera e Roberto Mariotti e, in qualità di consulente, il Prof. Pier Giorgio Cionini, che ha seguito da vicino le varie fasi di questo lavoro.
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Accedi o Registratigiovanni breccolenti
28 ottobre 2012 ore 18:10E pensa molto male sig.Mill,ma soprattutto certe considerazioni le giri a se stesso(ovviamente con tutto il rispetto), soprattutto i termini "siamo già nel ridicolo" riferito a dei bravi ricercatori che lavorano con passione e non proprio in condizioni di alto reddito", il termine "egoisti" in cui mi sento tirato in ballo, addirittura la nostradamusata "possono contare su un buon reddito" visto che non conosce le persone di cui sparla.Non sa proprio di cosa si sta parlando,o magari lo sa molto bene,no sig.Black?
Joe Black Mill
28 ottobre 2012 ore 11:29Con tutto il rispetto per i ricercatori stiamo non rasentando, ma siamo già nel ridicolo. Il settore è già sotto forse stress, lasciamo campare i piccoli (le DOP). A parte il fatto che ci sono piccole varietà che sfuggono all'analisi del DNA vanificando il grande lavoro. Usiamo il DNA per cose più serie... E se lo dovessimo fare per i vini cosa troveremmo? Di olio non si muore ma si vive più a lungo. Facciamo il DNA per il latte, per il miele, per l'orto frutta. Per carità! In un mondo in crisi e non sappiamo come uscirne siamo tutti "choosy" siamo viziati. Penso che chi tiri in ballo queste cose possa contare su un buon reddito e pensa solo a se stesso. Egoisti.
Mario Forti
27 ottobre 2012 ore 23:42ma dove vogliamo arrivare.
massimo ferranti
27 ottobre 2012 ore 20:47Gent. Sig. Breccolenti, Lei avrà notato che il mio commento si rivolge unicamente all'uso del Codice QR che ritengo poco fruibile da parte del Consumatore e che sostenendo la scelta più pratica del codice univoco, non ho dichiarato che esso certifica e garantisce la veridicità delle informazioni a cui si accede, ma che ad esse il Consumatore accede più facilmente. Che poi queste informazioni siano false, come Lei ipotizza, è una sicura possibilità, ma che sposta l'argomento sul piano della "truffa", in questo caso affidiamoci a chi preposto a far si che ciò non avvenga.
giovanni breccolenti
27 ottobre 2012 ore 18:29Sign Ferranti,tutto bello e tutto preciso ma alla fine chi mi da' la sicurezza che dentro la sua bottiglia c'è la varieta' orbetana (sinonimo, marchigiana)? Chi mi dà la sicurezza che in una bottiglia di olio italiano c'è veramente olio Italiano? E chi, che in una Dop di una regione non ci siano oli provenienti da varietà caratteristici di un'altra regione?Non quel numero univoco sul colletto.Quello mi dice che tutta la parte burocratica di provenienza e quant'altro è stata rispettata ma io alla fine dentro la bottiglia ci posso mettere una coratina,addirittura una piqual (il famoso sentorino di....)e stare tranquillo (o quasi) perchè ad oggi non esiste ne panel(che si potrebbe accorgere subito di un sentore diverso dall'orbetana ma come prova il solo naso varrebbe poco davanti a un giudice),ne chimica che mi dia la garanzia.
Ecco questa del DNA,ovviamente dopo aver testato la metodica e dopo che sia riconosciuta valida e ufficializzata,una certa sicurezza in piu' forse me la darebbe.
massimo ferranti
27 ottobre 2012 ore 14:10Da una attività ultratrentennale in ambito "tecnologie avanzate" sono passato a quella di piccolo produttore di Olio Extravergine proveniente da Olive Marchigiane, ed è in questa doppia veste che desidero commentare questo articolo in quanto non simpatizzante della Comunicazione confusa con l'Informazione.
Dall'analisi del rapporto fra l'acquirente-tipo di una bottiglia di olio e il suo grado di fruibilità tecnologica, si evince che l'impiego del QR Code sull'etichetta di una bottiglia di olio serve solo all'immagine del produttore: fa tendenza, è di moda e ormai è dappertutto; ma utilità poca e fidelizzazione quasi zero (sono oltre cinque anni che ci giriamo intorno, il QR è parente stretto della bigliettazione/registrazione elettronica NFC in continua infinita sperimentazione).
Il mio concetto parte dalla valutazione della percentuale di possessori di uno smartphone fra gli acquirenti di olio extravergine di oliva - dalla necessità dell'applicazione embedded del "QR reader" - dalla disponibilità di rete WiFi Free o Campo Internet nella struttura ove si acquista - dalla disponibilità, facilità e tempo dell'acquirente a visitare un sito internet e navigare in esso con lo smartphone.. ecc. ecc. Per le mie conoscenze ed esperienza nel settore, per aver contribuito a diversi progetti di Osservazioni di Mercato in ambito GDO, per aver sperimentato in proprio le diverse alternative, ho deciso che le nostre bottiglie di Olio Extravergine da Olive delle Marche riportano, per non essere considerato di Serie B, il QR Code che ti rimanda ovviamente al sito aziendale, ma questo è marketing; l'Informazione invece la si trova nel colletto della bottiglia o nella sua etichetta in forma di numero univoco; con esso, è possibile tracciare via web o SMS tutta la filiera di quella, .. ripeto di quella bottiglia e ricavarne tutte le informazioni che la riguardano. Il sistema sarà vecchio, ma i nostri Clienti lo apprezzano dichiarandolo semplice ed efficiente.
Massimo Ferranti - Olivea
Joe Black Mill
28 ottobre 2012 ore 19:04Ho il massimo rispetto per i ricercatori. Per il reddito non mi riferivo a loro. Il termine egoisti non era rivolto a lei. Si ha ragione non so proprio di cosa si sta parlando e ripeto la frase di Mario Forti, ma dove vogliamo arrivare? Ed aggiungo cosa risolviamo con questo? Miglioriamo i redditi degli agricoltori? Ma va là! L'olio non ha confini come le razze che si uniscono in nome dell'uguaglianza tra i popoli, l'importante è dichiararlo. Sono per la liberalizzazione dell' indicazione dell'origine degli oli con l'indicazione dei Paesi e dei cultivar. E questo nonostante non sia causa di malattie come per il grano di Chernobyl. Oggi non è obbligatorio indicarne la provenienza. (DNA?) Oggi non è obbligatorio spiegare cosa sono gli "oli vegetali" contenuti in tante merendine e alimenti vari e voi parlate di DNA dell'olio di oliva? Anacronistici (non i ricercatori) ma i sofisti (non i ricercatori). In ultimo ognuno è pur libero di esprimere le proprie opinioni.