L'arca olearia
Promozione europea oli di oliva, la Spagna ingiustamente favorita
Chi l’avrebbe mai detto che sul fronte degli oli di oliva si metta di traverso anche l’Ue? Con grande confusione, peraltro. Il Consorzio Ceq parla di concorrenza sleale e denuncia il mancato coordinamento delle politiche di promozione, a vantaggio di alcuni Paesi e a scapito di altri
20 ottobre 2012 | Maria Carla Squeo
Noi lo sapevamo già, siamo stati i primi a scriverlo su Teatro Naturale. Lo scorso 11 febbraio 2012 avevamo pubblicato un articolo al riguardo (“Olio di oliva, campagne di promozione sbilanciate”) e da allora ci sono stati importanti sviluppi. Il Consorzio di garanzia per l’extra vergine di qualità ha fatto la sua parte in tutto ciò, e, paradosslmente, nessuno si era accorto di tale anomalia. Così, nel corso della conferenza stampa che si è svolta a Roma il 18 ottobre, il Ceq non si è tirato certo indietro mettendo nero su bianco lo stato della realtà.
Il Consorzio ha presentato immagini inequivocabili. Nessuno può d’altra parte sostenere il contrario. E’ stata posta in atto una vera e propria distorsione della concorrenza agendo contro ogni principio stabilito sin dai tempi del trattato di Roma.
La questione è sorta nel corso delle attività di promozione del Ceq realizzate in India, Cina e Russia, là dove, con il sostegno dell'Unione Europea, sono tuttora in corso una serie di campagne di promozione identiche nelle modalità operative ma portate avanti con vincoli diversi.
L'Italia segue le regole della DG agricoltura, secondo le quali è consentito solo di pubblicizzare l’olio europeo. La Spagna, diversamente, seguendo le regole della DG Regio, si muove facendo espressamente promozione dell'olio spagnolo. Il risultato? La campagna spagnola si avvantaggia dell’effetto amplificazione della campagna italiana pagata dagli italiani.
Elia Fiorillo, il presidente del Ceq, non ci sta. “Non è giusto – afferma – che il danaro delle nostre aziende, ma anche quello dei contribuenti italiani, sostengano indirettamente anche il mondo della produzione spagnolo”. Da cosa è dipeso tutto ciò? Da inefficienza. Per lo mneo, si spera che sia solo inefficienza.
“Sembra un paradosso – precisa Fiorillo – ma di fatto è il risultato tangibile di quello che può capitare quando gli Uffici della Commissione non si coordinano tra loro”. Fiorillo non dimostra ostilità, e chiarisce subito che non vi è intenzione di “incriminare nessuno, ma chiediamo semplicemente giustizia e sappiamo che il ministro Catania si sta battendo a Bruxelles per riparare al danno che i produttori italiani stanno subendo per colpa delle politiche dell’Unione”.
Anche Mauro Meloni, il direttore del Consorzio Ceq è intervenuto, con prove inequivocabili, mettendo in evidenza le immagini della campagna pubblicitaria dell’olio di oliva spagnolo attualmente in corso in India, in Cina e in Russia. Il fatto che disturba è che con il sostegno dei fondi comunitari la Spagna stia tentando di dirottare gli acquisti dei consumatori dalle marche e dagli oli italiani verso quelli di origine spagnola.
E’ da lungo tempo che si sta dietro alla vicenda, e c’è anche un rimpallo di responsabilità. Non sembra nemmeno di stare a Bruxelles, vista la macroscopica gaffe, e invece è così: siamo a Bruxelles. Accade anche questo nei meandri della burocrazie Ue.
MASSIMO OCCHINEGRO: FIGLI E FIGLIASTRI
Abbiamo chiesto tra gli altri a Massimo Occhinegro, esperto di marketing internazionale un suo parere, anche perché è stato lui il primo a segnalare le anomalie che oggi si denunciano pubblicamente.
Chiediamo che impressione abbia avuto quando lo ha scoperto e cosa ha determinato in particolare la sua pronta reazione. “Sono esterefatto – dice – e da italiano anche adirato. Premesso che non sono pratico di agevolazioni e di fondi europei, ho notato subito come in India si stessero facendo contestualmente due campagne promozionali sull’olio di oliva. Mentre quella del Ceq era relativa all’olio di oliva europeo, quella spagnola al contrario era riferita alla sola origine spagnola. In particolare si trattava, in quest’ultimo caso, di campagne di ‘in store’ promotion, ossia di promozione all’interno di punti vendita, in genere grandi supermercati, affissionistica, eccetera. Ecco, in tutte le attività era evidenziata la parola ‘Made in Spain’. Notai però il particolare della bandiera dell’Unione Europea, esattamente come quella utilizzata dal Ceq”.
Dunque, le è sorto qualche dubbio.
“Sì, mi posi la seguente domanda: E’ possibile tutto ciò? Siamo o no in Europa?”
E le sue conclusioni?
“Che in Europa ci sono figli e figliastri. E allora mi sono detto:? E’ mai possibile che l’Unione Europea agisca differentemente pur offrendo a entrambi i soggetti fondi comunitari? La questione era a mio avviso molto seria, ma sicuramente più grande di me. Non comprendevo ed era necessario che mi rivolgessi a chi, di queste cose ne capisce di più. Devo dire con tutta onestà che inizialmente la questione era stata sottovalutata, in quanto si riteneva che la campagna spagnola fosse finanziata interamente con i fondi della cosiddetta interprofessione, e quindi libera da vincoli."
E poi?
“La mia testardaggine alla fine ha convinto i più scettici, e quindi si è passati ai fatti grazie al Ceq e alla sua preziosa organizzazione”.
Bene, ora che tutto è venuto alla luce, che riflessioni sente di fare? E’ soddisfatto di quanto ottenuto finora?
“Non mi sento ancora soddisfatto, perché a quanto pare c’è in atto un tentativo di rimbalzo di responsabilità, ma il fatto è talmente chiaro ed evidente che non si può sorvolare. Qui ci sono soldi dei cittadini europei, soldi delle imprese che hanno aderito e pagato la loro quota. La campagna del Ceq, promuovendo l’olio europeo ha di fatto amplificato, come evidenziato correttamente dal Ceq e dal suo Presidente Elia Fiorillo, la campagna promozionale spagnola, come se ce ne fosse bisogno. La Spagna come sappiamo, già rappresenta per tutti noi italiani una “macchina da guerra” nel settore, avendo l’assoluta leadership mondiale produttiva, mentre è al momento in dubbio quella qualitativa, che però, per strategie italiane errate e perpetuate ancora, non paga”.
Ecco, mi chiedo, e le chiedo, se si verrà mai a capo del problema, o se, al contrario, tutto resterà insoluto?
“Spero che la questione, continuando a mantenere accesi i riflettori, possa essere risolta. Personalmente vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Sarebbe gravissimo se ciò non avvenisse, e spero che “il grande pasticcio” venga anche compreso e condiviso da tutti i suoi lettori”.
Ecco, che giudizio vuol dare all’intera vicenda? Perché, le chiedo, nessuno ha segnalato simili anomalie, che pur non sono episodiche né tanto meno infrequenti? Non è un caso che in tanti abbiano beneficiato di aiuti europei subendo in silenzio la limitazione di non poter mettere in giusta evidenza la propria origine nazionale.
“Bella domanda. La mia opinione personale è che è una questione di mentalità. Spesso si praticano delle azioni, non già perché si crede che esse facciano parte di una strategia più ampia, nell’ambito di una pianificazione a medio lungo termine, quindi per puro convincimento della loro bontà, ma solo ed esclusivamente per interessi economici. Mi spiego meglio. La mentalità prevalente nel mondo dell’agricoltura, e anche in molta parte dell’industria, è il seguente: Faccio una qualsiasi cosa, anche se non mi interessa del tutto, se c’è il finanziamento pubblico. Ne discende che solo chi lo fa, perché veramente ragiona in chiave strategica guardando al futuro (oltre che al presente), si mostra più attento, ed è acuto osservatore. La sua domanda è: se sto investendo, visto che i soldi, da qualsiasi parte essi provengano, sono sudati, sono investiti bene? Ciò che è avvenuto per l’olio è avvenuto da quel che ne so anche per i prosciutti, e nessuno ha avuto da ridire. Come mai? A parte quanto detto, non saprei rispondere.
Cosa è stata, più distrazione o svogliatezza mista a noncuranza?
“Sicuramente non siamo tutti uguali, e in generale tendiamo a vivere la vita con più tranquillità senza porci domande a cui potrebbero seguire risposte che comportano problemi ‘noiosi’, difficili da risolvere. Siamo un popolo di viziati e saccenti. ed è per questo che non sappiamo governare la crisi. Fortunatamente in questo caso il Ceq si è dimostrato molto attento e continua a portare avanti l’ingarbugliata questione che è tutta di natura politico-burocratica; proprio ciò di cui faremmo volentieri a meno”.
ALTRE CONSIDERAZIONI
Avendo preso atto di quanto è accaduto, e considerando il fatto che il Consorzio Ceq ha segnalato ormai da oltre sei mesi a Bruxelles e alle istituzioni nazionali la distorsione di concorrenza che si è creata per la concomitante presenza dei due programmi promozionali, c’è da interrogarsi sul futuro. Il problema sarà dunque risolto?
Secondo il direttore del Ceq Mauro Meloni, “malgrado l’aiuto di Agea e l’intervento del Ministero, gli uffici comunitari non hanno ancora risolto il problema. Il caso della campagna spagnola "Oliveoilfromspain", condotta con i fondi comunitari, è un esempio che può ripetersi per altri prodotti e per altri Paesi dell’Ue, sempre più interessati ai vantaggi di visibilità offerti dai fondi Fesr, rispetto a quelli del Feaga”.
“Il Ministero – ha sostenuto Elia Fiorillo – ha chiesto a Bruxelles di poter sospendere i programmi di promozione in atto, per limitare i danni per i produttori e i cittadini italiani che si trovano a sostenere un programma controproducente per la nostra economia ma non vorremmo che i funzionari della DG Agri, fino ad ora ignari di quanto accadeva poche scrivanie più in là, siano troppo occupati a fare la guerra alla DG Regio sulle competenze in materia di agroalimentare, per occuparsi dei problemi dei contribuenti”.
E allora? “Allora – a concluso Fiorillo – confidiamo nella sensibilità politica del Commissario Ciolos, al quale non è certo sfuggito il paradosso che due regole opposte in un’Europa unita non possono esistere, perché creano fratture tra i produttori UE che incrinano il sentiment dell’Europa comune” .

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