L'arca olearia
Chi di alchilesteri ferisce, di alchilesteri perisce
Ciò che in un primo tempo appariva un banalissimo metodo per un ulteriore accertamento della qualità di un olio, ora per alcuni è diventato un cavallo di battaglia per sostenere - a torto - la pur nobile causa dell'origine. Non è così. A Monopoli il Comitato alchilesteri 75 ha raccolto un folto pubblico di agricoltori veri, non mascherati. E' in gioco la commerciabilità e remuneratività del prodotto. Molte le aziende familiari a rischio chiusura
03 novembre 2012 | Luigi Caricato
In via eccezionale, eccomi qui tra voi. Dopo il mio editoriale della scorsa settimana, in cui dichiaravo in maniera esplicita il mio pubblico disagio all’idea di firmare articoli in un Teatro Naturale ormai irriconoscibile e disarmonicamente contraddittorio, estraneo e distante dallo spirito originario alla base della sua stessa fondazione, firmo ora con grande convinzione questo articolo perché è un mio dovere morale appoggiare e sostenere una iniziativa spontanea come quella cui ho partecipato giovedi 31 ottobre a Monopoli, in Puglia, organizzata dal Comitato alchilesteri 75.
E’ stata una bella esperienza, e spero si possa ripetere in tutta Italia, anche su altri fronti, e non soltanto in ambito oleario. La speranza è che si facciano vivi tutti i veri agricoltori, alzandosi in piedi per riprendersi il proprio futuro, fino a coinvolgere l’intero settore primario, spesso sonnecchiante e poco incline a reagire di fronte ai continui abusi subiti tavolta in silenzio, per scarsa abitudine a partecipare in maniera attiva alle decisioni che pure coinvolgono la sfera professionale di ciascun agricoltore.
A Monopoli, con mia grande gioia, si è risvegliata la coscienza civica degli olivicoltori e dei frantoiani, i quali hanno saputo dire in maniera convinta e convincente un secco no a una potente lobby che domina purtroppo incontrastata la scena con la complicità delle istituzioni. Il Comitato alchilesteri 75 è nato in maniera spontanea, raccogliendo le adesioni di una filiera unita, opponendosi fieramente agli interessi di coloro che finora hanno potuto agire indisturbati mettendo a serio rischio le sorti del comparto oleario, oltre che quelle di molti altri settori operativi.
Monopoli è una città che sorprende, visto che non molti anni fa, all’alba del nuovo secolo, aveva accolto a sé un uomo di battaglie civili e di idee qual era Luigi Veronelli, sostenendolo nella sua missione a difesa e tutela degli oli del territorio. Da allora sono trascorsi non molti anni, e proprio chi in quel periodo sonnecchiava, reo di aver mal gestito l’olivicoltura, senza aiutarla nel passaggio al nuovo, oggi cavalca paradossalmente la causa del decreto salva olio italiano, indossando inopportunamente i panni dei difensori dell’italianità, mentre invece la vera responsabilità del declino del comparto olivicolo nostrano sarebbe tutta da addebitare agli almeno quarant’anni di malgoverno da parte di un’associazionismo agricolo abile solo nel vestire ogni volta i panni dell’opportunismo, con la continua complicità delle istituzioni che assegna loro cospicui finanziamenti caduti ogni volta dal cielo come manna, senza mai aver dovuto rendere conto dei risultati.
A Monopoli tutto questo ancien regime non è più ben visto. Da tempo, tanto per fare un esempio, non esiste più una dirigenza Coldiretti che rappresenti gli agricoltori locali. Esiste da troppi anni la figura di un commissario esterno che sicuramente non ha più il contatto con la base, quella, per intenderci, che lavora in campagna e non vive nutrendosi di burocrazia. Così, con un’azione virtuosa che è partita dal basso, c’è chi ha iniziato a dire no, e si sta coraggiosamente opponendo, prendendo le distanze da coloro che rubano scena e risorse ai veri protagonisti dell’agricoltura.
L’aspetto più increscioso è che il Comitato alchilesteri 75, pur non avendo una struttura organica e sostegni finanziari, sia stato in tutto questo tempo fortemente avversato, fino a subire azioni di puro contrasto e in alcuni casi perfino denigratorie, avendo assegnato loro una matrice addirittura “industriale”.
E’ emersa così, nel corso dei mesi, la vile arroganza di chi non ha voluto nemmeno interpellare i membri del Comitato, soprattutto quando si è trattato di giungere alla definizione di un testo normativo quasi definitvo. Segno evidente, questo, che la democrazia in Italia viene intesa ancora come l’imposizione della legge del più forte e non, come invece dovrebbe essere, come l’effetto della condivisione di un pensiero plurale.
In questa triste e avvilente storia, perfino l’audizione che il Comitato è riuscita a ottenere con non poche difficoltà e resistenze in Senato, ha avuto elementi a tratti comici, come quando i componenti della Commissione agricoltura avevan deciso all’ultimo momento di anticipare di qualche ora l’incontro, causa partita di calcio della Nazionale italiana in contemporanea. Insomma, la qualità della nostra classe politica la si può misurare anche in simili circostanze. Per contro, penso con tristezza al gruppo di produttori e tecnici giunti fino a Roma in fretta e furia pur di essere presenti a un appuntamento cambiato e a far valere di conseguenza le proprie ragioni. Di fronte a tale scena, tuttavia, mi chiedo, e vi chiedo, se sia giusto che una tematica così delicata debba essere affrontata solo da una parte sola, senza la possibilità concreta di far intervenire, nella costruzione di una legge, i veri esperti e non gli esperti di una parte sola, tutte le anime del comparto e non quelle di uno schieramento unico. Ha senso che le leggi siano il frutto di continui giochi sulla pelle di chi lavora? Ancora non riesco a darmi una risposta serena, visto che ogni volta che si affronta il tema dell’olio in Italia vi debbano essere continue e inutili controversie.
Tornando invece all’incontro pubblico di giovedi 31 ottobre, per me è stato un momento epico, ritrovando volti di contadini veri e non mascherati. Ho avuto modo di conoscere tante brave persone, semplici, immediate, autentici lavoratori della terra che hanno a cuore le sorti del comparto e vogliono dire la propria, per non essere sempre tagliati fuori dalla storia. Sono i classici agricoltori con pochi studi alle spalle, o addirittura senza studi se non le elementari o al più le medie, persone semplici ma operose, che si sono affidate nelle mani delle associazioni di categoria nella speranza di essere rappresentati, salvo poi scoprire che queste organizzazioni, salvo eccezioni sempre più rare, non hanno mai curato gli interessi della collettività.
Tra queste persone, arrivando in anticipo all’appuntamento, ho conosciuto anche alcuni relatori, alcuni dei quali, la maggior parte li ho visto per la prima volta, come per esempio il dottor Mario Monopoli, altra vittima dell’arroganza, per aver espresso il proprio pensiero in libertà, nelle vesti di un comune cittadino rappresentante di un sodalizio, non di un funzionario dell’Icqrf qual è. Cosa è accaduto, allora? E’ accaduto che alcuni politici si sono scagliati a gamba tesa contro di lui, fino a offenderlo.
Contro di lui, mi dicono alcune persone tra il pubblico, c’è stato un tiro al bersaglio, tra cui l’interrogazione parlamentare di Ermete Realacci, volta a sollecitare il Ministro Catania a prendere severi provvedimenti nei confronti del funzionario, la cui colpa è stata semplicemente quella di aver agito, senza essere autorizzato, in nome e per conto dell'Icqrf. Falsa accusa, mi fanno sapere, dal momento che i giornali pugliesi usciti in occasione di un incontro che si era svolto non molto tempo fa erano stati chiari nell’attribuire il ruolo di semplice cittadino e non di funzionario che esprime un parere da funzionario. Molto semplice, elementare, ma, evidentemente, la voglia di far battaglia era tale da rendere Mario Monopoli un facile bersaglio per chi da politico ha solo voglia di scontrarsi con chi la pensa diversamente.
Non mi sono fermato qui. Ho chiesto altre informazioni in giro, curioso com’ero, prima del’inizio dell’incontro, e verificando le varie voci scopro che Mario Monopoli era stato fatto oggetto anche di un’altra interrogazione parlamentare, questa volta presentata dal senatore Lannutti, che ha attaccato il funzionario Icqrf in un modo ancora più pesante, auspicando il licenziamento. Io dei politici non mi fido e così ho voluto approfondire cercando di ascoltare il diretto interessato, il quale ha preferito non scendere sulla questione, ancora bruciante per chi fa il proprio dovere di cittadino. Pur non essendo stato esplicito, ho percepito tutta la sua profonda amarezza per essere stato addirittura associato a un reato commesso da un suo collega di Siena, e infatti – come mi ha riferito – nell’interrogazione parlamentare si chiedevano misure disciplinari nei confronti di entrambe i funzionari.
Che dirvi? Resto senza parole, visto che viviamo in un Paese che se non ti uniformi al pensiero unico ti vietano di parlare e addirittura anche di pensare. E’ inaudito. E così, un po’ amareggiato ho preso posto sul palco, confortato dall’affetto di un pubblico vero, venuto spontaneamente, senza aiutini di circostanza come accade in molti casi. Intanto, nell’ascoltare tali assurdità, ancora oggi mi domando il motivo per cui sia io, sia il professor Conte, abbiamo subito all’inizio del 2011 una azione di disturbo non meno pesante di quella subita da Mario Monopoli, quando, se ben vi ricordate, ci avevano impedito di presenziare ad alcuni convegni e seminari, solo per essere stati critici nei confronti delle insensate prese di posizione assunte da alcune lobby che controllano tutto, dalla stampa alla politica. Al che giustamente io mi chiedo, e vi chiedo: che giro di interessi ci saranno mai, se dietro a una banalissima introduzione di un nuovo metodo di analisi, pur importante di per sé, si sia addirittura finiti in una guerra assurda e controproducente per le sorti dello stesso prodotto olio extra vergine di oliva, sia del comparto oleario italiano.
Per pura cronaca vi informo intanto che il Ministero delle Politiche agricole ha chiesto giustamente un parere tecnico alla Ue, in relazione all'art. 43 co. 1 bis del Decreto Sviluppo. Vedremo dunque cosa salterà fuori. Per il momento, c’è da dire che l’applicabilità della norma è ancora sospesa, tranne che qualche potere forte – e in Italia, lo sappiamo bene, ce ne sono – non prenda iniziative personali, agendo di fatto sulle dinamiche dei controlli, per cui tutto, va detto, può sempre accadere. Come d’altra parte non è nemmeno escluso che l’Ue, alla fine di tutto, dia l’avvio a una procedura di infrazione a carico del nostro Paese, dando luogo così, in conclusione, al danno e alla beffa! Tanto alla fine pagano come al solito i cittadini, mica i politici e le lobby.
Ora, tuttavia, visto che non ha senso insistere sulla pura cronaca dell’incontro, che di fatto è marginale rispetto a quanto è stato scritto e detto inutilmente in tutti questi mesi, dal momento che nulla è servito nel tentativo di affrontare un dialogo tra le parti che non c’è mai stato, meglio allora soffermarci su alcuni passaggi chiave.
Intanto, esprimo in poche battute la mia posizione, per chi non l’avesse ancora chiara: io sono equidistante, non sono dunque né pro, né contro il limite 30. Sono invece piuttosto infastidito per l’arroganza manifestata da gente che ha dimostrato di non avere il benché minimo rispetto verso chi ha competenza in materia, e non è stato ascoltato.
Il decreto salva olio italiano è stato fatto di corsa, frettolosamente, senza attendere che la comunità scientifica desse un quadro complessivo della realtà, fotografando tutte le olivicolture d’Italia, in modo da avere la certezza che un limite più restrittivo sia davvero la soluzione più adeguata.
Il rischio, per nulla secondario, è di avere oli in zone anche rinomate che per vari motivi non riescano a rientrare nei parametri più restrittivi. ll riferimento è a oli poco amari e piuttosto delicati. Il rischio, è di vedere declassati alcuni extra vergini che invece vantano un buon riscontro di mercato.
E non solo: c’è anche da evidenziare un altro grosso problema, quello di alcune aree del Sud dive ancora abbondano gli oliveti secolari e si ottengono extra vergini magari non eccellenti, ma con tutte le caratteristiche della categoria. In questo caso specifico, abbassando il parametro a 30, è concretamente possibile che alcuni oli, non si sa ancora quanti, pur extra vergini per legge, con il nuovo limite fissato a 30 non rientrino più nella categoria degli extra vergini, con tutte le conseguenze che ben si possono immaginare.
Chi si assume la responsabilità di mettere a serio rischio di chiusura tante aziende familiari che vantano un esiguo reddito proprio a partire dalla produzione olearia?
Gli oltranzisti dell’olio amaro e piccante a tuti i costi ne sono coscienti?
Tra i relatori è stato un piacere sentire una delle anime più rappresentative del Comitato, Mimmo Lavacca, dell’Oleificio Cooperativo di Monopoli, il quale ha chiarito un aspetto molto importante, ormai acquisito da tutti: il metodo degli alchilesteri non identifica né l’origine del prodotto, né le eventuali sosfisticazioni, ma è solo un metodo che riconosce la qualità.
Il presidente dell’Oleificio Cooperativo di Monopoli Angelo Martellotta ha sostenuto come si siano dati da fare, ma si è sentito offeso perché sono stati trattai male, con arroganza, come se non fossero all’altezza del compito, non in grado di saper lavorare l’olivo, ma evidentemente dimenticando che non si può da una parte volere l’olivicoltura secolare e dall’altra pretendere di avere un olio dai bassi costi di produzione e con parametri d’eccellenza. E’ assurdo, ha detto. Le intenzioni di tutti noi non sono bellicose, semmai i bellicosi sono proprio coloro che agiscono senza serntire le parti, rifiutando il dialogo. Nicola Pentassuglia, presidente della Cooperativa Progresso agricolo di Fasano non ci sta, sostenendo come “quando non vi sono vantaggi per le aziende, ma solo penalizzazioni, vuol dire che si sta parlando di fumo”. D’alltra parte, che senso ha imporre regole severe per tutti, indistintamente, se ancora non si conosce lo stato della realtà?
L’intervento di Giorgio Cardone, è stato accolto con grande rispetto per l’autorità morale che rappresenta, essendo titolare di uno tra i massimi e più rappresentativi laboratori di analisi, non solo in Italia. Per lui tutta la fretta che hanno messo i politici nell’imporre il decreto salava olio è ingiustificata, tanto più che in aprile si avranno i primi risultati di un’indagine effettuata su una vasta campionatura di oli rappresentativi di tutta Italia. Che senso abbia avuto metter tanta fretta, non ha in sé alcuna giustificazione razionale. Ci si è mossi in mancanza di dati sperimentali e si è scoperto oltretutto che il parametro degli alchilesteri tendeva a modificarsi nel tempo. Si era partiti sostenendo che tali parametro non si modificava, ma quando si è visto che non è così ci si è allarmati. Abbiamo capito – ha detto Cardone – che si tratta di un paranetro molto insidioso, da tenere sotto sorveglianza. In Puglia, per esempio, le olive Ogliarola raccolte un po’ mature possono dar luogo a sviluppi imprevisti.
Il metodo alchilesteri proprio perché evidenzia la qualità di un extra vergine è sicuramente un valido strumento per contrastare le frodi, ma va gestito in maniera equilibrata.
Quando si guarda alla realtà, non si può ignorare l’evidenza. Secondo il professor Francesco Prudentino non si possono lasciare a se stessi i produttori. E’ stato detto loro di investire nel ripristino degli olivi secolari, e hanno investito sulle piante monumentali, e ora cosa si può pretendere da piante che in certi casi sono anche plurisecolari o addirittura di mille anni? Occorre chiarirsi su questo punto. Non va dimenticato inoltre – ha aggiunto Prudentino – che la qualità non è solo il frutto di alchilesteri bassi. La qualità è anche ciò che piace al consumatore, non è il caso di dimenticarlo.
Il dottor Mario Monopoli, infine, present non nelle vesti di funzionario dell’Icqrf, oltre a esprimere un giudizio tecnico sulla norma, considerando anche le problematiche che essa determina, ha purtroppo ammesso che la legge darà luogo a problemi interpretativi e che può essere interpretata ogni volta, caso per caso, dai giudici, quindi solo attraverso un contenzioso. E’ un problema serio, che si sarebbe potuto evitare se solo ci fosse stato un confronto tecnico-normativo più sereno.
Già, un confronto più sereno. Un sogno. Il fatto è che tale norma è nata male, a partire da un emendamento inserito nell’approvazione del decreto sviluppo, quindi approvato con la fiducia, senza la possibilità di un confronto aperto e franco. Tutto questo ha fatto sì che i problemi cadranno tutti sulla pelle dei singoli soggetti. Questa, dunque, è la realtà dei fatti, piaccia o non piaccia. Per questo motivo il Comitato alchilesteri 75 è partito da ragioni nobili e con il piede giusto.
Ciò che ho apprezzato a Monopoli è l’aver trovato, riflessa tra il pubblico, l’immagine dell’Italia migliore, quella vera, quella che lavora, quella che crede fortemente in un’agricoltura autentica, e si aspetta giustamente, da me e da coloro che esercitano un ruolo pubblico, un supporto reale, un aiuto concreto, un sostegno sincero, in modo che non siano lasciati soli a se stessi, in mano alle lobby che gestiscono dall’alto, con veri atti di imperio, le sorti del futuro di un comparto oleario ormai in costante declino.
Nel territorio sono tantissimi i frantoi che stanno chiudendo, perché strangolati da politiche dissennate, e altrettanti gli oliveti in stato di abbandono, anche perché chiudere i conti in attivo sta diventando ormai un sogno.
Potrebbero interessarti
L'arca olearia
Il rame da solo non basta contro la mosca dell’olivo

Non serve un’alta dose di rame per contrastare la mosca dell’olivo. Un dosaggio molto più basso, abbinato a trattamenti con particelle di silicato, può ridurre significativamente le infestazioni di Bactrocera oleae
03 luglio 2025 | 14:00
L'arca olearia
L’influenza sulla fenologia dell’olivo della varietà, della località e dell’interazione genotipo-ambiente

La data di maturazione delle olive non è uniforme all'interno della chioma dell'albero: i rami esposti a nord e a ovest maturavano più tardi rispetto a quelli esposti a sud e a est. Il risveglio dalla dormienza è stato precoce nei rami esposti a sud e a est
02 luglio 2025 | 16:00
L'arca olearia
La maturazione delle olive post raccolta: conservarle a 4 °C se non si riesce a frangerle entro le 24 ore

La conservazione al freddo delle olive può ridurne efficacemente il tasso di respirazione, ritardare la maturazione post-raccolta e inibire le reazioni di ossidazione e la crescita microbica
02 luglio 2025 | 14:00
L'arca olearia
Il selenio per l’olivo è utile contro gli stress ambientali

Il selenio non ha provocato alterazioni nella produzione delle olive e nella qualità dell'olio d'oliva, ma ha dimostrato un'azione antiossidante e pro-ossidante dose-dipendente nell’olivo
01 luglio 2025 | 16:00
L'arca olearia
Ecoschema 3 per l'olivo: diminuiscono le domande di adesione

L’Ecoschema 3 prevede un contributo per ogni ettaro di Superficie Agricola Utilizzata coltivata a olivo, pari a 220,00 euro/ha. Ma troppa burocrazia e impegni agronomici stringenti fanno diminuire le domande del 17%
30 giugno 2025 | 16:00
L'arca olearia
La struttura della chioma dell’olivo e l’influenza sulla produttività

Architettura della chioma e caratteristiche di fruttificazione dell’olivo sono fondamentali per ottenere una buona produttività. Il problema dell’invecchiamento fisiologico precoce della chioma a causa dell'eccessivo ombreggiamento
30 giugno 2025 | 12:00
Commenta la notizia
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Accedi o Registratimassimo occhinegro
11 novembre 2012 ore 12:06Caro Breccolenti, buona domenica. Noto con piacere che lei ha certezze, anche a proposito dei nick names. Da dove le derivi, non lo so. Io sono nato e morirò , il più lontano possibile si spera , con i dubbi.
Sicuramente avremo occasione di conoscerci.
Intanto abbiamo in comune una cosa , almeno credo, il bene dell'olivicoltura italiana.
Personalmente ragiono da economista bocconiano e non da semplice "venditore" o piazzista.
Ritengo che la catena del valore sia importante ma ritengo anche che le strategie in mano a persone che poco ne sanno di economia , sia molto pericoloso per il settore e per la nostra nazione.
So che lei ama molto l'olio dal sentore di "pipì di gatto", ovviamente scherzo.
Ma ecco che oggi leggo su una rivista quanto seguirà .
Direi che si tratta di una lettura domenicale interessante che volentieri le sottopongo.
Per il resto vorrei che Lei avesse l'interesse a conoscere, come me e come altri, i reali numeri della produzione italiana sulla quale non mi sembra molto attento.
E' da quei numeri che dipendono le strategie di un comparto.
Come giustamente evidenzia Ricchi, a chi non interessano i numeri? Ed aggiungo perché dal SIAN sono stati esentati gli olivicoltori ?
Non costituiscono loro, forse , la fonte primaria della produzione olearia italiana?
In altro articolo, su questa rivista leggo l'intervento del Prof. Conte che al contrario di altri che amano sfoggiare i loro titoli in maniera pubblicitaria , sempre su questa rivista, in maniera direi, molto umile e quindi per me molto apprezzabile, spiega che è il delegato italiano in UE per la chimica.
Ecco , mi pare che il suo breve ma intenso intervento, spieghi molte cose che confortano le mie mille perplessità , già manifestate più volte, su una legge che ho, in altra sede , già definito .
Qui dunque non si tratta di essere partigiani, qui si tratta di essere obiettivi. Obiettività che spesso manca.
A lei la lettura dinanzi proposta:
"Gli odori insoliti nascono proprio durante la fermentazione e l'invecchiamento. La " merde de poule" , per esempio : c'è chi la considera tratto distintivo di grandi Pinot Noir molto invecchiati, come quelli che si producono in Borgogna.
C'è chi la vuole difetto del vino , provocato da un batterio cattivissimo, il Brettanomyces, che dà il nome a questa puzza ( il brett) che sta fra il " sudore di cavallo, la garza infetta e vecchia e, appunto lo sterco di pollaio.
Restando in argomento, dire "pipì di gatto" per un sommelier è dire " Sauvignon Blanc", vitigno francese ma ormai internazionale da cui si ottengono numerosissimi vini.
All'origine tuttavia c'è sempre lo stesso composto solforato, il 4-mercapto-4-metilpentan-2-one.
Guarda caso, anche nell'orina fenile c'è un amminoacido solforato che si chiama felinina.
L'odore di petrolio, anzi di idrocarburo, è tipico di alcuni Riesling renani prodotti in Germania. Pare sia dovuto alla degradazione ossidativa dei carotenoidi presenti nell'uva, che sono appunto i precursori aromatici di parecchi idrocarburi, come il benzene e il toluene e del TDN (1,1,6 trimetil 1,2 diidronaftalene)".
giovanni breccolenti
10 novembre 2012 ore 19:06Sig. Occhinegro,intanto l'unico doppio nick certo è il suo,chiariamo la cosa.Seconda cosa io vengo spesso in vacanza in quella terra meravigliosa,soprattutto in Salento.Ho degli amici eccezionali e sono innamorato di alcuni oli della Puglia (quelli fatti con le accortezze ricordate, ovviamente e sono molti,ultimamente anche vincitori di molti premi).
Non ho nessun problema a venire e a confrontarmi,come non li ho avuti quando venivo per lavoro in quella terra.Ad ognuno il suo,lei sarà eccezionale a vendere io cerco di fare del mio meglio nella produzione e nella ricerca,confrontiamoci(se ritiene sia il caso) e lasciamo stare la sterile ironia.
GIANLUCA RICCHI
10 novembre 2012 ore 13:45Caro Caricato,
il problema non è uscire dalle catacombe ma avere la consapevolezza del rischio che si corre quando si è investiti dallo Stato. L'imprenditore oggi ha paura delle guardie non dei ladri. Questo è gravissimo. Lo Stato non è assente ma schierato. Schierato con quella parte che tace di fronte alla richiesta di chiarezza, di fronte alla necessità di dover far luce per poter serenamente tornar ad essere un Paese rispettato e considerato per quello che realmente fa e non per quello che dichiara di fare. Come dice lei Caricato i dati alla produzione sono ingigantiti e le istituzioni tacciono. Perche? A quale scopo? per difendere chi? Sbaglio o ancora oggi esiste l'aiuto alla produzione? Ma allora se ingigantiamo i numeri la CEE ci paga soldi non dovuti? Chi intasca questi soldi? Affermazioni gravi, ma non per questo esagerate, piuttosto logiche direi. Allora concentriamoci nel demolire le Imprese che da oltre un decennio l'aiuto al consumo non lo hanno più e pensiamo alle dimensioni delle etichette agli alchil esteri e al panel Test. L'Italia è in mano ai soliti noti e purtroppo sta già affondando. Triste da dire, irresponsabile non rendersene conto.
massimo occhinegro
10 novembre 2012 ore 12:56Sig. Satolli, la ringrazio per il suo intervento. Io da sempre metto sempre il mio nome e cognome. In certi casi, purtroppo , specie quando la verità fa male, si è' costretti perché altrimenti i tuoi commenti non vengono accettati. Pensi che per aver scritto un pensiero su un post che sbugiardava l'autore con date e fatti concreti, a proposito dell' articolo del tale Berizzi, sono stato , si dice in gergo ormai entrato nel mio lessico, " bannato" . Era una pagina facebook ed è quella di una notissima organizzazione oleicola. Lo stesso Grimelli , in questa rivista ha scritto , cito a memoria, di aver deciso ormai da tempo di non rispondere alle "mie provocazioni", quindi lascio a lei le logiche deduzioni. La ringrazio molto e le auguro un buon week end.
Romano Satolli
10 novembre 2012 ore 12:14Sig. Massimo Occhinegro, forse ha ragione nel dire che nei nomi di chi commenta le notizie ci siano molti alisa o nomi fasulli, classico vizio italiano molto diffuso tra gente vigliacca che, non avendo il coraggio di esporsi con la propria faccia ed il proprio nome, ricorre alla lettera anonima e, su Internet, si nasconde dietro nick falsi. Tenga presente peròche ci sono tanti, come il sottoscritto, che anche nel denunciare fatti gravi, si presenta con il vero nome e cognome. Non preoccupiamoci dei pavidi e dei vigliacchi, sono abituati a rotolarsi nella loro pusillanimità e prima o poi, in un risveglio del proprio orgoglio, se ancora ce l'hanno, si renderanno conto delle loro miserie. Le auguro un buon weeck end.
massimo occhinegro
09 novembre 2012 ore 20:26Dott. Agronomo Breccolenti mi inchino dinanzi a cotanta esperienza. Lei ha ragione, sicuramente. Torni al sud! Abbiamo tanto bisogno di Lei, specie nel Salento. Il clima e' buono, mite e c'è anche il mare! Ci deve insegnare anche a vendere bene il prodotto pero', le saremmo molto grati. Massimo Occhinegro, Joe Black Mill , alias come tanti qui , a quanto pare.
Marco Cartolina
09 novembre 2012 ore 20:09Conoscere i dati veri di quanto lampante, vergine ed extravergine si produce in Italia e' importante per capire la realta' del settore e non per fare polemiche sterili. Comunque non pensate che il consumatore insieme all'origine vorrebbe avere anche qualche informazione sulla qualita' dell'olio extravergine che deve acquistare? La famosa bella donna. Per esempio perché il regolamento comunitario 29/2012 prevede come informazione obbligatoria l'origine e invece "facoltativa" l'informazione circa l'acidità, le caratteristiche organolettiche e loro intensita'(amaro, piccante, etc.). Perche' non proponiamo alla UE di renderle obbligatorie? Ho apprezzato la bella etichetta della bottiglia "ASSIEME" della COOP-CIA-CNO. Anche se non ho capito come si possa fare la tracciabilita' dall'albero.
Marco Cartolina
giovanni breccolenti
09 novembre 2012 ore 18:49Lasciamo stare i dati e i numeri (e anche i titoli personali) che è meglio, sig. occhinegro alias black mill (lo dice lei).L'abbassamento del quantitativo dell'extravergine in caso che l'unione Europea fissi definitivamente il limite di alchilesteri a trenta,sarebbe minimo e sarebbe nullo paragonato all'attualità, con poche accortezze in piu'(e glielo dico d'agronomo, da consulente di frantoi ma anche da conoscitore delle varie realtà olivicole del sud) nelle varie fasi della produzione, soprattutto in quelle critiche:controllo della mosca,raccolte razionali, velocità di molitura e mi fermo qui,queste sono piu' che sufficenti.
GIANLUCA RICCHI
09 novembre 2012 ore 08:39Caro Occhinegro io potrei aiutarla, almeno per quelli che sono i dati in possesso a noi addetti, ma questa volta preferisco tacere. Stiamo vivendo un clima di tensione tale per cui anche esprimere il proprio parere può diventare pericoloso. Le assicuro che la questione nodale volge proprio intorno alla quantità prodotta; Più volte ho fatto riferimento proprio a questo. Abbiamo dati ufficiali esageratamente non veritieri, e non vi è da parte di nessuno l'intenzione di rivedere il catasto oleario al fine di rendere serio questo dato. Mi fermo qua Sig.Occhinegro, se avesse piacere di parlarne assieme tramite TN ci metteremo in contatto.
G.Ricchi
Joe Black Mill
08 novembre 2012 ore 19:36Breccolenti lei fa l'assaggiatore in terra umbra se non ricordo male.
Deve sapere , se non lo sa ancora (e presumo che sia così visto che mi interroga in merito), che una cosa sono i dati produttivi ufficiali di "olio di pressione" ossia extra, vergine, lampante; un'altra sono i dati effettivi, di cui però non vi è certezza ma esperienza di chi opera a contatto ogni giorno con la produzione. Forse il Ricchi ci può aiutare. Ancora adesso i dati ufficiali Ismea su dati Unaprol, CNO ecc., non quadrerebbero ad esempio con quelli del SIAN. Pare che tra i due dati, già lì ballino la "tarantella" circa 90.000 tonnellate, sempre di olio di pressione.
In merito alla qualità, ce ne sarebbero tanti, ancora oggi, "in attesa di classificazione". I dati produttivi italiani, lo sanno anche i non addetti ai lavori ormai, sembrerebbero sballati, pare perché in passato sono stati "gonfiati" per via dei vari aiuti che tanto hanno rovinato ed inquinato il settore oltre ad aver offuscato le menti, tanto da non incentivare gli investimenti necessari.
Nel tempo sono diminuiti, non per abbandono, ma forse perché non c'era più bisogno di aumentarli.
Così si dice.
Detto questo il dato di 100.000, ipotizzato con punto interrogativo, (del resto anche le 350.000) sarebbe quello relativo all'olio extra vergine di qualità ed ho anche esagerato. C'è anche chi parla di 50.000 tonnellate se parliamo di alchil esteri (parolina magica extra terrestre) intorno a 10. Da ciò un suggerimento: dialoghi con gli addetti ai lavori, non solo con i suoi colleghi assaggiatori, e comprenderà. In Spagna è diverso, i dati produttivi può forse iniziarli a vedere già ora, on line.
Da noi mi pare che per il SIAN c'è qualche categoria che ne è esentato, il che impedisce di comprendere la realtà ancora molto approssimativa evidenziata dal SIAN che ultimamente, corre ai ripari molto frequentemente con comunicazioni varie. Della serie forse si stava meglio quando si stava peggio.
Mi auguro di essere stato chiaro e le auguro una buona serata. Dott. Massimo Occhinegro
giovanni breccolenti
08 novembre 2012 ore 17:29Sig Occhinegro,questo dato di 100.000 t col punto interrogativo, a cosa fa riferimento? E' una stima,sono dati ufficiali,insomma da dove viene fuori?
massimo occhinegro
07 novembre 2012 ore 16:35Dico solo questo. Nell'ipotesi in cui in Europa si decidesse successivamente di abbassare il livello degli alchil Esteri , supponiamo a 30, come forzatamente proposto dal decreto, la Spagna che produce 1,6 milioni di tonnellate di olio di pressione, grazie ad impianti super intensivi , aumentando solo leggermente i suoi costi di produzione , garantirebbe quel livello di alchil esteri. E noi con 100.000 (?) tonnellate ( a fronte di una produzione di oli di pressione di 350.000 (?) saremo la nicchia della nicchia e non avremo risolto proprio nulla. I nostri costi di produzione saranno ( a bocce ferme) sempre più alti. Ed i nostri produttori saranno sempre più poveri.
Occorre essere strategici e prendere atto della situazione in cui ci troviamo e ci troveremo. L'Italia deve approvvigionarsi dall'estero come fa con la pasta, con il caffè eccetera . Occorre essere orgogliosi di essere capaci di " tagliare" diversi oli indicando anche in etichetta le origini e le cultivar.
Non c'è niente di cui bisogna vergognarsi.
Un blend? Miscela di oli provenienti dalla Spagna, dalla Grecia e dall'Italia dalle cultivar manzanilla, picual, keroneiki, ogliarola. Qual'e ' il problema?
Non possiamo nascondere l'evidenza.
giovanni breccolenti
07 novembre 2012 ore 14:34L'origine di un olio non è una questione mia sig. Ricchi,è un regolamento(olio Italiano,olio comunitario,extra,dop ecc.).Noi dobbiamo mettere in campo tutti gli strumenti per dare certezze ai consumatori,soprattutto sull'origine,perchè solo cosi' potremmo difendere realmente le nostre produzioni.E' ovvio che se nella bottiglia di olio Italiano viene aggiunto olio di diversa origine a un prezzo molto basso(non lo so,è solo un ipotesi e mi pare,dalle inchieste, non tanto remota)il primo a risentirne è il nostro produttore che ha costi piu' elevati e quindi meno competitivo risentendone tanto piu' quanto il consumatore è ignorante in materia.Pero' noi abbiamo il vantaggio,almeno per ora,di prodotti di un livello piu' alto,un po' per le nostre conoscenze e capacità un po' per l'incredibile biodiversità che è unica al mondo.
Le strade da percorrere sono tre quindi:puntare sul miglioramento continuo del prodotto8dobbiamo essere i migliori,punto),educare il consumatore a riconoscere un buon olio(solo cosi' sarà disposto a spendere qualcosa in piu'),ma soprattutto dargli garanzie di cio' che c'è dentro la bottiglia (analisi del DNA,alchilesteri e quant'altro risulti utile per capire).Poi se arrivano oli migliori dei nostri, magari anche a prezzi piu' bassi ma ben vengano,il paragone che lei ha citato in fondo al suo commento è piu' che calzante,l'olio(aggiungo io,quello buono)è come una bella donna,non importa la provenienza,l'importante è che io sia sicuro che questa provenienza non si mischi.
GIANLUCA RICCHI
07 novembre 2012 ore 09:24La mia chiaramente era una provocazione; A differenza sua Breccolenti quando parlo di extra vergine di oliva la provenienza la ritengo un optional. In tutti i prodotti alimentari vi è sempre la qualità eccelsa e quella chiamiamola da prezzo per tutte le esigenze sia organolettiche che economiche. Il Sig.Cartolina ha fatto un esempio perfetto parlando appunto del vino.
Educare il consumatore significa, non soltanto dargli la libertà di scegliere, ma fargli conoscere l'evoluzione mondiale in tema produttivo di tutti i Paesi dell'emisfero. Questo sarebbe l'atteggiamento corretto di un Paese che non teme la concorrenza perchè sicuro dei propri mezzi; ma non è così. Per riuscire a rimanere ancorati nel mercato dobbiamo giocare sporco. Del totale che l'Italia produce in una campagna olearia quale percentuale possiamo considerarla migliore al mondo? Beh, questa percentuale le garantisco che trova collocamento sul mercato con grande dignità e remunerazione. Il problema reale è che è troppo piccola questa percentuale per smaltire tutto ciò che si produce. Da qui l'attacco agli alleati, l'infamazione ai prodotti CEE i Panel Test a creare confusione, le denunce, addirittura gli arresti, tutto per scoraggiare le importazioni. Educhiamo il consumatore anche a questo, noi siamo persone serie Sig Breccolenti, dobbiamo dire la verità. E si ricordi che l'olio è come una bella donna; non importa la sua provenienza, è bella.
giovanni breccolenti
06 novembre 2012 ore 14:25Sig. Ricchi lei è un esperto del settore, è incredibile che si ponga queste domande.Che cos'è un olio buono, se è mai stato in un frantoio,se ha respirato quegli odori e quei sapori di un olio fatto con tutti i carismi e da olive sane, lo deve sapere benissimo.L'educazione serve a far sapere al consumatore qual'è l'olio piu' ricco di sostanze benefiche,di aromi e quali sono i parametri per riconoscerlo.Poi è ovvio che sarà una sua scelta,dovuta semplicemente al gusto o a questioni economiche,quale tipo di olio consumare.
La scienza è giunta ad una conclusione e la gente deve essere informata:i polifenoli,i tocoferoli fanno bene alla salute e sono preventivi a tutte una serie di patologie che non sto qui a ricordare ma facilmente reperibili su tante pubblicazioni scientifiche .E non è solo una questione di salute,ma anche di piacere,i meravigliosi aromi che un olio, fatto come si deve, esprime,fanno bene all'anima.
La stragrande maggioranza dei consumatori ancora oggi crede che il piccante dell'olio sia legato all'acidità,altri sono convinti che è meglio consumare un olio nuovo dopo un po' di tempo quando,per le ovvie ossidazioni,il piccante si attenua non sapendo assolutamente che sono le sostanze che fanno bene alla salute,che si attenuano.Come si puo' dire che un consumatore con cosi' poca cultura olearia sia in grado di scegliere con consapevolezza?
Lei pone la domanda del perchè educare? Ma perche' stiamo parlando di un prodotto che è la nostra cultura ed è insito in noi da secoli, perchè il nostro paese è tappezzato quasi ovunque di olivi,perchè siamo il secondo paese produttore al mondo,perche' siamo il paese con i costi produttivi piu' alti e che quindi dobbiamo assolutamente puntare al massimo della qualità e fare di tutto per insegnarla, perchè l'olio fa bene e fa tanto piu' bene quanto maggiori sono le sostanze benefiche contenute, perchè siamo il paese con piu' germoplasma olivicolo al mondo,perchè siamo in grado di fare le produzioni migliori al mondo e quindi di questo prodotto dobbiamo saperne il piu' possibile e saperlo in massa(possono bastare le motivazioni?).La maggioranza dei tedeschi,dei belgi degli olandesi(almeno chi beve) sanno benissimo distinguere una birra buona da una mediocre.Noi dobbiamo fare lo stesso con l'olio(diffusione dei risultati scientifici e corsi nelle scuole),poi il consumatore sceglierà quello che vorrà comprare.
GIANLUCA RICCHI
06 novembre 2012 ore 09:57Cosa significa educare il consumatore? forse significa instradarlo verso il buono? Chi è in grado di stabilire cosa è buono e cosa non lo è? Perchè nell'olio di oliva ci deve essere qualcuno che mi deve educare? educare a cosa? Perchè continuiamo a credere che il consumatore sia incapace di scegliere? sarà lui casomai a voler approfondire la conoscenza e, come esiste in altri prodotti alimentari, frequenterà corsi. Nel vino essere degli intenditori fa tendenza, tutti ormai sono diventati assaggiatori ma è stata una loro scelta, forse una moda. Nessuno si è permesso però di attaccare o infamare il vino da € 2 a bottiglia cercando di scoraggiarne l'uso. Libera scelta rispettando a pieno la concorrenza, questo deve essere inequivocabilmente il punto di partenza, dopodichè parliamo pure di educazione per colui che vuole essere educato.Ricordatevi però che stiamo parlando semplicemente di un condimento ne più ne meno.
Marco Cartolina
05 novembre 2012 ore 23:01Educare i consumatori al consumo dell'olio extravergine di alta qualita' mi sembra un impegno troppo grande. Mi accontenterei anche solo di una corretta informazione. Il rilancio dell'olio extravergine di alta qualità passa solo attraverso la domanda di qualità da parte dei consumatori attenti e informati, oltre che disponibili a spendere il giusto prezzo per un olio di qualità. Bisognerebbe creare una cultura del consumo dell'olio extravergine di alta qualità, imitando il mondo del vino. Tutti i commensali ormai ruotano a tavola il bicchiere del vino come i sommelier prima di degustarlo. Purtroppo l'olio extravergine non viene bevuto, ma usato come condimento con altri alimenti e questo complica la valutazione organolettica da parte del consumatore. Coraggio. Insistiamo sulla strada dell'educazione al gusto come fa l'associazione SlowFood. Ricordiamoci che la disponibilità (domanda) di numerosi consumatori a comprare oli di alta qualità puo' dare la giusta remunerazione al buon lavoro dei produttori. Il prezzo idoneo dell'olio extravergine non si può stabilire per legge. Una domanda al dott. Caricato. Perché nel settore del vino nessuno si scandalizza per il fatto che ci sono a disposizione dei consumatori bottiglie di vino a 2 euro e bottiglie a 300 euro? Nel mondo dell'olio extravergine e' impensabile?
massimo occhinegro
05 novembre 2012 ore 19:34A beneficio dei lettori ed in particolare di Romano Satolli, sono riuscito a trovare l'articolo spagnolo scritto dopo il famoso articolo su la Repubblica del celeberrimo giornalista Berizzi.
È ovviamente in spagnolo ma molto chiaro anche per la mia scarsa conoscenza di questa lingua ed è , secondo me, veramente divertente.
http://www.aemo.es/noticias/detalle_noticia.php?id_noticia=551
massimo occhinegro
05 novembre 2012 ore 18:28Ho avuto modo di leggere una volta in una rassegna stampa che riportava un articolo spagnolo : Italianos maestros
de marketing maestros de confucion!
Oggi leggo sul link sotto riportato che mentre noi parliamo di cose che danneggiano il nostro comparto
gli spagnoli , tanto per cambiare, fanno
i fatti proponendo a Bruxelles di fare campagne promozionali educative nelle scuole.
http://www.oliveoiltimes.com/olive-oil-basics/promoting-olive-oil-in-europe-schools/30296
Fatti allora , non chiacchiere.
Romano Satolli
05 novembre 2012 ore 18:09Sig. Ricchi, tra uomini liberi, dalle menti libere e non infarcite di ideologie, ci si intende al volo. Siamo un Paese allo sbando, con un'agricoltura in disfacimento, in mano principalmente ad un'associazione di categoria che a tutto pensa, meno che a tutelare veramente i propri associati. Anzi, più che una categoria di agricoltori, sembra un'associazione di consumatori, ma che ha condizionato gli ultimi ministri che di agricoltura non ne capivano o che, comunque, non hanno avuto il coraggio di agire autonomamente. Se lei, con la sua esperienza "de visu" dice che il futuro del'olio extra vergine di oliva è in altri Paesi, è veramente preoccupante, mentre noi stiamo a cincischiare sui mm. di altezza e la posizione che deve avere la dicitura "prodotto in Italia"sulle etichette e sul "chilometro zero".Condivido il richiamo alle violenze sui controlli. Avendo coordinato il servizio repressione frodi per 23 anni, e svolgendo ora consulenze in legislazione vinicola, tocco con mano, giorno per giorno, le operazioni, i consigli sbagliati, la confusione che creano costoro, anche se appartenenti ad uno stesso ufficio, minacciando sanzioni anche per violazioni inesistenti, l'ignoranza che c'è dietro al potere che personaggi anche muniti di lauree, ma comunque diplomati, nel non essere aggiornati nelle disposizioni di legge. Il tutto, per far fare bella figura al Ministro di turno per poter diffondere dei comunicati stampa anche per operazioni fasulle che comunque danneggiano tutto il comparto(il presunto scandalo sui biscotti fatti in Pugli con crusca e feci di topi, ne è uno degli ultimi esempi), in grado di cancellare un'azienda importante e di inculcare il sospetto su tutte quelle del settore. Ai tempi del Servizio Repressione di una volta, queste cose non succedevano, e rimanevano all'interno della riservatezza tra uffici e Ministero.
GIANLUCA RICCHI
05 novembre 2012 ore 16:27Grazie Sig.Satolli è un piacere sapere che condivide le mie idee soprattutto per il ruolo che riveste. Sono 20 anni che lavoro nel settore oleario e, a differenza di molti, non devo difendere nessuna categoria dell'intera filiera. Come dice Caricato sono un uomo libero e me ne vanto. Mi ritengo un addetto ai lavori di grande esperienza avendo, nei 20 anni appunto, girato tutto il mondo o quasi selezionando ed assaggiando oli di differenti categorie e provenienze e mi creda non riesco a sopportare l'idea che il consumatore possa credere a ciò che una parte della filiera cerca di inculcargli nella testa. Amo la concorrenza da sempre, la ritengo stimolo al miglioramento, disconosco in maniera totale l'infamazione dettata soltanto dalla resa. Non abbiamo più chance nei confronti dei Paesi che producono Extravergine, loro hanno investito davvero in agricoltura. Portogallo, Marocco, Tunisia, Argentina, Australia gli stessi Stati Uniti sono il vero futuro dell'olio extravergine di oliva. Difronte ad uno scenario del genere come si può pensare di sopravvivere guardando e leggendo quello che sta accadendo in casa nostra. Non sappiamo più che pesci prendere, siamo totalmente allo sbando; infamiamo per il gusto di distruggere e godiamo per il male altrui; a nessuno interessa sapere gli esiti delle imprese che hanno subito "violenza" dai controlli; coloro sono già stati giudicati ancor prima che lo facesse un tribunale. Ci sono tre gradi di giudizio per ritenere qualcuno colpevole o innocente ma forse non più. L'importante è sputare sentenze e denigrare una parte della filiera.Così facendo rimarremo soltanto degli emarginati convinti di essere stati battuti dalla scorrettezza altrui; Peccato però che scorretti siamo soltanto noi, tutti gli altri lavorano davvero! grazie ancora.
G.Ricchi
giovanni breccolenti
05 novembre 2012 ore 14:12Sig. Caricato diciamo che ognuno resta sulle sue posizioni sul concetto di qualità che per me è assoluto, la cosa di cui io sono sicuro è che sulla mia e la sua tavola girano oli veramente buoni.
Lei però affronta un tema, quello del fruttato leggero e dei concorsi, molto intrigante e controverso che vorrei approfondire.
Intanto diciamo che un fruttato leggero viene considerato per l'ufficialità, un olio con una mediana inferiore a tre (nella scala che va da 1 a 10).Medio da 3 a 6 compreso,intenso superiore a 6.Ebbene, per quanto io mi sforzi di fare oli monovarietali di tutti i tipi(dall'itrana alla delicata dolce agogia,al piantone di moiano al leccino alla potente ne straproduttiva gentile di anghiari se raccolta presto e molto piu’ delicata se completamente invaiata e tante altre) cercando di non superare mai la totale invaiatura superficiale,con olive sane e temperature sotto i trenta gradi, mi riesce difficile se non impossibile trovare oli con fruttati addirittura sotto a 3. Allora ho provato, sempre rispettando la condizioni di sanità delle olive, immediata molitura e temperature sotto i 30 con olive tutte invaiate anche nella polpa.Il fruttato verde si affievolisce di molto lasciando spazio alla sensazione di maturo ma anche qui dire che siamo sotto i tre di intensità mi riesce molto difficile.Allora, chi dovrebbe rientrare in questa categoria di intensità sotto i tre? Purtroppo solo gli oli ottenuti da olive sovramature o da olive lavorate con temperature piu' elevate o magari gramolate molto e all'aria.
Probabilmente è per questo che nei concorsi noi assaggiatori abbiamo dei problemi soprattutto con questa categoria visto che l’errore di fondo sta nel breve range del fruttato leggero (sotto tre).Lei dice che alle volte sono degli oli che tranquillamente potrebbero essere inseriti nei medi a vincere nella categoria dei leggeri ed è vero, proprio perché è una categoria border-line e secondo me da correggere.Dalla mia esperienza tutti gli oli che sono stati fatti alla perfezione fino a un invaiatura superficiale totale, non rientrano nella categoria leggeri o almeno, sono uguali o superiori a tre e mezzo-quattro.Quindi andrebbe spostato almeno fino a quattro(ma come minimo almeno comprendere il tre) il range di leggero e già si risolverebbero alcuni problemi.Daltronde stiamo parlando di concorsi,quindi di eccellenze, i vincenti a prescindere dalla categoria devono essere perfetti.Mi riesce davvero difficile trovare dei grandi oli (magari buoni si) con un fruttato sotto tre.
Romano Satolli
05 novembre 2012 ore 11:59Complimneti per le sue tesi, sig. Ricchi, le condivido e le sottoscrivo in qualità di responsabile della prima e più antica associazione di consumatori nata in Italia, una delle poche, se non addirittura l'unica a non avere commistioni di sorta con associazioni di categoria, sindacati, movimenti politici, perchè veramente indipendente in questo monddo di compromessi e di inciuci.
GIANLUCA RICCHI
05 novembre 2012 ore 11:04Il paradosso in tutta questa vicenda è che stiamo raccontando al resto del mondo di essere il Paese che produce qualità e che deve combattere i Paesi della Comunità Europea che , invece, producono falso extravergine di oliva. Siamo convinti che questa discriminazione nei confronti dei nostri alleati ci renda autentici, invece siamo considerati patetici e stiamo perdendo volumi soprattutto in esportazione. I nostri competitor sono increduli difronte a tale battaglia, inebetiti da quanto pressapochismo regni la nostra classe dirigente. Gli alchil esteri a 30 sarà, ancora una volta, penalizzante per il Made in Italy. La Cee apre le frontiere a Paesi come Marocco e Turchia, l'Italia Paese membro della CEE, alza le barricate rischiando l'infrazione con il tema alchil esteri. Non sapendo più cosa fare e cosa inventarsi ancora, dichiariamo che più del 50% dell'olio a scaffale non è extravergine. Denunciamo Industrie, infamiamo famiglie del settore, manifestiamo contro tutto e tutti e cerchiamo ad ogni costo di influenzare il consumatore ad acquistare ciò che a parer nostro è l'unico olio extravergine vero; il Made in Italy.Per fortuna non esiste nessun altro alimento o bevanda che stia vivendo questo incubo nel nostro amato Paese però mi sento, da addetto ai lavori, di dare un consiglio al consumatore dicendo; Diffida da chi ti ritiene incapace di scegliere, lotta perchè la scelta regni sempre sovrana. viva la democrazia.
Filippo COSTA
05 novembre 2012 ore 09:00Ho letto due volte l'articolo e a me sembra tanto che il Caricato voglia stare con un piede in due scarpe. Sostiene il Comitato alchilesteri 75 ma si dice equidistante sul tema degli alchil esteri. Vuole educare il consumatore ma poi dice che il consumatore deve fare un po' quello che gli pare.
Sul tema degli alchilesteri mi sembra tanto che i fautori del mantenimento dei limiti attuali siano ormai persone antistoriche. Un po' come accaduto in Liguria, mi sembra di averlo già detto, quando c'era chi sosteneva che il rancidino fosse un carattere di tipicità e non un difetto.
Ormai ho i capelli grigi e so che è più di vent'anni che si parla di educare il consumatore. So anche che altri settori ci sono riusciti in metà del tempo. Ovviamente l'industria non vuole un consumatore educato ma vuole conquistarlo a suon di offerte e promozioni, abituandolo a certi oli. Il consumatore è terreno di conquista per l'industria. Se fosse solo per il consumatore l'avvinato potrebbe divenire anche pregio, tanto sono abituati a consumare questi tipi di oli. Visto che il consumatore è sovrano che si fa, lo togliamo dalla lista dei difetti?
La qualità, da che mondo e mondo, non l'ha mai fatta il consumatore. Nel vino c'è stato qualcuno che ha cominciato a produrre meglio dei vini con lo spunto che si trovavano spesso sulle tavole delle trattorie. Si è cominciato a dire che il vino con lo spunto era di cattiva qualità e così il consumatore è stato abituato a riconoscere questo difetto e a rifiutare i vini con lo spunto.
Perchè non gli si può dire che un oli con 75 di alchil esteri è di cattiva qualità e se ne trova uno con 30 è meglio? A chi giova mantenere le cose come stanno se non all'industria che così può continuare ad abituare il consumatore a oli con il difetto di avvinato?
Antonio Bertini
04 novembre 2012 ore 21:57E quindi Joe black cosa facciamo con gli olivi secolari? Cosa dice di fare il comitato alchil esteri 75? Continuare a produrre lo stesso olio come si fa da sempre, e che non si riesce a vendere? Ma allora perchè chiudono i frantoi, forse perchè non si riesce a vendere al prezzo di 6 euro l'olio che il consumatore trova a 3 euro al supermercato? A causa di politiche dissennate o perchè non c'è più il premio accoppiato? Etil esteri alti=fermentazione=sentore di avvinato, se non si sente il difetto e ho gli alchil etsri alti cosa mai potrà essere successo a quell'olio? Le mie conoscenze di chimica sono scarse è vero, chiediamolo allora ai chimici bravi che hanno scritto su teatro naturale o che fanno parte del comitato alchil esteri 75, di chiarire questo mistero alquanto curioso.
giovanni breccolenti
04 novembre 2012 ore 21:43E' vero, il decreto che abbassa gli alchilesteri a 30 per gli oli Italiani è stato scritto molto male e potrebbe dare adito a varie interpretazioni. Il fine era e penso sia, quello di impedire la dicitura di "olio Italiano" ad oli con valori di alchilesteri superiori a trenta(per i famosi motivi che non sto qui a rispolverare) e non di declassare gli oli extravergini(se un olio ha alchilesteri sopra 30 ma sotto a 75 rimane un extravergine). Limite che, con qualche accortezza agronomica e tecnica-organizzativa è ampiamente realizzabile ovunque, eccetto dove si lasciano cadere le olive a terra e poi si raccolgono aspirandole o dove si aspetta la caduta delle olive sulle reti fino ad Aprile inoltrato.
Ma la cosa che piu’ mi ha colpito di questo articolo è la frase, addirittura scritta i neretto,”La qualità è anche ciò piace al consumatore”.
La qualità PUO’ anche essere ciò che piace ma non è certo questo l’aspetto che fa dire “questo è un olio di qualità”, quello di cui lei parla rientra nella sfera del gusto, a qualcuno può piacere giustamente una cosa piu' scadente o magari a qualcuno piace una cosa di bassa qualità semplicemente perchè non sà o non conosce ciò che è meglio. La qualità dell'olio è una, con le sue tante sfaccettature date dalla diversa espressività delle tante cultivar che abbiamo in Italia ma con un unico comune denominatore derivante dal rispetto di tutte le fasi produttive: olive sane,organizzazione di tutte le fasi di estrazione, sapienza molitoria e buona conservazione. Questo bellissimo rapporto si esprime poi in alchilesteri vicino allo zero, polifenoli sopra i 250 mg/kg e profumi puliti (a prescindere dai piu' o meno intensi e dalla loro diversità).Il giustamente amaro e il bel piccante non è una questione di oltranzismo,sig. Caricato ma,insieme agli aromi e al giusto rapporto di acidi grassi, sono i veri indici della qualità.E non è che lo dico io che sono il sig. nessuno, ma lo insegnano grandi studiosi e appassionati di questo meraviglioso prodotto, quali lo stesso Conte che lei cita, Servili, Montedoro, Pannelli, Viola e tanti altri. Per non parlare delle centinaia di pubblicazioni su cio' che è la qualità (segnalo a tal proposito un manuale dell’olio eccezionale uscito da un anno, "Oleum" dell'edagricole,assolutamente da non perdere).
Joe Black Mill
04 novembre 2012 ore 17:51Gli ulivi monumentali che hanno sfamato generazioni di persone urlano, come in quella bellissima foto rappresentata (neanche a farlo apposta) dal monopolitano Jose'Carlos Bellantuono che abbiamo avuto modo di apprezzare in occasione della prima edizione di "Olioofficina Food Festival a Milano lo scorso gennaio.
Nel suo libro fotografico "l'Urlo dell'ulivo" mostra tutta l'umanità degli alberi plurisecolari. L'umanità che hanno le piante appunto.
Se Edgar Lee Masters fosse vivo, integrerebbe la sua splendida opera "Antologia di Spoon River" con un nuovo necrologio, quello dell'olivo secolare. Propongo al Bertini di riuscire a produrre un'eccellenza con le olive prodotte da alberi secolari e soprattutto di riuscire a venderla con un lauto guadagno. Suggerisco anche, come detto da Caricato, di approfondire di più le sue conoscenze in materia di chimica e verificare la dinamica di un componente nuovo per il quale in molti non sanno neanche fare le analisi.
Propongo inoltre che il pagamento della sanzione legata alla prevedibile procedura d'infrazione, comminata da Bruxelles venga pagata non "due volte" da noi cittadini europei ed italiani.
Per evitare questo propongo che la paghino in ordine: i politici della Commissione agricoltura, la Coldiretti, l'Unaprol, il CNO e tutti coloro che hanno posto in essere in tutta fretta una legge italiana , stupida, caotica, inapplicabile, anti europea, senza aspettare gli esiti sperimentali.
Antonio Bertini
03 novembre 2012 ore 23:50Perchè continuate a negare su questa testata che un contenuto alto in alchil esteri quale è 75 mg è sinonimo di olive fermentate e quindi di olio a cui è stato eliminato il difetto di avvinato. Cardone queste cose le sa...
massimo occhinegro
03 novembre 2012 ore 14:26Non ho parole. La mia sincera e piena solidarietà al Dott. Mario Monopoli.
Romano Satolli
03 novembre 2012 ore 13:29Caro Luigi, leggendo il tuo articolo sono rimasto esterrefatto. Soprattutto per gli interventi di due politici, che sono i primi a dover stare zitti. Realacci,per il fatto di essere arrivato in parlamento grazie alla sua appartenenza a Legambiente, che gli ha dato una visibilità tale da sfruttarla poi per presentarsi alle elezioni e raccogliere voti per essere eletto. Lannutti, poi, che ha sfruttato la sua qualifica di presidente dell'Adusbef, per essere poi eletto senatore in un collegio del veneto, con l'IdV di Di Pietro, un partito che, ha dichiarato Di Pietro, è morto dopo le magagne scoperte nel servizio di Report di sabato scorso. Chi ha visto la trasmissione si sarà reso conto l'imbarazzo dell'ex PM che stava provando in minima parte (non ricevendo la minaccia delle manette come faceva lui) cosa si prova quando vieni interrogato e ti senti colpevole: bofonchiava peggio di Prodi! Dicevo di Lannutti. Un presidente di un'associazione di consumatori, che diventa un politico, quando non ci deve essere nessun rapporto diretto ed indiretto tra le associazioni dei consumatori con partiti e movimenti politici e, anche, con i sindacati. In Italia invece abbiamo anche queste anomalie, senza che nessuno si scandalizzi per questi inciuci. A tal proposito ti farò avere un mio articolo su come dovrebbe essere il mondo delle associazioni dei consumatori, soprattutto per non essere sp.........te come è avvenuto nell'articolo di Raphaèl Zanotti su La Stampa (pag. 17 del 1.10.2012). Per non citare poi l'indegna gazzarra in un dibattito televisivo tra Barbato dell'IdV e Trefiletti della Federconsumatori (CGIL).
Connessioni politiche delle più spudorate si sono viste recentemente con la nascita del Comitato pro Bersani, per favorire il segretario nelle primarie, ed al quale hanno aderito quasi tutte le associazioni di consumatori para sindacali e politiche.
Ritorando alle interrogazioni parlamentari dei due "onorevoli", di cui si dovrebbero vergognare, perchè il funzionario dell'ICQRF era intervenuto non come funzionario, ma come olivicoltore, (al quale va tutta la mia solidarietà di ex funzionario del S.R.F.) mi chiedo perchè quei due "onorevoli" non hanno fatto analoghe interrogazioni e richiesta di cacciata come funzionari dello Stato, dei magistrati che intervengono alle convention politiche dimostrando di non essere indipendenti. Ma in questo caos del nostro Paese stiamo assistendo alle cose più schifose che nessuno si sarebbe mai immaginato.
GIANLUCA RICCHI
12 novembre 2012 ore 10:49Caro Caricato mi creda che io la realtà l'ho inquadrata da tempo, ecco perchè sono sempre più pessimista.
Grazie Prof.Conte abbiamo aggiunto un altro tassello importante nel mosaico dell'irresponsabilità.